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    E MO’ SO’ CAZZI - DISORDINI AL CONFINE TRA LA PROVINCIA DELLO HUBEI, APPENA LIBERATA DALLA QUARANTENA, E LO JIANGXI, DOVE LA POLIZIA HA BLOCCATO LE MACCHINE CHE VENIVANO DALLA ZONA FLAGELLATA DAL CORONAVIRUS: I CITTADINI ESASPERATI HANNO ATTACCATO GLI AGENTI E HANNO RIBALTATO ALCUNI MEZZI, SCATENANDO LA RIVOLTA - VIDEO


     
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    Filippo Santelli per "www.repubblica.it"

     

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    Da una parte la provincia dello Hubei, liberata dalla quarantena dopo due mesi, da cui molti cittadini premono per uscire. Dall’altra lo Jiangxi, le cui autorità temono un’invasione, di persone e virus. In mezzo, un lunghissimo ponte sul Fiume Azzurro, a segnare il confine tra i rispettivi territori.

     

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    Venerdì quel ponte, molto più di una barriera amministrativa, è diventato il luogo di disordini violenti, che testimoniano il livello di tensione accumulato in queste settimane di isolamento all’interno e ai margini del focolaio dell’epidemia di coronavirus. I video circolati online mostrano un faccia a faccia, a tratti degenerato in corpo a corpo, tra le forze di polizia e i cittadini delle due province confinanti.

     

    A incendiare le proteste, secondo le ricostruzioni di alcuni testimoni (per ora non confermate dalle autorità), sarebbe stato il tentativo degli agenti dello Jiangxi di bloccare i viaggiatori provenienti dallo Hubei, creando un posto di blocco non autorizzato al confine.

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    Martedì il governo ha ufficialmente “liberato” la provincia epicentro dell’epidemia, ad eccezione del capoluogo di Wuhan. Dopo essere rimasti isolati dal 23 gennaio, i cittadini dello Hubei che vivono o lavorano in altre province della Cina possono uscire dai confini, purché muniti di un certificato, cartaceo o digitale, in grado di attestare che non sono contagiati.

     

    Per gli abitanti della contea di Huangmei, nello Hubei, è un po’ più complesso: la stazione ferroviaria più vicina infatti si trova oltre il Fiume Azzurro, nella contea di Jiujiang, provincia dello Jiangxi. Per facilitare e controllare questo flusso, scrivono i media locali, le autorità di Jiujiang hanno organizzato delle navette che attraversano il confine.

     

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    Venerdì mattina però qualcosa non ha funzionato. Secondo alcuni testimoni, che hanno pubblicato dei video sui social, la polizia di Jiujiang avrebbe creato un posto di blocco all’ingresso del ponte, impedendo alle vetture con targa dello Hubei di passare. L’azione avrebbe provocato una reazione dei cittadini e della polizia di Huangmei.

     

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    Un video mostra centinaia di persone, alcune in divisa e altre in abiti civili, marciare sul ponte gridando: “Hubei! Hubei!”. In altri video un fronte di agenti in tenuta antisommossa, probabilmente di Jiujiang, bloccano con gli scudi la folla, che lancia pietre contro i mezzi della polizia e riesce a rovesciarne uno. I poliziotti delle due parti sarebbero addirittura venuti alle mani, le autorità stanno indagando.

     

    I disordini sembrano in ogni caso essere rientrati nel pomeriggio. Un uomo che in un video si identifica come Ma Yanzhou, capo del Partito comunista di Huangmei, invita la folla (senza mascherine, notano i media ufficiali) a disperdersi, assicurando che discuterà la situazione con i responsabili della provincia dello Jiangxi.

     

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    L’incidente però, uno dei più eclatanti verificatisi finora, testimonia l’esasperazione dei cittadini dello Hubei, molti dei quali stanno facendo fatica a ottenere le certificazioni necessarie per uscire della provincia o a trovare i mezzi di trasporto per raggiungere le città in cui lavorano.

     

    I video degli scontri, diventati virali sui social media cinesi, hanno provocato un’ondata di indignazione contro le autorità dello Jiangxi, accusate di alimentare lo stigma nei confronti degli abitanti dello Hubei. Nelle scorse settimane i cittadini della provincia bloccati in altre parti del Paese hanno subito episodi di discriminazione da parte dei “locali”.

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    E anche ora che il contagio è stato di fatto contenuto gli altri cinesi continuano a guardarli con sospetto. Ad alcuni di loro che in questi giorni sono riusciti a tornare nelle città dove lavorano è stato impedito di rientrare nelle proprie abitazioni.

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