Dagonota
toti berlusconi
"Prima o poi doveva succedere: poteva essere in autunno. E' successo adesso. Ora, Romani ed io siamo i vostri interlocutori. Siamo noi Forza Italia". Più o meno questo è il senso delle parole attribuite a Giovanni Toti e così riferite a Silvio Berlusconi.
Le avrebbe profferite davanti a pochi amministratori locali sbigottiti. Si era appena diffusa la notizia dell'intervento al cuore del Cav. Non era nemmeno ancora entrato al San Raffaele e già il presidente della Regione Liguria pensava all'eredità.
Paolo Romani Renato Brunetta Matteo Salvini Giovanni Toti foto Lapresse
Il seguito della storia è nota. Già in convalescenza, il Banana prende contatto con Stefano Parisi, lo convoca ad Arcore e gli affida il compito di rifondare il centro destra. Con una missione di fondo: fare fuori tutta la prima linea di colonnelli. E Toti è il primo della lista.
Le parole del presidente della Liguria non riescono ad uscire dalla mente di Berlusconi. Le ripete in continuazione: quasi avesse paura di dimenticarle. E non vuole farle entrare nell'oblìo e, magari, perdonare chi le ha pronunciate.
PARISI CONFALONIERI TOTI
E' rimasto talmente colpito da quelle frasi che lo stesso Confalonieri ha subito preso le distanze da Toti; anche perchè il Cav, quando gli ha detto di cosa era stato capace di dire il governatore ligure, lo ha anche rimproverato di averlo "tutelato" fino a quel momento.
Berlusconi è profondamente convinto che la "vendetta sia un piatto che va mangiato freddo". Così, secondo Radio-Arcore, non ha nessuna intenzione di frenare lo slancio di Parisi. Anzi lo asseconda e lo accompagna nella "tonnara" che è diventata Forza Italia.
E lui a fare il "rais" a bordo della Muciara...
Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
stefano parisi (2)
Stefano Parisi disegna il suo modello di centrodestra: «Tocca all' area moderata stabilire la rotta. Tocca ai moderati riconsegnare a quest'area la sua centralità e il suo primato» dice in un' intervista al Corriere . Per recuperare una parte dei voti «serve una linea alternativa al centrosinistra e competitiva con i Cinque Stelle. Serve una politica nuova». E assegna a Berlusconi «l' input del modernizzatore».
«Tocca all' area moderata stabilire la rotta. Tocca ai moderati riconsegnare a quest' area la sua centralità e il suo primato». L'«Incaricato» non parla mai di «egemonia» ma è chiara la traccia politica e culturale del suo progetto liberal-popolare. Così Stefano Parisi si intesta l' idea - «un' idea di governo, non un' idea minoritaria» - e assegna a Silvio Berlusconi «l' input di modernizzatore».
«È lui che sta spingendo per il cambiamento, in modo da recuperare almeno una parte di quei dieci milioni di voti persi dal centrodestra». Per riuscirci, «serve una linea alternativa al centrosinistra e competitiva con i Cinque Stelle. Serve una politica nuova, con una classe dirigente onesta e di qualità che muova dentro processi decisionali trasparenti. Serve un linguaggio di verità sui temi più scottanti per il Paese, fuori dal politicamente corretto di certe élite che hanno fallito. E serve anche un fair play politico che superi le logiche di delegittimazione tra forze avversarie. Perché questi atteggiamenti, le urla in tv, hanno indotto i cittadini a disertare le urne. O a votare contro qualcosa e non più per qualcosa».
gaetano quagliariello saluta stefano parisi
Prima del fair play con gli avversari, al centrodestra servirebbe un fair play tra alleati.
«Le liti che si sono succedute negli anni, i meccanismi autoreferenziali, l' attardarsi a discutere solo di questioni interne, hanno determinato le sconfitte. Ma appena si dà una speranza, la classe dirigente si mobilita e si mobilita la militanza. Il progetto liberal-popolare - per riconquistare la fiducia della pubblica opinione - punta certo a un dialogo tra le strutture dei partiti esistenti ma punta anche ad andare oltre: per coinvolgere in politica i giovani, il mondo delle imprese e dell' associazionismo, in modo da affrontare dossier complicati».
Immagino sappia che da «incaricato» si sta attirando i sospetti di chi pensa che voglia essere il «candidato» a Palazzo Chigi.
