Giancarlo Dotto per Dagospia
SINNER VOLANDRI MUSETTI COPPA DAVIS
Detto che per certi regolamenti di conti, Dagospia resta il massimo sulla terra, veniamo al sodo, ovvero al sangue. La stagione della caccia è sempre aperta. L’ultimo pretesto per il nazismo della bestia social è il Magnifico Carotone. Un ragazzo da dieci e lode, di tennis e di maniere. Stravedo da anni per Jannik Sinner e non avevo bisogno di una Coppa Davis. Lo intercetto quattro o cinque anni fa in un torneo minore e mi conquista (ho i testimoni all’occorrenza).
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Un giraffone capelluto e sgraziato, dalle lunghe gambe e dalle tante lentiggini. Mi piaceva che fosse dato come “italiano” e mi piaceva ancora di più che si chiamasse Sinner, come il santo supereroe della Marvel. Più adescatore che peccatore. Più Altro che Atesino. La sua avvenenza? L’essere stato disegnato da un genio. L’equivalente maschile di Jessica Rabbit. Un magnifico fumetto, quando se ne sta immerso nella vasca di palline per lo spot di non ricordo quale ditta.
pietrangeli sinner
Arriviamo ai giorni nostri. Il ragazzo diventa un eroe nazionale e lì finisce la favola e comincia la mattanza. La faccenda diventa pasto per la bestia sempre in agguato. L’odore dell’altrui sangue confonde quello della propria merda. Amici zelanti m’informano che il cannibalismo on line (improprio chiamare “odio” la miseria di chi va a caccia di un tozzo di pane per il proprio traballante ego) si scatena volentieri di questi giorni con il sottoscritto (la disgrazia di portarsi dietro un nome e un cognome ci costringe tristemente a farcene carico). Per essere a proprio agio nella macelleria al servizio del proprio ego, i truculenti sono costretti a semplificare (gli viene facile) o equivocare (gli viene ancora più facile).
jannik sinner da piccolo
Esprimo sulla Gazzetta in Rosa due concetti che ribadisco. E i fatti di Malaga, devo ammettere con tutto il disgusto del caso (il disgusto insieme alle nostre idiosincrasie sono la cosa che più ci rappresenta), mi danno purtroppo ragione (“avere ragione” altro sudicio alimento per l’equivoco battezzato all’anagrafe).
Avevo scritto in un passabile italiano che Sinner aveva sbagliato nel sottrarsi allora alla convocazione della Davis perché anche nello sport dell’epica dell’uno contro uno (l’ultimo rimasto dopo il tramonto della boxe) anche il singolo più efferato, un apostolo di Nietzsche o di Stirner, troverà più eccitante battersi con una nazione che spasima per te. Scrissi anche che la potente seduzione del ragazzo stava nel suo essere così dissimile da noi, dai nostri canoni.
La vittoria della Davis (che lo tsunami puntuale della massa gregaria ha trasformato nell’evento del secolo), torno a dire, mi dà infelicemente ragione e di questo mi scuso. La felicità infantile di Sinner nello specchiarsi in quella di un Paese intero, era percepibile anche a un idiota cecato. Per quanto ben tenuta, nel caso di Jannik, da quel pudore a noi latini così ignoto.
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Secondo e definitivo. Chi se ne fotte se il ragazzo è italiano o no. Chi se ne fotte se pensa in tedesco e non suona così fluente in italiano. La nazione è ai suoi piedi anche e soprattutto per quanto non ci somiglia. Per questo lo amiamo, sopra e sotto le righe. L’esserci adottati reciprocamente, senza che fosse scritto a monte, fa di lui un italiano più vero e di noi dei patrioti meno insulsi. Non c’è niente di più lirico di un politico belga che tifa Roma e di un poeta recanatese che ama Napoli. Riamato.
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