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DOPO IL TETRO KOOLHAAS, FINALMENTE UNO FIGO: IL CILENO ALEJANDRO ARAVENA - ALLA DIREZIONE DELLA BIENNALE ARCHITETTURA 2016 UN PROFESSIONISTA CHE NON VUOLE CAMBIARE IL MONDO MA MIGLIORARE LA QUALITÀ DELL’AMBIENTE EDIFICATO

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Alessandra Mammi per l’Espresso

http://mammi.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/07/19/aravena-la-mia-biennale-uomini-non-solo-case/

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Leggiamo e volentieri pubblichiamo le parole di Alejandro Aravena appena nominato direttore della prossima Biennale Architettura:

«Ci sono numerose battaglie che devono ancora essere vinte e molte frontiere che devono necessariamente espandersi per migliorare la qualità dell’ambiente edificato e, di conseguenza, per migliorare la qualità della vita delle persone. Questo è quello che vorremmo la gente venisse a vedere alla 15. Mostra Internazionale di Architettura: storie di successo che meritano di essere raccontate, casi esemplari che vale la pena condividere e in cui l’architettura ha fatto, sta facendo e dove farà la differenza in queste battaglie e per queste frontiere…»

alejandro aravena elemental . innovation center uc anacleto angelini . santiago de chile 3 alejandro aravena elemental . innovation center uc anacleto angelini . santiago de chile 3

 

Beh ne avevamo bisogno. Ne è consapevole anche il presidente di tanta istituzione Paolo Baratta che alle parole dell’architetto aggiunge: «Dopo la grande Biennale di ricerca sviluppata da Rem Koolhaas, e interamente dedicata alla ricerca del curatore, si ritiene di dover dar vita a una Biennale che convochi gli architetti e dedicata all’indagine sulla frontiera delle realizzazioni che dimostrano la vitalità dell’architettura..»

 

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In effetti abbiamo davvero voglia  di vedere altri architetti dopo averne visto uno solo nell’ego-riferita Biennale di Koolhaas.

E abbiamo bisogno di ritrovare nell’architettura le stesse potenti domande che in questo momento Okwi Enwezor (direttore della Biennale arte) ci sta ponendo nella sua mostra  tra i Giardini e l’Arsenale. Domande sulla vita e sui bisogni degli uomini, identiche in ogni angolo del pianeta ma declinate e intensificate nelle opere degli artisti, nella loro misteriosa capacità di renderle immediatamente assolute, cristalline, più vere.

 

Agli architetti ora le risposte.  Al neo direttore  il compito di scegliere le migliori.

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Il giovane (nato in Cile nel 1967) Aravena non è un archistar. Né tanto meno una celebrity come Rem Koolhaas. E per quanto sia già carico di premi e dell’onore di far parte della giuria del Pritzker (praticamente il Nobel dell’architettura), per quanto abbia già costruito in mezzo mondo edifici pubblici e privati, necessita di un approfondimento bio-biliografico.

 

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Gettati sul web troviamo un nutrito ritratto del “Guardian” che già dal titolo disegna i primi essenziali tratti  di “Aravena architect, equaliser, el visionario”

Su “architect” non si discute. Su “equaliser” neanche: esplicita è la sua vocazione a puntare su una maggiore equilibrio.  Ma “ el visionario” perché?

 

Nel corso dell’intervista oltre agli apprezzamenti sul suo aspetto fisico (incarnazione di Wolverine, profondo sguardo grigio, latina energia nei gesti etc… cosa che non guasta per la comunicazione della nostra Biennale dopo l’algida e scostante freddezza del precedente) in Aravena emerge non solo una lucida consapevolezza della responsabilità del suo mestiere  ma anche una notevole capacità manageriale.

 

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Quindi da una parte uno dei suoi primi obiettivi è lavorare contro la gentrification che getta le classi più povere ai margini delle città e congela geograficamente le differenze sociali. Dall’altra il nostro sa benissimo che non si fanno “nozze coi fichi secchi”. Se bisogna operare per fare del buon social housing ci vogliono soldi. I progetti pro bono sono destinati al fallimento. La buona architettura costa.

 

Quindi a partire dalla configurazione del suo studio “Elemental” è necessario lavorare su tre fronti: il social housing; le grandi opere di  costruzione civile e le commissioni private. Di più: lo studio di Aravena è composto da tre diversi soci: gli architetti, una Università cattolica;  la più grande compagnia petrolifera cilena.

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Qui di visionario c’è ben poco. Piuttosto da quel che si legge  s’intravede il polso fermo di un professionista che non vuole cambiare il mondo ma migliorare l’architettura.

 

E  così annuncia il suo lavoro per il 2016 «La 15. Mostra Internazionale di Architettura si concentrerà e imparerà dalle architetture che attraverso l’intelligenza, l’intuizione o entrambe allo stesso tempo, sono capaci di scostarsi dallo status quo. Vorremmo presentare degli esempi che, nonostante le difficoltà, invece di rassegnazione e amarezza, propongano di agire. Vorremmo dimostrare che in un dibattito costante centrato sulle qualità di un ambiente edificabile, risiede non solo la necessità ma anche l’occasione per l’azione» .

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Ci ha convinto, si parte: Venezia 28 maggio – 27 novembre 2016. Prepariamo il viaggio.