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    DROGA, POCO SESSO ED ELTON JOHN – IL CANTANTE SI RACCONTA ALL'APOLLO THEATRE DI HAMMERSMITH DI LONDRA: “NEL PERIODO DI 'STUDIO 54' ERO COSÌ PIENO DI COCAINA CHE NON AVREI POTUTO FARE NIENTE COL MIO PISELLO. UNA VOLTA MI GETTAI ADDOSSO A ROD STEWART E FINIMMO SUL PAVIMENTO E LUI MI IMPLORÒ, MI DISSE CHE NON ERA PREPARATO PER QUELLO” – “DOPO LA MORTE DI FREDDIE MERCURY MI ARRIVO' PER NATALE UN REGALO CHE…”


     
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    Valeria Rusconi per "www.repubblica.it"

     

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    "Ladies and gentlemen, date il benvenuto a Mister David Walliams!", esplode la voce fuoricampo nel momento esatto in cui le luci cominciano a diventare ovattate. "Abbassate-le-vostre-aspettative", esordisce con tono flemmatico Walliams, appena sbucato da dietro la quinta, spegnendo così il fragoroso applauso che ha riempito la sala. "È un sogno dividere il palco con una leggenda vivente", continua, mentre il pubblico ammutolisce, "qualcuno che ha influenzato la vostra vita.

     

    autobiografia di elton john autobiografia di elton john

    Un'icona. E questa sera, Sir Elton John, quel tuo sogno, è diventato realtà". Humour inglese: un'esplosione di grida e risate. Parte così – ma arriveranno anche le lacrime – An Evening with Elton John, la serata di presentazione della prima autobiografia di Elton John, Me, uscita in Italia lo scorso ottobre per Mondadori.

     

    Un libro pieno di storie che non vi aspettate, quelle che hanno costellato una vita arrivata a 72 anni, di cui oltre 55 dedicati alla musica, narrato in prima persona e subito diventato un bestseller, e non era così scontato.

     

    Elton John Gianni Versace Elton John Gianni Versace

    Forse perché gli aneddoti tragici si mescolano a quelli irresistibilmente comici, dalla dolorosa vicenda famigliare – un padre collerico e anaffettivo, pilota della Royal Air Force, che "scattava per un nonnulla, incapace di dire 'vieni qui, sediamoci a parlarne, ti voglio bene'" e una madre che "aveva una nube nera che la seguiva ovunque" che, quando Elton aveva solo 2 anni, gli insegnò a usare il vasino picchiandolo con lo spazzolone per lavare i pavimenti – alle arance tirate a Bob Dylan perché inetto al gioco enigmistico sciarada ("uno dei più grandi parolieri al mondo non riusciva a dirti se una parola aveva una o due sillabe o con cosa faceva rima!").

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    Sghignazzate, vicende rocambolesche di abuso di svariate sostanze, alcol. bulimia, attimi di grandi malinconie e persino maldestri tentativi di farla finita. Tutto quello che un libro deve avere per farsi leggere, tenuto insieme da una buona dose di sincerità, un po' di cattiveria, e nessuna concessione a uno stile formale (se il linguaggio scurrile vi impressiona, forse non fa per voi).

     

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    Prima di David Walliams, il presentatore di stasera, metà di Little Britain, ovvero una delle più formidabili coppie di comici dell'ultimo ventennio, c'era già stato il suo partner di battute corrosive e di situazioni atroci a portare sul palco Elton John. 

     

    Matt Lucas, omosessuale dichiarato, tra i numerosi personaggi s'è infatti inventato Dafydd, 'l'unico gay nel villaggio' che, nel marzo 2005, viene 'inviato' a Londra per realizzare l'intervista del secolo per il giornale locale: lui, l'ostentazione della gaytudine, letteralmente insaccato in un completo di latex sgargiante, incapace, impreparato e sprovveduto riguardo il senso comune e le regole basilari della professione, in una manciata di minuti pone a Elton tutte le domande che molti giornalisti non avevano mai avuto il coraggio di fare.

