Ilaria Ravarino per “il Messaggero”
Re Artù ha le treccine. Igraine ha la pelle d'ebano. E a impugnare Excalibur, la mitica spada nella roccia, non è un uomo della tavola rotonda ma una donna, Nimue, che la leggenda tramanda dal Medioevo in poi - col nome di Dama del Lago. Tratta da un romanzo a fumetti di Tom Wheeler e Frank Miller, artista di culto già dietro ai successi a disegni (e poi su grande schermo) Daredevil, Sin City e Batman: Il Cavaliere Oscuro, Cursed è l'ultima incursione di Netflix nel genere fantasy, dopo i cacciatori di The Witcher, le pietre magiche di Dark Crystal e l'esperimento italiano de La luna nera. La storia raccontata nei dieci episodi della serie (online dal 17 luglio) è un classico della letteratura fantastica, la saga arturiana, portata sul piccolo schermo così come Wheeler e Miller l'hanno immaginata: violenza, pettorali al vento e liberissime interpretazioni del testo.
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LE ORIGINI
Una storia che riavvolge indietro il mito di re Artù, concentrandosi sulle origini della donna che gli consegnerà la spada «chiavi in mano», e sul lato oscuro del suo fedele mago Merlino, qui giovane, con gli addominali scolpiti di Gustaf Skarsgård e un'inclinazione pericolosa alla bottiglia. «Ho sempre avuto voglia di andare contro le tradizioni, di sperimentare direzioni diverse di storie già note», ha commentato Miller, cui si deve, con 300, la versione più testosteronica mai portata sullo schermo dell'antica Grecia.
Qui, però, gli stravolgimenti sono ancora più ambiziosi, con un cast assemblato almeno in apparenza - con il manuale Cencelli delle lotte contemporanee: un colpo al cerchio del #MeToo, con una protagonista femminile Katherine Langford di 13 a guidare una storia da sempre raccontata al maschile, e uno alla botte del #BlackLivesMatter, con almeno due personaggi chiave, fra cui lo stesso Artù, interpretati da attori di colore.
«Mai avrei immaginato di fare un provino per Re Artù. È un ruolo per cui nessun attore di colore è mai stato chiamato ha detto Devon Terrell, già Barack Obama nel biopic Barry, confessando di aver «pianto come un bambino» dopo aver ricevuto la conferma della parte. «So che ci sarà gente cui non piacerà l'idea, che rifiuterà con forza il solo fatto che Artù possa non essere bianco. Rispetto tutti: non ho fatto l'attore per piacere alla gente. Vorrei però che si riflettesse sul fatto che stiamo parlando di una figura mitologica, di un'icona fantastica: Artù potrebbe essere bianco, nero, un leone o un orso». Della stessa opinione Shalom Brune-Franklin, che nella serie interpreta Igraine, ruolo accettato proprio perché «completamente diversa da quella delle attrici precedenti».
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Non è però Artù, o almeno non solo, il cuore pulsante della serie, che segue la giovane Nimue nel suo percorso di crescita, ribellione e liberazione: «Il fantasy ci permette di toccare temi che hanno a che fare col presente: le rivendicazioni delle minoranze, la distruzione dell'ambiente, il fanatismo religioso. È importante che il cinema e la tv mostrino personaggi femminili capaci di fare tutto, che non rimangono indietro ma combattono per i loro diritti ha detto Langford - Oggi più che mai, bisogna sintonizzarsi con il pubblico».
GLI ADOLESCENTI
Ma anche farlo divertire, come sottolinea Skarsgård, praticamente l'unico del cast a non suggerire una rivendicazione di qualche genere nel sottotesto del proprio ruolo: «Dopo cinque anni di Vikings avevo voglia di fare tutto tranne che un'altra serie in costume. Ma quando ho letto il copione mi sono innamorato. Un Merlino così non si è mai visto: cinico, alcolista, manipolatore. Divertentissimo. Credo di essere nato per interpretarlo».
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Eccessiva e pop come ogni creatura di Miller, ma tarata con algoritmica precisione sul pubblico preferito di Netflix (gli adolescenti), Cursed è forse il prodotto che più di ogni altro, oggi, restituisce lo specchio dei tempi: «Il bene e il male non esistono solo in Guerre Stellari ricorda Miller - I demoni e i goblin delle storie fantastiche rappresentano idee concrete, che accompagnano l'uomo fin dalla notte dei tempi. Non commettete l'errore di sottovalutare il fantasy. È il genere che ci racconta meglio».