«Non mi preoccupo del mio ruolo, vedremo più avanti quale sarà. Per ora ho assunto questo doppio incarico: Berlusconi mi ha chiesto un progetto per il rilancio di Forza Italia e al contempo lavoro alla costruzione dell' area liberal-popolare. A questo servirà la Convenzione in programma a Milano per settembre».
Pensa di affidarsi agli Stati generali, come ai tempi della giunta Albertini?
«Gli Stati generali promossero un confronto tra istituzioni e partiti. La Convenzione servirà a raccogliere nuovi contributi utili a costruire la piattaforma programmatica liberal-popolare».
SALVINI PARISI
Al segretario della Lega, Matteo Salvini, questo presepe già non piace. Dice che se nel vostro programma ci saranno la difesa dell' euro, di Angela Merkel e di Hillary Clinton, dovrete scordarvi dei loro voti.
«Intanto la nostra priorità oggi è stabilire la rotta di governo dei moderati. Prima vengono i moderati. E nel perimetro moderato ovviamente non c' è spazio per modelli lepenisti. Chiarito questo, penso che porre adesso delle pregiudiziali sia un errore e che - se vuole governare il Paese - la Lega debba porsi questo problema».
Complicato adottare il «modello Milano» su base nazionale: un conto è accordarsi per amministrare una città, altra cosa un programma per governare il Paese.
LA RUSSA LUPI GELMINI STEFANO PARISI MATTEO SALVINI Alfano
«Il principio è lo stesso. E credo che attraverso il dialogo si possa trovare un' intesa di programma. Se invece si partisse dalla necessità di tenere tutti insieme, per forza, si sbaglierebbe. Sembrerebbe la riedizione dell' Unione di Romano Prodi».
Come andrebbe strutturata la nuova coalizione?
«Molto dipenderà dalla legge elettorale. L' ideale sarebbe un meccanismo federativo, per tenere unite l' anima moderata e quella più radicale, consentendo a tutti una certa autonomia. Non dimentichiamoci che il centrodestra ha subito varie diaspore in questi anni e non sarebbe immaginabile rimettere tutti subito insieme. Da questo punto di vista il "modello Milano" ha funzionato».
Ritiene che Angelino Alfano e Matteo Salvini possano convivere o alla fine verranno elise le parti estreme?
«Siamo in presenza di una grave crisi del Paese dentro una grave crisi mondiale e pensiamo di riportare al voto milioni di elettori attardandoci sulle alchimie politiche? Con le soluzioni di programma si risolveranno i problemi: se ci saranno tutti bene, altrimenti qualcuno deciderà di restare fuori. Anche su questo bisogna cambiare schema, insieme all' impegno di rinnovare in profondità la classe politica».
Sta dicendo che andrebbero superate le attuali forze politiche?
«Non è detto, ma non c' è dubbio che debbano rigenerarsi, darsi nuove forme organizzative, dotarsi di un nuovo personale e di un linguaggio adeguato ai tempi».
SALVINI BOLDRINI 4
E magari servirebbe anche adottare il meccanismo delle primarie per scegliere il candidato premier...
«Non ci sono solo le primarie per evitare che la scelta sia frutto di una nomina. Altri processi democratici potrebbero definire la leadership».
Come va con i dirigenti di Forza Italia?
«L' accoglienza è stata spettacolare».
RENZI MAY
Lì sanno che ogni incaricato da Berlusconi è stato sempre scaricato da Berlusconi.
«Ma no... Stiamo lavorando a un grande progetto. L' ambizione è di rigenerare la politica italiana».
Non teme che una vittoria del Sì al referendum possa compromettere il suo progetto, visto che si è schierato per il No?
«Andrei avanti comunque, anche perché sono convinto che la riforma costituzionale varata dal governo genererebbe il caos e sarebbe causa di contenziosi come fu la modifica del Titolo V, anche quella approvata a maggioranza. Per questo, e solo per motivi di merito, auspico la vittoria del No. Ed è stato un errore del premier ridurre tutto a un plebiscito sul suo governo. Bisogna evitare la logica del ricatto. Bisogna evitare di impaurire i cittadini e i mercati. Si deve discutere del merito, come ha sottolineato giustamente il presidente della Repubblica».
BERLUSCONI ENTRA AL NAZARENO
Se vincesse il No ha detto che Matteo Renzi dovrebbe comunque restare a Palazzo Chigi.