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    Dirette, nessuna enfasi, piene di doppi sensi sessuali: "Ti piace di più ricevere o dare, a Natale?". La telecamera a un certo punto inquadra Dafydd che, con la lingua, preme con forza di lato rigonfiando la guancia. Persino Elton, che di sesso e di interviste ne ha sperimentate in egual misura, a un certo punto sembra tentennare, cercando di uscire da quella situazione così imbarazzante ridendo senza sosta, con la voce che però diventa sempre più minuta, fino a sprofondare non si sa dove.

     

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    Questa volta invece David Walliams è vestito da David Walliams – completo scuro con cravatta e camicia bianca – e recita la parte del brillante showman scelto per presentare Me.

     

    All'interno dell'Apollo Theatre di Hammersmith, magnifico esempio di art deco, illuminato per l'occasione con luci arcobaleno che richiamano la bandiera del movimento di liberazione omosessuale nonché le lenti degli occhiali di Elton sulla copertina del libro – lui invece è ritratto in bianco e nero – suonano a volume altissimo le sue canzoni, da Philadelphia Freedom, commissionata al paroliere di sempre, Bernie Taupin, in onore dell'amica tennista Billie Jean King a Daniel, da Rocket Man – e come potrebbe mancare, dopo il successo stratosferico e anche un po' inaspettato del musical-biopic Rocketman – a Goodbye Yellow Brick Road e ancora Tiny Dancer, Island Girl e Honky Cat fino a Someone Saved My Life Tonight, cronaca di uno dei tentati suicidi di Elton (ficcò la testa nel forno, accese il gas, ma prima aprì la finestra e si assicurò di stare comodo, con un cuscino ficcato nell'elettrodomestico).

     

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    All'ingresso del teatro vengono distribuite copie della biografia, inclusa nel prezzo dell'evento aperto a tutti con un pubblico molto eterogeneo per età, ceto sociale e orientamento sessuale: una coppia di ragazzi, tra le prime file, si accarezza mentre sullo schermo, sopra le due poltroncine al centro del palcoscenico, scorrono le foto di una carriera lunga più di mezzo secolo.

     

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    Parte Bennie and the Jets, seguita da un medley di altri brani di un repertorio di qualcosa come 700 canzoni, scorrono i video dal vivo: "Ladies and gentlemen, date il benvenuto a una delle più grandi star musicali... Sir Elton John!". Ciondolante, entra in scena con la nota goffaggine. Indossa un completo a quadretti rosa pastello, camicia bianca, lenti rosa, mocassini verde metallizzato e calzini chiari. I bracciali, l'orologio e l'orecchino con la croce scintillano sotto i fari: non chiedetevi se si tratta di diamanti veri, il fatto di uscire accecati dalla sala vi darà la risposta che cercate. "Il libro è fantastico, è pieno di rivelazioni sorprendenti", comincia Walliams, "non avevo idea che tu fossi gay". Risate. "Come ti è uscito il titolo?". Boato di risate.

     

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    "È stato Tony King (uno dei suoi primi discografici e grande amico, ndr)", dice Elton, "è molto difficile trovare un buon titolo. Sai, ci sono titoli orribili e io volevo qualcosa di corto e dolce, che rendesse l'idea". "Eri nervoso quando è uscito, visto che contiene molte storie...?". "Be', sì. Il film è uscito all'inizio dell'anno, prima del libro, ed è un fantasy, le vicende non sono narrate nel giusto ordine cronologico e non tutto quello che si vede è necessariamente vero.

     

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    Ma questo libro invece lo è. A questo punto della mia vita dovevo essere me stesso, volevo essere il più onesto possibile, e l'ho fatto per i miei figli (Zachary, otto anni, ed Elijah, sei, ndr). Ora non hanno il permesso di leggerlo, forse quando avranno 15 o 16 anni glielo darò... David (Furnish, il marito, ndr) mi ha detto: 'Lo devi scrivere, lo devi scrivere per i nostri figli, devono sapere come sei, sapere quello che sei stato'". La conversazione si sposta sulle influenze musicali, quelle del bimbo Elton che, nella Gran Bretagna ferita dalla seconda guerra mondiale, viene conquistato dalla pianista Winifred Atwell, anche lei uscita dalla Royal Academy of Music.

