Estratto dell'articolo di Giuseppe Colombo per “la Repubblica”
Pnrr Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
È il Pnrr della «debolezza». Fiaccato dall’inflazione. E dai ritardi per il rilascio dei pareri e delle autorizzazioni. In tilt, scrive sempre la destra al governo nella sua prima relazione semestrale, anche perché molti investimenti sono risultati «poco attrattivi». E poi i sistemi di monitoraggio delle opere che sono «inadeguati», le procedure europee sugli aiuti di Stato che «a volte risultano un fattore di rallentamento».
Cause esterne, ma anche colpe interne, che negli spifferi di Palazzo Chigi continuano a essere ancora addebitate all’esecutivo di Mario Draghi. Ragioni che portano Giorgia Meloni a invocare la revisione del Piano di ripresa e resilienza. Ma che impongono alla stessa premier un’assunzione di responsabilità precisa: decidere cosa scartare dal Piano, e in fretta.
RAFFAELE FITTO MATTEO SALVINI
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Il punto di partenza è rappresentato dalle 120 misure che, nelle valutazioni del governo, contengono uno o più elementi di debolezza. Sono i progetti che rischiano di uscire dal Pnrr, per traslocare su altri fondi, europei e nazionali, che hanno tempi più lunghi rispetto alla scadenza fissata, al 30 giugno del 2026, per l’impiego dei 191,5 miliardi del Piano. Non è una rinuncia alle risorse, ma è un gioco al ribasso sulla scommessa di cambiare ritmo alla capacità di spesa.
I ministeri che arrancano di più sono due: Ambiente e Infrastrutture. Seguono, a distanza, il dicastero della Cultura e quello dell’Istruzione. È dentro questi quattro ministeri che si trovano i progetti con il livello di rischio più elevato. A iniziare da quelli per la riduzione del rischio idrogeologico: ci sono 1,2 miliardi che non si riescono a spendere.
RAFFAELE FITTO E PAOLO GENTILONI
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Altre nove misure presentano tre criticità: dagli studios di Cinecittà all’Alta velocità ferroviaria con l’Europa del Nord, ancora lo sviluppo del biometano e il Piano Italia 5G. Qui il governo ha tirato una linea rossa, con l’idea che sarà quasi impossibile recuperare i ritardi. La posta in gioco è elevata: in ballo ci sono circa 17 miliardi. In ordine decrescente di rischio ci sono altre 43 misure che presentano due fattori di debolezza; a seguire altri 66 investimenti, con un elemento di criticità. Il totale fa 120.
Gilberto Pichetto Fratin
Alcune decisioni andranno prese subito, per la quarta rata da 16 miliardi che è legata ai 27 obiettivi in scadenza il 30 giugno. Sul tavolo di Bruxelles ci sono 8-9 obiettivi che sono stati cerchiati in rosso dal ministro per il Pnrr Raffaele Fitto: tra questi, due sono pesanti. Sull’aggiudicazione degli appalti per gli asili nido, il governo chiederà tre mesi in più, fino al 30 settembre, con la garanzia a Bruxelles che non si andrà oltre: i Comuni in ritardo resteranno fuori, la misura definanziata. […]
raffaele fitto giancarlo giorgetti paolo gentiloni raffaele fitto giorgia meloni