Federico Capurso Ilario Lombardo per “la Stampa”
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È un'attività frenetica, quella di Davide Casaleggio in queste settimane, se paragonata agli anni di silenziosi movimenti all'ombra del Movimento. Il figlio del fondatore affida a un'altra intervista, questa volta a Fanpage, la sua opinione sul prossimo capo politico del M5S, che dovrà essere «deciso dagli iscritti». Una sfida a Beppe Grillo, a Luigi Di Maio e a Giuseppe Conte. Un modo per ribadire sia la necessità di un leader che la centralità della sua creatura, Rousseau, mentre tutto si muove contro di lui per isolarlo, togliergli la proprietà della piattaforma, renderlo ininfluente.
ALESSANDRO DI BATTISTA E LUIGI DI MAIO
Con Grillo i rapporti sono ormai gelidi. È stata presa come una dichiarazione di guerra l'attacco feroce sferrato dal comico ad Alessandro Di Battista, il cavallo scelto da Casaleggio nella corsa al potere interno. Una sferzata alla quale il padre fondatore ha fatto seguire il diktat di nominare un direttorio che traghetti il partito ai prossimi Stati generali, senza passare da una consultazione sul web.
Asse sul quale si è trovato anche Luigi Di Maio, che per riprendere in mano le redini del gruppo parlamentare ha lasciato trapelare la volontà di appoggiare la stragrande maggioranza di parlamentari che chiede di depennare il nome di Casaleggio dallo statuto M5S. Risolvendo, così, anche un pezzo del capitolo "restituzioni" che sta continuando a terremotare il partito.
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Mentre una deputata passa al Misto, e una senatrice aderisce alla Lega, ce ne sono tanti altri che ora rischiano l'espulsione perché rimasti indietro con le restituzioni. E spesso - spiegano dal M5S - l'alibi usato per il mancato versamento è proprio quello di «una protesta contro i 300 euro mensili a Rousseau».
Che la situazione nel M5S resti un magma caotico lo dimostra anche l'esito della riunione di una settimana fa, alla presenza di tutti coloro che negli anni si sono autodefiniti il vertice del Movimento. Ospitati al ministero della Giustizia, Vito Crimi, Di Maio, Di Battista, Stefano Patuanelli, Alfonso Bonafede, Stefano Buffagni, Paola Taverna, Vincenzo Spadafora, hanno affrontato la questione del congresso e delle aspirazioni dell'ex deputato che scalcia per avere una votazione il prima possibile.
DI BATTISTA DI MAIO
A Di Battista, che secondo la ricostruzione dei presenti ha avuto un duro confronto con Taverna, è stata esposta la fatica di governare, la scelta quotidiana di negoziare sui principi, e gli è stato poi offerto un compromesso, che in parte accontenta in parte scontenta anche Di Maio. È passata la formula del comitato dei garanti, sostenuta dall'ex capo politico per traghettare agli Stati generali del M5S. Ma non tra un anno o di più, come chiedeva Di Maio, bensì a ottobre.
PAOLA TAVERNA PRIMA DOPO
Quella è la data fissata dal reggente Crimi. In questa squadra, che dovrà ideare e delineare le regole dell'assemblea, non dovrebbe entrare nessun big - questa la grande novità - ma ognuno potrà nominare una persona di fiducia, rappresentativa di quelle che loro stessi, per evitare il termine «correnti», definiscono «anime». L'obiettivo, strategico, è di imbrigliare la competizione, attraverso una mozione che sia condivisa dai veterani, così da scongiurare spaccature tra i vip, dove ovviamente tra gli iscritti uscirebbe favorito Di Battista. In questo modo i 5 Stelle pensano di andare incontro alle richieste di Grillo, salvando l'apparenza di una finta sfida democratica. Chiunque si presentasse contro, è la tesi, farebbe la fine della senatrice Elena Fattori quando si candidò contro Di Maio nel 2017, neanche fosse una sparring partner, in un duello dal finale senza sorprese.