Adalberto Signore per il Giornale
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Giuseppe Conte apre i lavori, Giuseppe Conte chiude i lavori e, soprattutto, Giuseppe Conte è l' unico a veicolare informazioni, notizie (vere e presunte tali) per tutta la durata di questi insoliti Stati generali dell' Economia.
Inventati come un format televisivo per rimettere il premier al centro della scena, conditi da un palcoscenico di prim' ordine come Villa Pamphilj e destinati a durare dieci giorni dieci. Così, per dare un metro di valutazione, un G7 si conclude in due, massimo tre giornate di lavoro. Ma, evidentemente, i leader dei Paesi più industrializzati del mondo devono essere alquanto approssimativi nei loro confronti.
Così, ieri si è aperto questo gigantesco Conte-show, con la presenza di ospiti illustri - ma solo collegati in videoconferenza, qualcuno per giunta pure per pochi minuti - e i ministri del governo giallorosso a fare da spalla al premier.
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Alcuni con l' entusiasmo di chi non riesce a fare a meno dei riflettori, altri con il dubbio che questi Stati generali possano essere un gigantesco autogol. Una kermesse ad uso e consumo della propaganda di un premier che inizia ad arrancare. E che in prima battuta cerca di ritagliarsi l' abito giusto per restare nel salotto buono: il Casino del Bel Respiro di Villa Pamphilj, infatti, è la location perfetta per chi ha l' ambizione di non fermarsi alla poltrona più alta di Palazzo Chigi ma guarda da tempo ben oltre. Ma Conte vuole anche «conquistare» i media.
E per farlo serve che i lavori siano a porte chiuse, che i giornalisti non possano stazionare nei dintorni, magari volessero rubare un commento a chi arriva o a chi va via. E che tutto quello che accade dentro gli Stati generali sia veicolato all' esterno da Palazzo Chigi, trasformato per l' occasione in una sorta di personale Agenzia Stefani del premier.
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È il governo italiano, infatti, a fornire ai media qualunque notizia su quanto accade - o si presuma accada - in questi strampalati Stati generali.
Compresi gli interventi degli ospiti internazionali. Poi, a sera, la conferenza stampa con Conte, con lo sfondo dei giardini di Villa Pamphilj, per essere come sempre - come nei tempi bui del Covid-19 - in prima linea.
A ripensare al M5s che teorizzava di aprire il Parlamento come una scatola di tonno, si fatica a trattenere una fragorosa risata davanti a un premier e un governo che si sono arroccati nella Casina del Bel Respiro che tanto aveva affascinato molti suoi illustri predecessori.
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Ma la politica, si sa, è fatta di cambi di passo e pure di giganteschi ripensamenti. Come quello che sta per portare a compimento il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, sempre pronto a smentire con un misto di violenza e saccenza le ricostruzioni che lo raccontano pronto a cambiare passo sul Mes. «Come dite a Roma, a fare pippa», confida usando una colorita chiosa un ministro dem.
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E già, perché è il Mes uno dei punti di caduta di questa kermesse che per dieci giorni occuperà giornali e tg come fosse un secondo sbarco sulla Luna. Conte la userà per rafforzarsi in chiave esterna (verso i partner europei), ma soprattutto sul fronte interno. Agli euroscettici del M5s, infatti, potrà opporre che la partecipazione dei vertici Ue agli Stati generali - seppure con qualche sfuggente videochiamata di prassi - è la conferma che il suo governo e che il Paese non sono certo commissariati dall' Europa.
Sarà questo il primo passo per poi arrivare a luglio. E, finalmente, portare a casa i miliardi del Mes (in compagnia di Spagna e Portogallo). Con buona pace del M5s e con tanti saluti a Di Maio.
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