     

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    Parte un video: "Lei era la mia eroina", dice Elton, "ma tutto cambiò quando mia madre, un giorno del 1957, tornò a casa con Heartbreak Hotel di Elvis Presley. Non sarei mai potuto essere una star della musica classica perché le mie mani sono troppo piccole: quel disco mi ha fatto capire quello che volevo essere, una star del rock&roll".

     

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    Non si parlerà né di Shelia Farebrother, la mamma, né del padre, Stanley Dwight, tranne per ricordare uno dei suoi molti moniti, "se ti masturbi, diventerai cieco!". "Se un padre ti dice una cosa del genere e tu, che hai appena messo gli occhiali, ti accorgi che la tua vista peggiora notevolmente… ecco, 'smetterò di masturbarmi per un po'', mi sono detto". Si tornerà però molto indietro nel tempo, cioè quando la musica è nata. Sentendolo parlare, per Elton è quella la cosa più importante.

     

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    Lo ripeterà più volte: "La musica è sempre stata al centro di tutto". Come quando suonava nel pub vicino a casa (fuggendo dalla finestra sul retro quando scoppiavano le risse, ndr) fino al primo gruppo, i Bluesology di Long John Baldry ("se siete stufi della vostra routine quotidiana, vi consiglio caldamente di andare in tour insieme a un eccentrico cantante blues gay alto due metri con il vizio della bottiglia").

     

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    A dire il vero, fu proprio quella routine a disilluderlo a tal punto da spingerlo a cercare di scrivere canzoni proprie, rispondendo a un annuncio che cercava nuovi talenti tramite il quale il suo paroliere, amico, spalla di sempre, Bernie Taupin: "Ero sovrappeso, ero timido, non avrei potuto far male a una mosca.

     

    Avevo scritto due canzoni oscene, Mr. Frantic – la gente in sala sogghigna, pensando al titolo avventuroso – e Come Back Baby e volevo provare a ritrovare l'amore per la musica, a ripristinare qualcosa che si era spezzato. Scrivevo canzoni per vivere anche se non riuscivo a vivere.

     

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    Quando Bernie arrivò dalla campagna a Londra capii subito che era la persona giusta per me. Probabilmente mi ero preso una cotta per lui", commenta Elton quando Walliams gli ricorda del 'tentato' bacio  che si vede nel biopic Rocketman, "perché era sempre bellissimo stare insieme, facevamo tutto in comune, è stata ed è una delle relazioni più strabilianti della mia vita: Bernie è come un fratello. E quando arrivò con quel testo, quello di Your Song, esclamai, 'oh!'.

     

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    Sapevo che avevamo scritto una grande canzone, che avevamo fatto un grande passo avanti. Ci impiegai, credo, non più di un quarto d'ora a comporla. Più ascolto quei testi, oggi, e più mi ci crogiolo, diventano per me sempre più belli, mi ci tuffo dentro. Sono così fortunato ad averlo trovato". "Facciamo un applauso a Bernie!", esclama Walliams, e il pubblico lo segue.

     

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    Cannes, red carpet in musica con 'Rocketman'

    Poi sullo schermo spuntano delle foto in costume degli anni Settanta. "Ora vediamo un po' i tuoi vestiti", dice Walliams. Ne appare una celebre, dove Elton indossa una tuta aderente, creata da Bill Whitten, dalla quale partono dei fili con, alle estremità, delle palline multicolore, tipo albero di Natale. Tutto, allora, doveva essere 'over the top', sempre più esagerato.

     

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    Spiega Elton: "Il motto era: 'Tu crea un abito di scena, vuoi mettere cinquanta palline? Perché non cento?'. Racconta nei dettagli come 'funzionava' il vestito ma, naturalmente, con quella parola di mezzo – palle – sottolineata da Walliams e ripetuta costantemente da Elton, la battuta è servita su un piatto d'argento: "Perché le hai scelte?", chiede Walliams. "Perché mi piacciono le palle!", risposta, "e mi piacerebbe che le mie fossero altrettanto elastiche, oggi!". Poi si fa serio: "Senti, non ero Mick Jagger, non ero Rod Stewart e non ero Marc Bolan, la mia voleva essere una dichiarazione d'intenti, volevo dare un altro tono allo show, mi piaceva scioccare e divertire le persone".

