Francesca De Benedetti per editorialedomani.it - Estratti
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«Questa è l’unica domanda che mi mette davvero in imbarazzo», aveva ammesso a novembre il meloniano Nicola Procaccini, capogruppo dei conservatori europei, interrogato da Domani sull’ipotesi di Mario Draghi presidente del Consiglio europeo.
Il nome dell’ex premier è tornato in un retroscena di Repubblica che vedrebbe il presidente francese spingere per Draghi alla Commissione Ue. «Non è quello il piano», dice a Domani una fonte della delegazione francese all’Europarlamento.
Riferisce anche che il rumor non pare arrivare dall’Eliseo. Pure dall’entourage draghiano arrivano solo smentite su un’ambizione dell’ex premier alla Commissione Ue. Uno scenario con Draghi al Consiglio trova riscontri favorevoli tra più interlocutori, ma è ritenuto «volatile».
Le fibrillazioni in corso non ci dicono come andrà a finire – visto che il dado sarà tratto solo dopo le elezioni di giugno – ma cosa si sta muovendo in vista del 2024.
L’attività negoziale già ferve, e tocca tre figure per tre caselle chiave che si libereranno: oltre al nome di Draghi, lanciato sul palco dell’Ue in autunno dai popolari, c’è Ursula von der Leyen, il cui futuro politico prosegue, e c’è l’ex premier olandese Mark Rutte.
mario draghi emmanuel macron
I posti che diverranno vacanti sono la presidenza di Commissione e Consiglio europeo, e la guida della Nato. Ci sarà ovviamente anche il vertice dell’Europarlamento da rinnovare – e Roberta Metsola come von der Leyen è ancora in campo – e ci sarebbero i socialisti, che hanno appena ottenuto la presidenza della Banca europea degli investimenti e che in teoria dovrebbero rivendicare un ruolo.
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La presidente di Commissione europea segue e asseconda Meloni in ogni sua iniziativa, dando adito così a una futura maggioranza ibridata coi meloniani. A settembre 2023, nel suo discorso sullo stato dell’Unione von der Leyen ha parlato da candidata in pectore, esordendo con un riferimento alle europee, e ridimensionando l’agenda verde.
Emmanuel Macron Mario Draghi
DRAGHI E RUTTE
Poco più di un mese dopo – era fine ottobre – Mark Rutte, preparandosi a liberare il posto di premier olandese, ha ammesso pubblicamente di gradire un futuro alla Nato: «Quel ruolo sarebbe molto interessante».
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Frugale coi conti dei meridionali d’Europa, ma anche abile nella gestione dei rapporti con gli altri leader, Rutte entra per certo nel totonomi del 2024. Ci sarebbe poi un altro nome, lanciato alla ribalta dell’Ue proprio da von der Leyen e Weber nel giorno del discorso dell’anno di lei: il 13 settembre la presidente ha annunciato un incarico per Mario Draghi sul versante della competitività, e a ruota il leader Ppe ha tessuto le lodi dell’ex premier salva-euro.
(...) Un Draghi al Consiglio? Il punto è che è troppo forte e altri leader preferirebbero un presidente più debole, dice sempre la fonte weberiana fuori microfono.
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Dal lato liberale francese, il piano per il Consiglio è «altamente volatile» finché non si può discutere prima della Commissione. A Bruxelles c’è prudenza, a Roma c’è già chi si esalta: Carlo Calenda ad esempio, o i renziani, che astutamente esprimono apprezzamento per un Draghi europeo «in qualunque ruolo», come ha fatto Nicola Danti.
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