«Se vincesse il No ho detto che la legislatura dovrebbe continuare per consentire al Parlamento di tornare a legiferare, così da abolire il Senato e consentire - nella prossima legislatura - la nascita di un' Assemblea costituente, cui spetterebbe modificare in modo più compiuto la nostra Carta. L' Italia ha bisogno di un governo più forte, con un presidente del Consiglio più forte. Per fare tutto questo servirebbe un esecutivo chiamato a predisporre un processo Costituente nuovo e bipartisan. Bisognerebbe dare il tempo alle Camere di lavorare fino al 2018, anche per varare una legge elettorale adeguata: perché la maggioranza di governo deve rispecchiare la maggioranza degli italiani».
TOMMASO CIRIACO per “La Repubblica”
«Se Parisi comincia a girare l’Italia per organizzare comitati per il no, come sto facendo io, benvenuto. Se ha l’obiettivo di far cadere Renzi, benvenuto. E se vuole costruire un grande centrodestra con Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e il civismo vincente di Brugnaro e Toti, benvenuto!».
renato brunetta
Presidente Renato Brunetta, e se invece Parisi non organizza comitati, non chiede le dimissioni di Renzi e rompe con il Carroccio, come in realtà sembra voler fare?
«Se vuole solo costruire una melassa centrista con chi oggi mantiene Renzi al governo, allora Parisi no grazie, si accomodi pure. La nostra linea è assai diversa».
Che il manager corteggi Ncd è evidente. E i verdiniani aprono a ritorno in Fi.
«Tutti i giorni ripeto all’Ncd di tornare nel centrodestra, a patto che Alfano faccia cadere Renzi e voti no a questa “schiforma” costituzionale, voluta da un premier che sta facendo male al Paese, indebitandolo e riempendolo di clandestini. Quanto a Verdini, almeno è più coerente: vuole stare per l’eternità con Renzi. Però, ripeto: se Alfano e Verdini vogliono tornare nel centrodestra, dove sono stati eletti, tolgano la fiducia al premier. Non ammazzeremo il vitello grasso, ma apriremo una riflessione comune».
RENATO BRUNETTA STEFANO PARISI - Copyright Pizzi
Non sarà che Berlusconi realizza finalmente il partito azienda da sempre sognato, con Parisi amministratore delegato?
«Berlusconi, sia chiaro, ha cambiato la storia della politica italiana. Ma i partiti, una volta nati, non sono aziende e non possono avere ad. Si strutturano, acquisiscono una storia e un gruppo dirigente. Nei momenti difficili abbiamo provato ad avere un ad, ma il tentativo è fallito. I partiti vogliono un leader. E noi ce l’abbiamo: Berlusconi».
Però vi manca un candidato premier. Può essere Parisi con le primarie?
«Il mio leader è Berlusconi. Il candidato verrà fuori dalla battaglia referendaria, che sono le nostre primarie. Fossi in Parisi, mi preoccuperei del fatto che i principali giornali ostili a Berlusconi - lo sostengono: che non lo considerino il cavallo di Troia della sinistra?».
paolo romani renato brunetta deborah bergamini
Sarà, ma Fi resta profondamente divisa.
«Non è così. Le stesse cose le ho dette a Berlusconi pochi giorni fa in quel di Arcore. E gli stessi ragionamenti sono stati fatti da Toti e Romani, ottenendo da lui la più ampia condivisione. Parisi deve fare questo rapporto sullo stato del partito? Ben venga».
E dire che lei Parisi lo conosce da tempo.
«Ho fatto il conto, 33 anni. Un amico, con comuni origini socialiste. Dirigevo la segreteria tecnica del Lavoro e lui lavorava con me».
Per lei è necessaria un’alleanza con la Lega? Oggi Salvini ha stroncato il manager.
«È la mia linea da anni. Si governa con il centrodestra, non vedo alternative. E comunque Parisi non è iscritto a FI. In ogni caso onore al modello Milano, che è poi lo stesso di Brugnaro e Toti. Solo che lì ha funzionato meglio, mentre a Milano abbiamo perso di poco».
maurizio gasparri renato brunetta
Lei conosce bene il Cavaliere: non pensa che stavolta abbia voglia di mollare davvero la politica, cedendo lo scettro a Parisi?
«Non mi pare. È lucido e in impressionante recupero fisico. E ha una cosetta da sistemare: il suo rapporto con la storia. Vuole la piena riabilitazione dalla giustizia europea. Poi, glielo assicuro, penserà a un nuovo rilancio».