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    LA LUNGA AGONIA DELLA PICCOLA DIANA – DIANA PIFFERI È MORTA DI STENTI, DI FAME E DI SETE, SOLA, NEL SUO LETTINO DA CAMPEGGIO, CHIUSA AL CALDO IN CASA PER 6 GIORNI, DOVE L'AVEVA ABBANDONATA LA MADRE ALESSIA – È QUESTA L'UNICA CERTEZZA CHE FINORA HANNO GLI INQUIRENTI. I PRIMI ESAMI SVOLTI NELL'AMBITO DELL'AUTOPSIA SUL CORPO DELLA BAMBINA DI 18 MESI NON HANNO CHIARITO IL QUANDO E IL COME DEL DECESSO – NELLE ANALISI DEL SANGUE E SUI TESSUTI DELLA BIMBA SI CERCANO EVENTUALI TRACCE DI DELORAZEPAM CON CUI LA MAMMA POTREBBE AVERLA SEDATA…


     
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    Andrea Siravo per “La Stampa”

     

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    La piccola Diana è morta sola, nel suo lettino da campeggio, chiusa al caldo in casa per quasi una settimana. È questa l'unica certezza che finora hanno gli inquirenti. Neanche i primi esami svolti nell'ambito dell'autopsia eseguita ieri all'istituto di Medicina Legale di Milano hanno chiarito il quando e il come del decesso.

     

    È morta probabilmente di stenti, di fame e sete. Tramontata l'ipotesi di una morte violenta. Uno scenario, in realtà, mai preso in considerazione da chi indaga, ma fatto accertare con esami radiologici per non lasciare nulla al caso. Al momento, però, «non è emersa alcuna causa evidente sulla morte», si sono limitati a dire i consulenti medici nominati dalla procura.

     

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    Una valutazione sospesa in attesa di ricevere gli esiti delle analisi del sangue e sui tessuti della bimba alla ricerca di altri elementi. Tra questi, eventuali tracce di delorazepam. Il principio attivo della famiglia delle benzodiazepine alla base dello psicofarmaco En, di cui è stato trovato nella cucina del bilocale di via Parea un flaconcino per tre quarti vuoto.

     

    Una prima relazione preliminare del collegio, presieduto dal professore Andrea Gentilomo, è attesa entro metà agosto sulla scrivania del pm Francesco De Tommasi. Decisivi poi per chiarire i punti d'ombra sulla morte della bimba, che avrebbe compiuto un anno e mezzo il prossimo giovedì, anche gli accertamenti della Polizia scientifica che partiranno nei prossimi giorni sul velo di latte contenuto nel biberon trovato fuori dalla culla di Diana.

     

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    L'unica fonte di sostentamento che la madre Alessia Pifferi aveva lasciato. Il sospetto degli investigatori della Squadra mobile, guidati dal dirigente Marco Calì, è che con questo inganno abbia fatto assumere l'ansiolitico alla figlia. Per stordirla ed evitare che piangesse quando l'ha abbandonata alle 18. 55 di giovedì 14 luglio per andare a trovare il compagno a Leffe, in provincia di Bergamo.

     

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    Una ricostruzione negata con forza da Alessia. «Non ho mai assunto tranquillanti e tantomeno li ho dati a mia figlia», ha sostenuto. «Le avevo dato delle goccine di Tachipirina sia mercoledì che giovedì» perché «particolarmente capricciosa», forse per il caldo o per i dentini. Nella casa di Ponte Lambro, però, non sono state trovate boccette di paracetamolo.

     

    La trentaseienne che negli interrogatori con gli inquirenti e il gip è apparsa lucida, distaccata e non ha mai versato una lacrima, nel carcere cittadino di San Vittore è apparsa «frastornata».

     

    Così l'ha descritta chi l'ha potuta incontrare nel luogo in cui è rinchiusa in regime di sorveglianza rafforzata. Una doppia "protezione": da sé stessa per possibili gesti autolesionistici e dalle ritorsioni di altre detenute per la legge non scritta del carcere che non prevede pietà per chi è accusato di aver fatto male ai bambini. Rabbia e sgomento non solo dietro le sbarre, ma anche tra la gente comune.

     

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    «Non dormo la notte, mi auguro un ergastolo senza sconti», ha scritto la mamma di un bimbo di 13 mesi in una delle email inviate in procura. Per evitarle l'ergastolo, pena che Alessia rischia di vedersi infliggere a processo, si sono mossi i suoi nuovi difensori che ieri hanno sostituito l'avvocato d'ufficio.

     

    I penalisti Luca D'Auria e Solange Marchignoli puntano a giocarsi la carta dell'infermità mentale. Con una consulenza tecnica «neuro-scientifica e psichiatrica» che sarà svolta dai professori Giuseppe Sartori, ordinario di Neuropsicologia forense e Neuroscienze cognitive all'Università di Padova, e a Pietro Pietrini, ordinario di Biochimica Clinica all'Università di Pisa.

     

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    Professionisti che si sono già occupati di casi mediatici, dalla strage di Erba alla più recente consulenza sull'imprenditore del web Alberto Genovese. In settimana dovrebbero essere celebrati i funerali della piccola. Il Comune di Milano si è offerto di pagarne le spese. All'ultimo saluto cercherà di essere presente anche il sindaco Beppe Sala.

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