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    IL TESORO (CONTESO) DI ZAHA HADID - È LITE SUL TESTAMENTO DELL’ARCHISTAR, SCOMPARSA NEL MARZO DEL 2016: HA LASCIATO UNA FORTUNA DA 80 MILIONI DI EURO (RIPARTITA IN MODO DISEGUALE TRA PARENTI E COLLEGHI) - CHE FINE FARANNO I PROGETTI E I 372 DIPENDENTI DEL PROPRIO STUDIO ARCHITETTURA? E IL FATTURATO DA 48 MILIONI DI STERLINE L’ANNO?


     
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    Enrico Franceschini per la Repubblica

     

    Isuoi edifici dalle curve ardite e dalle forme sghembe non passano inosservati. Adesso anche il suo testamento solleva un’onda di sorprese e polemiche che potrebbe travolgere parecchi di quelli citati nell’eredità. Zaha Hadid, la prima archistar donna, scomparsa nel 2016 a 65 anni per un attacco cardiaco, ha lasciato una fortuna di 67 milioni di sterline, pari a circa 80 milioni di euro, ripartita in modo piuttosto diseguale fra parenti e colleghi.

     

    E soprattutto, mostrando di non fidarsi troppo, l’architetta anglo-irachena ha affidato la maggior parte del proprio patrimonio, incluso il proprio studio di architettura, a un “trust”, un’amministrazione fiduciaria di cui per il momento saranno responsabili gli esecutori testamentari. Ma poiché questi ultimi hanno già cominciato a litigare fra di loro, non è chiaro che fine faranno i progetti e i 372 dipendenti della società, per non parlare del fatturato da 48 milioni di sterline l’anno che è stato l’ultimo giro del suo business.

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    La donna che ha firmato l’ondulata piscina delle Olimpiadi di Londra 2012 e innumerevoli palazzi da un capo all’altro del mondo, incluso il museo Maxxi di Roma, non era sposata e non aveva figli. Le sue volontà, ottenute dalla rivista specializzata Architects’ Journal e anticipate ieri dal Guardian, indicano un lascito di mezzo milione di sterline a Patrik Schumacher, il suo socio d’affari nello studio di architettura, e di 1 milione e 700 mila sterline a cinque nipoti. Un fratello, Hatham Hadid, ha ereditato a sua volta 500 mila sterline.

     

    Tutto il resto viene depositato in un fondo che sarà gestito dagli esecutori del testamento, cioè dallo stesso Schumacher, dal costruttore Peter Palumbo, dall’artista Brian Clarke e da Rana Hadid, la nipote di Zaha.

     

    Ma Schumacher ha fatto infuriare gli altri tre nel novembre scorso con un provocatorio discorso in cui ha difeso la propria decisione di abbandonare i progetti di case popolari, chiudere scuole d’arte e costruire opere ad Hyde Park.

     

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    I suoi colleghi esecutori del testamento lo hanno pubblicamente stigmatizzato, affermando che Zaha Hadid «si sarebbe completamente opposta a simili iniziative». Come questo quartetto possa amministrare congiuntamente la cospicua eredità dell’archistar rimane tutto da vedere.

     

    Nata a Bagdad nel 1950, Hadid aveva studiato matematica all’università americana di Beirut prima di indirizzarsi verso l’architettura quando emigrò in Gran Bretagna. Ha impiegato molto tempo a ottenere appalti e incarichi in Occidente, ma dopo avere fondato la sua società a Londra, Zaha Hadid Architects, si è fatta ben presto una reputazione di rivoluzionaria per le forme originali degli edifici da lei firmati, a Hong Kong, a Berlino, a Vienna. Ha tuttavia dovuto aspettare fino al 2011 per vedersi assegnato un lavoro di ampie proporzioni in Inghilterra, con il museo dei trasporti a Glasgow.

     

    L’anno seguente ha disegnato quello che alcuni ritengono il suo capolavoro, la grande vasca per i tuffi e il nuoto nel parco olimpico della capitale britannica in vista dei giochi del 2012. È stata la prima donna a vincere il Pritzker, nel 2004, considerato il più prestigioso premio mondiale per l’architettura e ha vinto due volte lo Sterling, il più importante riconoscimento britannico in questo campo.

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    Quando è mancata, precocemente, nel marzo dello scorso anno, era all’apice della sua fama e piena di idee da realizzare. Ora un possibile conflitto tra i suoi eredi minaccia di mandare in frantumi la sua eredità artistica, scatenando una lite a colpi di avvocati.

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