Stefano Righi per il “Corriere della Sera”
UNICREDIT
La retorica, cara ad alcuni governanti di Berlino, che vede le banche italiane - spaghetti e mandolino - rappresentare il tallone ferito dell' Europa del credito, dovrebbe per una volta confrontarsi con i dati che già emergono in trasparenza dagli stress test. Almeno alla vigilia di una settimana cruciale, che si concluderà alle 22 di venerdì proprio con la pubblicazione dei risultati dei test a cui sono state sottoposte le prime 53 banche del Vecchio Continente, tra cui cinque italiane.
Come hanno ricordato ieri il ministro Padoan e il governatore della Banca d'Italia Visco, partendo da Chengdu, dove si è conclusa la riunione del G20, «non esiste un rischio sistemico per le banche italiane», ma solo casi isolati che si stanno affrontando.
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Il più evidente è quello del Monte dei Paschi di Siena, l'unico istituto tra i cinque italiani coinvolti dagli stress test dell'Eba a palesare un deficit strutturale in condizioni di particolare turbolenza dei mercati. Non è questa la sede per evidenziare gli aspetti dubbi dei test, contro cui si sono già schierati in molti, tra cui il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli e i tanti che hanno evidenziato come non si siano minimamente considerati, ad esempio, gli effetti della Brexit.
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È invece opportuno evidenziare come Unicredit, Ubi e Banco Popolare si avviino ad essere poste nettamente al di sopra dei livelli minimi immaginati necessari per superare anche gli scenari più avversi dipinti dall'Eba. Se nell' edizione dei test del 2014 venne fissato un livello minimo di solidità patrimoniale (Cet1 al 5,5%) necessario per superare indenni anche le più gravi turbolenze del mercato, oggi si è preferito non indicare alcun valore, visti gli effetti prodotti sui mercati.
Banco Popolare di Verona
Ma Unicredit, Ubi e Banco sono ben al di sopra dei requisiti minimi e addirittura Intesa Sanpaolo ha quasi raddoppiato i valori minimi richiesti due anni fa, ponendosi - come notava ieri anche Il Sole24Ore - tra i primissimi gruppi europei. Un risultato eccellente per la banca guidata da Carlo Messina, ma un risultato positivo per quattro delle cinque prime banche italiane.
Sulla quinta, in molti stanno ragionando: da Banca d'Italia al fondo Atlante, che oggi vedrà la sua richiesta di capitale affrontata dall'Adepp, l'Associazione degli enti previdenziali privati, che si riunisce per dare il via libera preventivo a un intervento che punta a patrimonializzare con ulteriori 500 milioni il fondo di Quaestio sgr. E poi c è Ubi, su cui - come ha anticipato ieri il Corriere - molti sono in pressing.
DEUTSCHE BANK
In un contesto di notevoli tensioni i risultati delle big italiane del credito andrebbero dunque confrontati con quelli delle banche tedesche. Il colosso Deutsche Bank ha chiuso il 2015 con una perdita di 6,7 miliardi di euro e oltre cinque miliardi di accantonamenti per contenziosi. C'è poi un' ampia esposizione in derivati e titoli illiquidi che ha portato il Fondo monetario internazionale a individuare in Deutsche la banca che più di tutte contribuisce ai rischi sistemici. Per non dire poi dell'opaca condizione di molte casse regionali e provinciali - talune a capitale pubblico - la cui condizione dovrebbe quantomeno consigliare prudenza.