DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Andrea Laffranchi per corriere.it - Estratti
«Sono in stato di grazia: chi mi conosce bene, a livello umano o professionale, mi ha visto serena e felice. Lo spirito con cui ho affrontato il concerto era: questa è la mia festa». Emma deve ancora smaltire le emozioni del concerto al Forum di Assago della sera precedente, il primo dei tre palazzetti con cui chiude il progetto «Souvenir», disco uscito l'anno scorso e che ha appena visto una nuova versione con 6 inediti.
Felice e serena, ma lo spettacolo parte con un video in cui lei è un fantasma che partecipa al proprio funerale…
«Pensiamo sempre alla fine delle cose come un momento in cui il sentimento che prevale è il dolore, ma voglio dare un altro punto di vista. Sono morta tante volte e ho sempre vissuto la fine come l’incipit di un nuovo inizio. Sono tornata in grande stile e voglio esorcizzare quel sentimento. Sul palco porto non solo le canzoni, ma anche i miei sentimenti e con quelle immagini racconto il passaggio fra morte e rinascita».
Il punto più basso e quello in cui ha capito che era ripartita?
«La perdita di mio papà (nel 2022, aveva 66 anni ndr) è stato il momento più difficile da affrontare. Il clic per ripartire è arrivato quando ero in studio ed è nata "Mezzo mondo". Ho capito che volevo riprendere la mia strada. Per me Souvenir è stato un disco di reset non solo perché stavo attraversando un trauma familiare e personale ma anche perché è cambiata la musica Dopo l’uscita del disco sono partita subito col tour nei club: non ero in grado fisicamente e psicologicamente di affrontare dei posti grandi. Ero
troppo distrutta, disturbata, incazzata... È stato un periodo tragico della mia vita, e avevo il bisogno di ritrovare il contatto con la musica e con la gente. È stata una scelta personale, non una scelta di mercato».
(...)
Per «In Italia» proietta stralci di articoli sul femminicidio e sulla bocciatura del Ddl Zan. Rilancia le sue battaglie…
«Sono onorata che Fabri Fibra mi abbia chiamato per una nuova versione di quella canzone di denuncia che rimane sempre attuale. Di mio cerco sempre di puntare la lente di ingrandimento sui temi dei diritti civili, del razzismo, dell’omofobia… Provo a rimportare il dibattito su un piano umano ed empatico. Dare diritti a qualcuno non significa toglierli ad altri».
Da qualche tempo si è aperta a collaborazioni con i rapper che sul tema del rispetto verso le donne spesso scivolano verso un linguaggio poco accettabile. Come lo concilia con le sue idee?
«Sul rap ci vuole uno sguardo più aperto. Come il pop ha le sue linee guida, anche il rap ha un immaginario fatto di testi forti e scomodi. Dietro quello stile ci sono persone perbene e credo che alla musica si debba lasciare libertà di espressione. Puntiamo il dito contro i rapper, ma i problemi sono altrove. Basta ascoltare i tg».
A proposito di diritti. Sembra che si vogliano restringere non solo quelli delle minoranze. Il diritto all’aborto riguarda tutte le donne…
«Fingiamo di vivere in una società emancipata ma torniamo indietro. Sembra che la battaglie femministe degli anni 60 e 70 non abbiano portato a nulla. Ci scandalizziamo per il burqa perché ha un impatto visivo immediato, ma anche da noi ci sono limiti. Oppure pensiamo alla legge che ha reso crimine universale la gestazione per altri in un Paese come il nostro dove la nascite sono pari a zero e i single non possono adottare… Le donne pagano più di tutti».
Anche nella musica… perché ci sono poche donne nelle classifiche italiane?
«Annalisa c’è e arriva anche in quelle spagnole… Però se un ragazzo italiano sale sul palco in mutande si parla del suo concerto; se lo fa una donna si parla dell’outfit e non del fatto che abbia lavorato per arrivare fin lì».
C’è un concetto che ritorna nelle canzoni inedite della nuova versione di Souvenir uscita da poco. In «Lacrime» e «Centomila» si parla di partire o ripartire «da zero».
«Per me questo è stato un disco di reset. Mi sono detta: “Hai alle spalle 15 anni di carriera? Bene, ma non sono niente, devi ripartire”. E l’ho fatto non solo perché stavo attraversando un trauma familiare e personale ma anche perché è cambiata la musica. Mi sono rimessa in piedi sotto tutti i punti vista».
Ora ha altri due palazzetti: il 14 novembre a Roma e il 17 a Bari. E poi?
«Mi fermo. Ho bisogno di dormire, di fare cene con gli amici, di respirare e di godermi quello che è accaduto dall’uscita del disco in poi».
E se chiama Carlo Conti? Magari non per cantare?
«Non ce la faccio proprio. Ho bisogno di un momento per me».
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