     

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    Poi elenca le forme degli occhiali che ha indossato: quelli a mela, quelli con l'enorme scritta ELTON che si illuminavano (e che, troppo pesanti, gli schiacciavano talmente il naso da impedirgli quasi di cantare), quelli dai mille colori.... "Non ho mai avuto il riconoscimento del 'man of the year per gli occhiali'", sbotta a un certo punto, "fanculo, dai, datemelo!". Ridono tutti.

     

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    Arriva il primo tour negli Stati Uniti, è l'agosto del 1970, al Troubadour di Los Angeles. I giornali parlano di Elton come 'il nuovo messia de rock', con Leon Russell – uno dei suoi idoli – seduto tra il pubblico ("non sapevo fosse lì, altrimenti mi sarei letteralmente cagato addosso! È venuto nel backstage, mi aspettavo una reazione violenta, ma invece di essere geloso della mia fama mi ha portato in tour con lui, ha abbracciato il mio successo. Io faccio lo stesso, cerco di incoraggiare le nuove leve, mi piace ascoltare gente nuova, come Billie Eilish o Sam Smith; penso siano fantastici e questo mi dà tutta la speranza per un mondo migliore. È meraviglioso").

     

    elton john e diana elton john e diana

    Poi racconta di John Lennon, di quella scommessa che lo portò sul palco per l'ultima volta: "Paul è arrivato al numero uno, George è arrivato al numero uno, Ringo è arrivato al numero uno, ma tu no. Se con il tuo nuovo singolo Whatever Gets You Thru the Night ce la farai, salirai con me a cantare". E così avvenne, il giorno del Ringraziamento del 1974. John si era separato da Yoko ma lei era voluta venire lo stesso al concerto. "Yoko prima dello spettacolo gli mandò una gardenia, lui non disse nulla, ma se l'infilò nell'asola. Poco dopo si erano riconciliati".

     

    diana spencer si congratula con elton john al termine di uno show benefico a londra nel 1991 diana spencer si congratula con elton john al termine di uno show benefico a londra nel 1991

    Ricorda dell'amicizia che li univa e anche se all'inizio "ero molto intimidito perché avevo sentito che poteva avere atteggiamenti 'abrasivi', con me non fu mai scontroso. Anche quando lo conobbi, c'era della musica. C'è sempre la musica alla base di ogni cosa, di ogni mia cosa, e la nostra amicizia è cresciuta così".

     

    La metà degli anni Settanta, quando Elton John era diventato l'artista solista a vendere più copie nel mondo, non tutto però era rose e fiori. Nella biografia si racconta di un uomo disilluso dall'amore, in cerca di amore, infatuato (o innamorato) di uomini impossibili da avere ("erano tutti eterosessuali") ma soprattutto in cerca di cocaina. Ma la musica, quella sì, c'era sempre.

    elton con il marito david e i figli zachary e elijah elton con il marito david e i figli zachary e elijah

     

    "Allo Studio 54 (la stravagante, esagerata discoteca di New York ritrovo dei creativi, ndr) la musica era fantastica", dice, elencando i nomi della scena disco dell'epoca con la voce che si fa eccitata, come quella di un fan che parla dei propri miti, "ricordo che c'era un dress code, i costumi o gli abiti dovevano essere di un certo tipo, ma una volta Divine e io venimmo respinti all'uscio: eravamo troppo esagerati anche per quel posto.

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    Dentro c'erano i soliti tipi con baffoni e fazzoletto infilato nella tasca posteriore dei calzoni (indicazione di una certa propensione sessuale nel mondo gay, ndr) ma non girava troppa roba. Sotto c'era chi giocava a flipper o si faceva strisce di coca. Sembrerà strano ma io ci andavo per ballare.

