1. I PRETI TEDESCHI CHIEDONO L'ABOLIZIONE DEL CELIBATO
Lucy Pasha-Robinson per “The Independent”
colonia
Un gruppo di preti in Germania sostiene che la Chiesa Cattolica dovrebbe abolire il celibato. In una lettera aperta, gli undici ecclesiastici, tutti di alto rango, sostengono che ogni uomo dovrebbe avere il diritto di scegliere se fare voto di castità o no.
Si tratta di preti in pensione, ordinati a Colonia nel 1967, e hanno scritto la lettera in occasione dei 50 anni di servizio presso la Chiesa Cattolica. «Crediamo che non sia accettabile la richiesta ad ogni prete di restare casto» ha dichiarato uno di loro, Franz Decker. «Ogni cattolico dovrebbe poter scegliere, indipendentemente se vuole farsi prete o meno, proprio come la Chiesta Protestante o Ortodossa, come ogni Chiesa, in realtà, tranne quella Cattolica».
preti
Secondo il gruppo, il voto in questione fa soffrire di isolamento molti preti moderni e gli uomini hanno poco da guadagnare da una solitudine imposta. Il gruppo prosegue: «Abbiamo sperimentato questa solitudine, in quanto anziani non sposati perché ci fu richiesto. Una solitudine che percepiamo vivamente in certi momenti, dopo 50 anni di lavoro. Abbiamo accettato perché così era previsto, ma non lo abbiamo scelto».
La lettera dà anche qualche consiglio su come la Chiesa Cattolica potrebbe modernizzarsi, ad esempio includendo le donne-prete. Il celibato, introdotto nel quarto secolo, richiede a chi vuole farsi prete di essere non sposato e di praticare l’astinenza sessuale. E’ un dono di Dio per votarsi alla religione totalmente e più liberamente.
wunibald mueller
Per il teologo Wunibald Müller, il voto rappresenta un problema per troppi preti, che per compensare la solitudine, esagerano con il cibo, con l’alcol, e molto peggio: «Se anche vivono soli, la sessualità è sempre lì con loro. Se qualcuno reprime il desiderio di calore e intimità, ha più probabilità di oltrepassare la linea, di abusare della propria posizione di persona fidata per ottenere l’intimità che gli manca».
2. L’ULTIMA ACCUSA DELLA VITTIMA: «DON ANDREA HA UN FIGLIO»
Nicola Munaro e Alessandro Macciò per il ''Corriere del Veneto''
Un figlio. Quello che don Andrea aveva già, quello che don Andrea voleva ancora dalla sua amante prediletta. È l’ennesima rivelazione, il colpo di scena che non t’aspetti, quello che arriva leggendo le pagine della denuncia con cui, il 6 dicembre scorso, una parrocchiana di 49 anni, madre e divorziata, ha vuotato il sacco davanti ai carabinieri della stazione di Padova principale.
DON ANDREA CONTIN
Il suo racconto, fatto di sesso al limite, botte e pressioni psicologiche, si è trasformato nell’inchiesta che il 21 dicembre ha portato i carabinieri e il pm Roberto Piccione nella canonica di San Lazzaro, parrocchia periferica di Padova, dove don Andrea Contin – indagato per violenza privata e favoreggiamento della prostituzione – era parroco da dieci anni.
Da quando era arrivato a sostituire don Paolo Spoladore, sacerdote spretato dal Vaticano per un figlio che il tribunale gli aveva fatto riconoscere a forza. Adesso però l’eco di quelle vicende sembra essere tornato sotto il campanile di San Lazzaro. Nella denuncia portata ai carabinieri, la 49enne (che non era l’unica donna del sacerdote, ma è stata la sola a denunciarne le orge con altri maschi e altri preti: uno ha anche confessato), ha spiegato che don Andrea si vantava di avere già un figlio di circa 4 anni.
