1 - NASCE IL GOVERNO LEGA-M5S, SALVINI E DI MAIO VICE CHE PESANO PIU’ DEL PREMIER
Amedeo La Mattina e Ilario Lombardo per “la Stampa”
MATTEO SALVINI LUIGI DI MAIO
La mossa di Luigi Di Maio ha riportato improvvisamente le lancette indietro, al governo politico giallo-verde presieduto da Giuseppe Conte. Come se nulla fosse successo, l’anonimo professore si è ripresentato alle telecamere quattro giorni dopo, semplicemente con una cravatta diversa. Dopo i fulmini di rabbia, la richiesta di impeachment, il grido «al voto al voto», mercoledì il leader M5S Luigi Di Maio a sorpresa ha proposto di spostare Paolo Savona a un altro dicastero per superare l’impedimento posto dal Capo dello Stato.
matteo salvini luigi di maio contratto
Matteo Salvini si è trovato chiuso in un angolo, pressato anche da ambienti produttivi vicini al suo partito. Rifiutando di rimettersi attorno a un tavolo con i 5 Stelle e portando il Paese al voto per fare il pieno di consensi, il segretario del Carroccio avrebbe dimostrato di avere a cuore le sue ambizioni politiche, senza tener conto delle perplessità che montavano attorno a lui. Non solo: nelle ultime ore molti dirigenti leghisti gli hanno suggerito di non imputarsi sull’economista Savona.
Mattarella con Giuseppe Conte
Troppo alto il rischio di trascinare gli italiani alle urne in piena estate, con tutto quello che ne sarebbe conseguito in termini di instabilità politica, di agitazioni nei mercati. Gli imprenditori e gli artigiani del nord che sono la base della Lega, oltre al governatore veneto Luca Zaia, gli hanno fatto sapere che non era il caso di mandare tutto all’aria, anche perché chi avrebbe assicurato alla Lega un risultato eccellente se la campagna elettorale fosse stata declinata sulla sfida Euro sì o no?
Salvini è stato costretto a rimangiarsi i furori anti-euro che fino a un anno fa caratterizzavano le sue uscite pubbliche, perché la moneta unica, con la quale lavorano le imprese italiane, se messa in discussione, anche solo come una minaccia per trattare con l’Europa, avrebbe falcidiato i risparmi, messo in difficoltà chi paga la casa con i mutui e messo in crisi l’export delle aziende di Lombardia e Veneto.
MATTARELLA SALVINI
Così, di fronte a questi scenari nefasti, Salvini si è convinto a non rompere. Ma c’è anche un’altra chiave di lettura che ci porta ai 5 Stelle. Luigi Di Maio si era seduto al tavolo avendo in tasca nuovi sondaggi che davano M5S in crescita, non più in caduta come era sembrato fino al giorno prima. Il leader grillino era deciso a non mostrarsi timoroso di tornare alle urne. Tanto meglio se fossero state a luglio, se il governo di Carlo Cottarelli, com’era molto probabile, non avesse ricevuto la fiducia.
Difficile arrivare a a ottobre come avrebbe voluto Salvini: il capo della Lega avrebbe dovuto fare campagna elettorale in piena estate, con le fabbriche chiuse e i suoi elettori del Nord in spiaggia e in montagna. Mentre secondo i calcoli dei 5 Stelle, il grosso dei loro elettori, concentrati al Sud, sarebbe stato più propenso a recarsi alle urne. Il rimpasto lampo Ma c'era sempre quell’unica carta da spostare, per poter far risorgere il governo grillo-leghista, dove Di Maio e Salvini faranno da vicepremier i controllori di Conte. Chi mandare all’Economia?
MATTARELLA E LUIGI DI MAIO
La scelta doveva essere indolore e accontentare il leader leghista. È stato lo stesso Paolo Savona a sbloccare l’impasse indicando l’economista amico Giovanni Tria. Salvini però, d’accordo con Di Maio, chiede a Savona di rimanere nel governo, come ministro agli Affari europei. Dopotutto, era stato il piano B di Savona a scatenare l’ultimo capitolo della crisi, un piano che prevedeva l’uscita dall’euro nel caso in cui Bruxelles e Berlino avessero puntato i piedi contro la possibilità di concedere all’Italia più flessibilità.
andrea riccardi e enzo moavero milanesi
Alla fine il compromesso, benedetto dal Quirinale, è stato questo: Savona alle Politiche europee, Tria all’Economia ed Enzo Moavero Milanesi, un altro europeista ma gradito a Salvini nonostante fosse stato ministro dei governi Monti e Letta, agli Esteri. La Lega però strappa anche un’ulteriore concessione: perché alle Infrastrutture non va più il geologo ambientalista Mauro Coltorti, eletto senatore nelle fila dei 5 Stelle, ma il fedelissimo di Di Maio, Danilo Toninelli, più plasmabile in caso di un prevedibile dibattito con gli alleati sulle grandi opere.