     

    Tutto ruotava sempre intorno alla musica, sempre. In quel periodo, però, ero così pieno di cocaina che comunque non avrei potuto fare niente col mio pisello. Una volta mi gettai addosso a Rod Stewart e finimmo sul pavimento e lui mi implorò, mi disse che non era preparato per quello... Comunque, non usate droghe: finireste come me, che a un certo punto mi sono messo a urlare contro qualcuno dicendo 'voglio che fermiate il vento!'".

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    "E il successo? Cosa provavi?", chiede a un certo punto Walliams. "'Never believe the hype', 'Non credere mai all'hype', è sempre stato il mio mantra. Se leggete la bio direte: 'Ma che cazzo sta dicendo?!'. Però è vero, ero conscio che ci sarebbe stato un momento in cui non avrei più venduto perché sarebbe stato il momento di qualcun altro.

     

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    Quello che ho ottenuto non è accaduto per niente: abbiamo lavorato come pazzi, abbiamo fatto tour estenuanti, perché l'America è grande, non ci sono solo Los Angeles e New York". Arriva il momento dei ricordi, il primo è per Terry O'Neill, uno dei più grandi fotografi del rock scomparso pochi giorni fa, forse quello che più a lungo documentò la carriera di Elton, e poi per Freddie Mercury. "L'idea di serate-party tra voi due ti fa andare fuori di testa", dice Walliams. "Non ho mai incontrato nessuno come lui, così brillante e divertente.

     

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    Era così bello passare il tempo insieme. Ci vedevamo ogni sera in un club a Londra, a Denmark Street (dove Elton agli albori lavorò come fattorino in quella che sarebbe diventata la sua casa di produzione musicale, ndr). Erano solo risate, non ci si atteggiava in alcun modo. Mick (Jagger, ndr) è il più grande performer al mondo ma Freddie era certamente il secondo, il più incredibile".

     

    Racconta dei soprannomi femminili che appioppava agli amici: Freddie si faceva chiamare Melina Mercouri, Brian May era 'la Signora May', per via della chioma fluente, Michael Jackson era Mahalia ("ma non gli piaceva affatto..."), Elton era Sharon. "Freddie abitava vicino a me. Quando si è ammalato, non sono più andato a trovarlo. Lo trovavo penoso. Freddie era un grande collezionista, come me. Collezionava oggetti nipponici.

     

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    Mentre moriva continuava la sua collezione e sulle credenze giapponesi c'erano montagne di medicinali, accanto ai cataloghi delle aste. Non aveva paura, né tristezza. Era ancora vivo... durante i funerali, al crematorio, fu così toccante... Io amavo le opere di Henry Scott Tuke, un pittore che dipingeva ragazzi nudi e barche.

     

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    Lui morì a novembre. Il mese dopo, la mattina di Natale, mi recapitarono un acquerello di Scott Tuke. Insieme c'era un biglietto, diceva: "Ho visto questo dipinto all'asta e ho pensato che ti sarebbe piaciuto. Questo è per te. Ti voglio bene, Sharon. Firmato, Melina Mercouri". A quel punto non riesce più a parlare, si commuove, e tutto il teatro piange insieme a lui.

     

    Anche in questo caso, c'è sempre la musica di mezzo. Anche nell'impegno della sua Aids Foundation, ricordando la storia di Ryan White, un ragazzino che morì di Aids, contratta dopo una trasfusione: "Mentre mi lamentavo che la carta da parati dell'hotel non era di mio gradimento, la famiglia di Ryan aveva perdonato tutti quelli che erano stati orribili nei loro confronti. Mi vergognai di me stesso per essere stato quello che ero.

    elton john e il compagno elton john e il compagno

     

    Sei mesi più tardi ero sobrio. Quando ho smesso di drogarmi ho deciso che avrei fatto qualcosa per contrastare l'Aids. Negli anni Settanta non ero per le strade a manifestare. Mi sento colpevole per questo; e allora, mi sono detto, 'raccoglierò una montagna di soldi per dare supporto a tutti coloro a cui prima non l'ho dato'. Non volevo sprechi, tutto quello che raccogliamo finisce dove deve finire.

