MARIO DRAGHI ED ENRICO LETTA FOTO INFOPHOTO
Giovanna Vitale per "la Repubblica"
È stata una telefonata di Mario Draghi a fargli vincere ogni residua resistenza, quando in quel di Parigi ancora oscillava tra accettare o rifiutare il ritorno al futuro della politica italiana: la guida di un partito agonizzante, che sette anni prima lo aveva tradito.
E adesso è proprio un faccia a faccia con il premier che il neo-segretario del Pd vuol mettere in agenda, compatibilmente con gli impegni istituzionali del presidente.
enrico letta
Per ribadire ciò che in Assemblea ha scandito forte chiaro: «Il governo Draghi è il nostro governo, semmai è la Lega che deve spiegare perché lo appoggia». Come Nicola Zingaretti - fin troppo esposto sul sostegno al predecessore e sul fallimento del Conte ter - non aveva sin qui potuto dire. D' altra parte non è un segreto che i due si conoscano e si stimino da parecchio. Almeno dagli anni in cui Letta era a capo dell' esecutivo nato sull' onda delle elezioni «non vinte» da Bersani e l' attuale premier presiedeva invece la Bce.
paolo gentiloni valdis dombrovskis
Alle prese, entrambi, con problemi non da poco: gli strascichi della crisi del debito sovrano europeo, che aveva fatto tremare l' Italia, e le regole ferree del patto di stabilità. Un gioco di sponda nell' interesse del Paese che, con la "complicità" di Paolo Gentiloni, fra i massimi artefici della chiamata di Letta alle armi democratiche, si è rinnovato allorché il presidente del Consiglio ha spiegato all' ormai ex professore di Sciences Po perché era così importante che fosse lui a caricarsi sulle spalle il Pd. Una forza politica indispensabile per la stabilità del Gabinetto di salvezza nazionale voluto fortissimamente da Sergio Mattarella. Pure lui osservatore non certo indifferente della vicenda che ha portato al rimpatrio lettiano.
enrico letta
La debolezza e l' assenza di leadership dem avrebbe infatti rischiato di mettere a repentaglio il governo insieme alle partite più importanti portate faticosamente avanti: gestione dell' emergenza sanitaria, piano vaccinale e Recovery plan, che sarebbero altrimenti rimaste in balìa delle incursioni solitarie di Matteo Salvini.
Solo il primo di una serie di incontri istituzionali, che Letta intende accompagnare a una profonda riforma del partito. Obiettivo: ridurre progressivamente il peso delle correnti, che da centri di potere organizzato dovranno evolvere in motore del pluralismo interno. A questo mirano le Agorà democratiche, progetto al quale i "suoi" ragazzi, gli allievi delle Scuole di politica promosse dal neo-segretario in giro per l' Europa, stanno già lavorando da un po'. E che a ridosso dell' estate, subito prima o subito dopo a seconda della pandemia, dovrebbero sfociare in una grande Assemblea degli Esterni, sul modello di quella che alla fine del 1981 una Dc allora allo sbando organizzò per dare un forte segnale di rinnovamento e di apertura alla società.
sergio mattarella
Oggi come ieri l' idea è di coinvolgere le migliori menti non solo italiane - professori, economisti, politologi, esponenti del mondo della cultura, del lavoro e dell' impresa - che aiutino a ridefinire l' identità e il ruolo del Pd nel Paese travolto dal Covid. Esattamente l' intuizione che quarant' anni fa ebbe per la Balena Bianca Beniamino Andreatta, anche ieri definito da Letta il «mio maestro».
Zingaretti Bettini
Un lavoro che comincerà sin da stamattina, quando l' ex premier prenderà possesso dei suoi uffici al Nazareno. Dove iniziare a stilare il calendario degli appuntamenti: con i presidenti di Camera e Senato per affrontare il tema delle riforme che giacciono inevase in Parlamento, e poi con i gruppi del Pd, con i quali cominciare a ragionare su eventuali avvicendamenti (a palazzo Madama già si ipotizza uno scambio: Rossomando al posto del capogruppo Marcucci, che prenderebbe la vicepresidenza dell' Aula). Poi toccherà ai famosi corpi intermedi, che per il neo segretario sono fondamentali: sindacati, associazioni di categoria e imprese, Terzo settore.
Bettini e Zingaretti
E siccome però solo un Pd in salute può essere anche un partito forte, Letta chiederà una radiografia sulla situazione finanziaria, che non è tracollata solo grazie ai contributi del 2 per mille, e l' organizzazione sul territorio. Due questioni da tempo in sofferenza, da affrontare siubito. Perché lui ha rilevato un Pd «in crisi» per rilanciarlo, non certo per diventarne il curatore fallimentare.