FRATELLI D’ITALIA
MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI
Ora però il governo dovrà fare i conti con le difficoltà dei numeri al Senato dove sono concentrati i malumori in casa M5S. Per questo motivo Salvini ha tentato di portare in maggioranza i 18 senatori di Giorgia Meloni. Non ci è riuscito e alla fine ha scaricato tutta la colpa su Di Maio preoccupato di apparire troppo sbilanciato a destra: «Roberto Fico e i suoi mi massacrerebbero».
Eppure Fratelli d’Italia non voterà contro la fiducia: si asterrà. Forza Italia invece sembra orientata a un’opposizione più dura, almeno a parole visto che il ministro dell’Economia Tria è considerato vicino a Brunetta. In una telefonata con Salvini, Berlusconi ha espresso apprezzamenti per lui e per Moavero. L’ex Cavaliere tira un sospiro di sollievo, evita il voto e tiene in piedi il centrodestra: «È un patrimonio da tutelare - gli promette il leghista - Nonostante tu sarai all’opposizione e io al governo l’alleanza continua...».
2 - SAVONA RETROCESSO MA DETTERA’ LA LINEA. AL FIANCO DUE EUROPEISTI E UN’ATLANTISTA
Fabio Martini per “la Stampa”
GIOVANNI TRIA
Su quelle poltronissime si è battagliato per settimane e alla fine è spuntata la sorpresa destinata a condizionare l’impronta sovranista del governo: a discutere, negoziare - e nel caso ingaggiare battaglia - con i capi dell’Europa, saranno due europeisti. Il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi è di casa a Bruxelles, dove ha vissuto a lungo, è stimatissimo dai tecnocrati europei e dove ha lavorato come capo di gabinetto di Mario Monti quando era commissario europeo e poi come ministro agli Affari europei.
PAOLO SAVONA
E quanto al ministro dell’Economia Giovanni Tria, è un economista critico con l’Europa realizzata, ma che dal suo passato di area socialista, vicino a Gianni De Michelis, non ha mai virato sull’euroscetticismo. Un approccio rispetto all’Europa, riassunto in un articolo, scritto a quattro mani con Renato Brunetta per il “Sole 24 Ore”: «Cerchiamo soluzioni condivise da tutti i Paesi membri dell’Unione europea piuttosto che usare la logica “Brexit”, per cui quando l’Europa non conviene o non piace più la si abbandona».
GIOVANNI TRIA CON NAPOLITANO
IL RITORNO DI SAVONA
La triade incaricata di negoziare con l’Europa europea è completata da Paolo Savona, “retrocesso” dall’Economia agli Affari europei, dipartimento che non esprime la politica del governo nei rapporti con l’Europa ma è chiamato a dipanare il contenzioso con l’Unione in materia di infrazioni, coordinare le politiche europee dei ministeri e preparare i Consigli europei. Certo, Savona è destinato a diventare uno dei pivot nelle discussioni in Consiglio dei ministri, assieme a Matteo Salvini, a Luigi Di Maio e a Giovanni Tria.
IL MESSAGGIO ALLA NATO
PAOLO SAVONA
La “vetrina” con la quale il governo si presenta al mondo è completata da un altro personaggio destinato a rassicurare gli alleati dell’Italia: il nuovo ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, è moglie di un militare, è maggiore della “riserva selezionata”. È conosciuta dai militari e rassicura gli ambienti atlantici, un gradimento indispensabile per un ministro che è chiamato a gestire codici e segreti militari.
luigi di maio matteo salvini
Dal giorno in cui è iniziata la trattativa tra due forze anti-sistema, era chiaro che i riflettori si sarebbero accesi sui “big three”, i tre ministeri strategici: Economia, Esteri e Difesa. Tanto è vero che lo scontro - e alla fine la rottura - col Quirinale si erano consumati proprio sul ministero dell’Economia. Ma alla fine, spostando l’ingombrante Savona dall’Economia, si è allargata la trojka internazionale a tre (Economia, Esteri, Difesa) in un formato a quattro, con l’aggiunta di un personaggio di peso agli Affari europei. Anche se proprio di Savona è stato il suggerimento di chiamare al governo il professor Tria