     

    Ryan mi aveva fatto capire il livello del mio degrado e quanto fossi arrogante. Senza di lui, non avrei fondato la Elton John Aids Foundation, una charity che finora ha raccolto 450 milioni di sterline", racconta.

     

    L'alleggerimento arriva con la storia dell'incontro con il marito David Furnish. "Qual è la sfida dell'essere David?", scherza Walliams: "Siamo insieme da 26 anni, stare con me non è facile, anzi è dura. Ero sobrio da tre anni quando ci siamo conosciuti. Una sera mi sentivo solo, così chiesi aiuto. Ero a casa mia, a Windsor. Mi attaccai al telefono e chiamai un amico che lavorava nel negozio di Versace in Bond Street. Lo invitai da me con i suoi amici gay.

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    Non volevo del sesso, solo compagnia. Volevo una serata piacevole, una cosa per pochi, con gente normale. Arrivarono quattro persone, una di quelle era David. All'inizio non voleva venire perché pensava fossi la solita rockstar piena di sé... lui mi sorprese; aveva un lavoro, una casa e una macchina! Io di solito facevo solo degli 'ostaggi' che poi si dileguavano!

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    Il giorno dopo, come un vero gentleman, aspettai le 11.30 prima di farmi risentire. Lo invitai a pranzo, prendemmo un take away (cinese, si dice che poi vomitarono, ndr), e questo è tutto". Poi si parla del tentativo di adottare due bambini da un orfanotrofio in Ucraina, Lev, di 18 mesi, e Artem, fallito perché "mi facevano domande tipo 'sembri molto attratto da questi ragazzini... vuoi davvero adottarli?', ero troppo vecchio, ero gay e le leggi europee erano davvero restrittive.

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    Di recente li ho rivisti, a Kiev. Abbiamo singhiozzato entrambi, lui, il fratello e la nonna”. Va avanti, è un fiume in piena: "Smetti di essere egoista, prenditi delle responsabilità, mi dicevo. Non avevamo uno scopo, solo una vita edonista.

     

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    I miei figli Zachary ed Elijah mi hanno cambiato, mi hanno dato qualcosa che non pensavo esistesse. Li amo tantissimo. A un certo punto David mi ha detto: 'Cosa hai intenzione di fare?'. E io ho pensato al Farewell Tour, un tour d'addio, perché volevo passare più tempo con la mia famiglia. Sono stufo di fare tournée. Non voglio morire sul palco. Il 2021 sarà l'ultimo anno. Sono qui per dire ai miei fan quanto sono stato fortunato ad averli e che me ne vado nel modo migliore, suonando e facendo il mio meglio nel mio spettacolo migliore.

     

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    Farò ancora degli show ma se li farò saranno cose in un posto come questo, un teatro, con un spettacolo fisso, dove suonare pezzi dal mio catalogo che voglio suonare, non The Bitch is Back. Ho provato a cambiare il repertorio ma se non suoni le hit ti uccidono, perché la gente vuole quelle e se non le suoni ti ammazzano! I mie figli mi dicono: 'Papà, perché non canti mai Mona Lisas and Mad Hatters?'. Ecco. La mia ambizione è rimanere in vita abbastanza per vederli sposati. Hanno una vita fantastica ma devono guadagnasi le cose.

    civil partnership Elton John civil partnership Elton John

     

    Avranno una macchina di seconda mano, se non potranno permettersene una. Oggi fanno lavoretti in giardino per avere la mancia. La vita è piena di problemi, chiunque li ha. Io incluso". "Be', hai altre domande?", sbotta Elton, rivolgendosi a Walliams, cosciente di essersi fatto prendere un po' troppo la mano dall'argomento. "No, però vorrei fare gli auguri di compleanno a David! Lo porti da Nando's per cena?", dice, riferendosi a una terrificante catena di ristoranti diffusi un po' ovunque. Risate. "Forza, cantiamo tutti insieme!".

    sanremo elton john e rupaul sanremo elton john e rupaul

     

    "Non è un po' kitsch?", replica Elton, il re del kitsch. Ma tutti si sono già alzati in piedi a cantare: "Happy birthday, Dear David!". La musica, dicevamo, è sempre lì. Ti salva. Anche questa sera.

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