stefano binda
I giudici della Corte d’assise di Varese hanno condannato all’ergastolo Stefano Binda, unico imputato per l’omicidio di Lidia Macchi, la studentessa trovata uccisa con 29 coltellate nel gennaio del 1987 in un bosco a Cittiglio, nel Varesotto. Il sostituto pg Gemma Gualdi per Binda aveva chiesto l’ergastolo per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e da motivi abbietti e futili.
Le indagini sulla morte della giovane erano state riaperte dal sostituto procuratore generale di Milano Carmen Manfredda nel giugno del 2015 e culminate con l’arresto di Stefano Binda il 15 gennaio 2016, partendo dalla testimonianza di Patrizia Bianchi, amica dell’imputato, la quale si presentò agli investigatori affermando di aver riconosciuto la calligrafia di Binda nella lettera “in morte di un’amica” recapitata a casa Macchi il 10 gennaio dell’87, mostrata in una trasmissione televisiva.
lidia macchi
La perizia calligrafica effettuata dalla consulente dell’accusa sostenne che a scriverla fu proprio Binda. Importante, per l’accusa, anche la testimonianza di Lelio Defina, sospettato per qualche tempo di poter essere il killer di Lidia, i cui racconti avrebbero però confermato la frequentazione durante il periodo universitario tra Binda e la vittima, entrambi vicini a Comunione e Liberazione ed ex compagni di scuola.
Il movente del delitto, sempre secondo l’accusa, sarebbe da ricercare nella psicologia “borderline” di Binda il quale, dopo aver presumibilmente consumato un rapporto sessuale con Lidia Macchi, si sarebbe fatto prendere dallo sconforto perché “pentito”, oppure perche una donna si era “avvicinata troppo” a lui.
lidia macchi
La lettera che aveva portato gli investigatori a Binda venne scritta in stampatello su un foglio bianco, di quelli da inserire nei quaderni a ganci, su due colonne dove venivano riportati molti particolari del delitto e il movente “religioso”: anche se questo verrà decifrato solo 29 anni dopo. La missiva venne recapitata alla famiglia Macchi il 10 gennaio, giorno delle esequie, quando ancora molti dettagli del delitto non erano emersi. Dunque solo il killer – ragionano gli inquirenti – poteva averla scritta.
MAMMA DI LIDIA MACCHI
La “poesia” si intitolava “In morte di un’amica“. Otto strofe. Versi macabri dove Lidia veniva descritta come “agnello sacrificale“, “agnello senza macchia” e “agnello purificato”. Vittima di “orrenda cesura” e “strazio di carni”. In una “notte di gelo, che le stelle son così belle, il corpo offeso, velo di tempio strappato, giace”. “Nel nome del Padre sia la tua volontà”, la preghiera con cui si chiude la lettera: una lucida descrizione del massacro.
LIDIA MACCHI STEFANO BINDA - LA CANZONE PER LIDIA MACCHI