Andrea Carugati per la Stampa
peones transatlantico1
La sentenza della Consulta sull' Italicum piomba come un fulmine sul Transatlantico di Montecitorio, insolitamente popolato anche alle otto di sera. Capannelli di deputati di tutti i partiti si scambiano opinioni sull' unico tema destinato a dominare le prossime settimane: quando si vota? L' interpretazione, o meglio la preoccupazione, è univoca: presto.
E per questo i renitenti al voto di primavera, chi per nobilissime ragioni, altri per più prosaiche motivazioni legate ai vitalizi che scattano a settembre, si attaccano alla frase magica pronunciata a fine dicembre da Sergio Mattarella: «Servono due leggi elettorali omogenee per Camera e Senato». «E questi sono due proporzionali molto diversi, vanno armonizzati», avverte Rocco Palese, già dominus berlusconiano in Puglia ora passato con Raffaele Fitto.
francesco paolo sisto avvocato difensore di lucrezia borgia
«Renzi stia attento, la Consulta ha portato la logica del ballottaggio al primo turno, e non escludo che a destra scatti il voto per i Cinque stelle». Pensieri che fanno capolino anche dentro il Pd, tra peones non ostili a Renzi, ma convinti che «così rischiamo di regalare il Paese a Grillo che può fare il 40%». Sono ore di tensione, in una Camera che fino a ieri vedeva a portata il traguardo delle urne nel 2018. E ora teme la data di scadenza come lo yogurt.
Francesco Paolo Sisto, giurista di Forza Italia, elenca con perizia tutte le differenze tra le due leggi: «Alla Camera abbiamo i capilista bloccati, al Senato no, le soglie di sbarramento sono diverse, c' è tanto lavoro da fare. Solo Renzi e Salvini voterebbero anche con la legge del gioco dell' oca». Gli fa eco Andrea Mazziotti Di Celso, eletto con Monti, presidente della delicatissima commissione Affari costituzionali: «Il meccanismo che esce dalla Consulta è funzionante ma non certo omogeneo. Al Senato non c' è il premio di maggioranza, e sono previste le coalizioni».
lello di gioia
Lello Di Gioia, socialista del Pd, alla Camera dal 2001, è il più sorridente: «Lo scenario è molto variopinto, niente affatto scontato . Mattarella ha detto cose precise, non si possono ignorare. Vedrete che ci vorrà tempo». Al Colle si rivolge anche Palese: «Nella sua saggezza il Capo dello Stato ci manderà alle urne solo quando avremo un sistema chiaro». Il diktat del Pd («O si fa il Mattarellum o si vota con la legge della Consulta»), così come la carica di Lega e M5S verso le urne, non fanno presa in questo schieramento bipartisan che vuole allungare la vita alla legislatura.
marco carra
«Io Gentiloni non lo sfiducio, e lui ha detto che va avanti finché ha i numeri», si sfoga Marco Carra, deputato mantovano del Pd. Anche Alessio Tacconi, ex grillino passato ai dem, non sembra avere alcuna fretta di votare: «Io preoccupato? Ma no, il nostro compito però è di tentare almeno di fare una buona legge». E così, al posto di omogeneizzare, un verbo che evoca più i Plasmon che le leggi elettorali, molti scelgono «armonizzare». Il significato è lo stesso: evitare la corsa alle urne. O almeno provare a vendere cara la pelle. Un vecchio navigatore delle camere come Beppe Fioroni del Pd sorride amaro: «Diciamo che questa sentenza non allontana il voto con facilità».