Un bambino che vivrebbe lontano dalla parrocchia e sul quale non ci sono atti d’indagine da parte dei carabinieri e della procura. Ma è il passo successivo ad attirare ancora di più l’attenzione. La (presunta) vittima avrebbe fatto scrivere in denuncia che più di una volta don Andrea le aveva proposto di diventare madre di un suo secondo, figlio. Offerta che la donna non ha mai accettato, ma che ha voluto rendere nota a chi indaga sulla base delle otto pagine diventate perno dell’inchiesta.
don andrea contin
E sono sempre quei fogli, ora nelle mani dei carabinieri del maresciallo Alberto di Cunzolo, a raccontare di altre gesta erotiche del sacerdote, adesso ospite in una casa protetta a Trento, da dove ha chiesto di essere lasciato solo e dimenticato. Sono soprattutto i viaggi e i fine settimana che don Andrea si regalava, spesso in compagnia della stessa parrocchiana, a finire sotto la lente d’ingrandimento della procura. Weekend in Croazia, a Novi Grad e Lovran, distante da tutti e dai suoi dover ministeriali.
E poi le camere prenotate, sempre in incognito, in un agriturismo non distante dal casello dell’autostrada di Grisignano (Vicenza), meta nota per gli scambi di coppia e per il sesso di gruppo. Lì don Andrea e la quarantanovenne erano clienti quasi fissi. Giochi erotici e scambi che spesso finivano nel perverso. Il picco, si legge nella denuncia, sarebbe stata la richiesta di don Andrea che, alla sua amante, aveva proposto un viaggio in una stalla di Pavia dove lei, sotto i suoi occhi, avrebbe avuto un rapporto sessuale con un cavallo.
LA PARROCCHIA DI SAN LAZZARO DI PADOVA DI DON ANDREA CONTIN
Intanto lo scandalo si estende dal capoluogo ai Colli Euganei, cioè alla zona da cui proviene l’altro prete che venerdì scorso ha ammesso di avere partecipato alle orge di don Andrea (senza per questo finire sotto inchiesta, dato che non avrebbe commesso alcun reato). Dalle parrocchie dell’area di Rovolon, paese collinare di cinquemila anime noto per aver ospitato gli arresti domiciliari dell’ex governatore Giancarlo Galan, da qualche giorno è sparito uno dei sacerdoti che anche ieri risultava irrintracciabile.
Don Claudio Zuin, parroco della vicina Bastia di Rovolon, invece è rimasto al suo posto: «Questa vicenda provoca un senso di smarrimento e di rammarico - dice -. Se sapessi chi è il sacerdote in questione, gli chiederei com’è avvenuto, perché l’ha fatto e cosa l’ha spinto a cadere in questo intrigo. Ciò che so lo leggo dai giornali, sto facendo fatica a orientarmi».
DON ANDREA CONTIN
Oltre all’imbarazzo e allo spaesamento, tra i preti dei Colli Euganei prevale il nervosismo e l’insofferenza per una situazione che si sta facendo insostenibile e che rischia di tramutarsi in una caccia alle streghe: «Questo è un dramma che coinvolge e spiazza tutti, non capisco perché abbiate cercato proprio me», risponde per esempio don Andrea Segato, parroco di Bresseo. Don Roberto Garavello, parroco di Lozzo Atestino, butta giù la cornetta senza tanti complimenti.
Don Franco Marin (parrocchia di Torreglia) si chiama fuori: «Io ho sessant’anni, quindi non c’entro. Nella zona dei Colli i parroci sono pochi, ma non so proprio chi possa essere quello che ha confessato in procura. Sentori di incontri a luci rosse? Non ne ho mai avuti, anche perché mi dicono tutti che sono un po’ ingenuo. Questa storia è una ferita che si allarga giorno dopo giorno: è meglio dire le cose come stanno al più presto e scusarsi, ricordandosi che il popolo di Dio è più propenso a perdonare i peccatori che a compatire i furbi».
DON ANDREA CONTIN
«È bene che queste vicende vengano a galla ed è giusto fare chiarezza, anche per preservare l’integrità morale degli altri sacerdoti – osserva don Sandro Panizzolo, parroco di San Giuseppe a Monselice -. Se non si sa chi è il prete che partecipava a questi incontri, si rischia di creare un clima di diffidenza tra i fedeli di tutte le parrocchie. La fragilità ci può essere, ma tenere i piedi in due staffe e vivere nell’ambiguità è moralmente sbagliato: finché si resta bisogna rimanere limpidi, altrimenti si esce. Se il sacerdote in questione mi chiedesse un consiglio, glielo darei volentieri. Ma dubito molto che si faccia vivo».