Morello Pecchioli per “la Verità”
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Il lardo è di destra o di sinistra? Posto sotto la cotenna del maiale (dorso, collo e parte alta delle spalle), il lardo è stato per secoli condimento protagonista nelle cucine d' imperatori e re, nelle pignatte di feudatari medioevali e signori rinascimentali e - nei giorni liberi da precetti liturgici -, nelle marmitte di monasteri e abbazie. Più democratico di prosciutto, culatello e altri nobili quarti suini, ha sfamato milioni di bocche proletarie e contadine durante i rigidi inverni della storia.
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Fatto a fette, disteso a liquefarsi sulla polenta, forniva il carburante per affrontare una dura giornata di lavoro nei campi. Era l' integratore energetico dei nostri bisnonni. Soffritto e tuffato nella pasta e fagioli o nel riso con le verze, dava a quelle truculente ma saporite minestre il tocco che le trasformava in un mangiare da signori.
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Negli anni Sessanta del secolo scorso, dopo il boom economico, le campagne dietetiche («Magri è bello!») e l' avvento della minigonna portata con esile disinvoltura dalla filiforme Twiggy, il consumo del lardo precipitò come le azioni della Banca Popolare di Vicenza nel 2015.
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Il grasso salume rischiò di sparire. Bandito per anni, risorse grazie a gourmet e cuochi convertiti sulla via di Colonnata e su quella di Arnad. Pian piano il lardo tornò ad essere eclettico protagonista in cucina, nei salotti culinar-televisivi di Antonella Clerici, Benedetta Parodi e della schiera di chef del tubo (catodico) che gli hanno restituito gloria e onori lardellando arrosti di volatili da cortile, carni bovine e ovine cucinate in forno, selvaggina e perfino pesci e crostacei.
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Da provare i gamberoni avvolti nel lardo, golosa beatitudine. Il lardo è buono sulle bruschette (provatelo con il rosmarino), con le crescentine emiliane, sui crostini toscani. Si abbina bene con il miele. A Parma lo accompagnano con lo gnocco fritto. A Mantova, il gras pistà (lardo pestato) viene servito sulla polenta abbrustolita. In Sardegna col pane carasau e le erbette.
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In Sicilia con la muffuletta, pagnottina tonda coperta di semi di sesamo. Negroni, nel sito dedicato ai migliori abbinamenti con il lardo, suggerisce di abbinarlo a caldarroste e pere kaiser. Molto hanno contribuito i turisti d' assaggio che, girando l' Italia ammirando e gustando, hanno scoperto rare bontà: il lardo delle Apuane, quello della Valle d' Aosta, il lardo dei Lessini veronesi, dei Lepini, di Faeto in Puglia.
Nell' antica Grecia per le megalartia (grandi pagnotte), festa religiosa dedicata a Demetra, venivano offerte alla dea del grano e dell' agricoltura, le achenas, pagnotte impastate con il lardo. A Roma il bianco salume era considerato un cibo povero, campagnolo. Il morigerato Catone il Censore lo cita tra gli ingredienti di alcuni piatti rustici.
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Nel VI secolo dopo Cristo il medico e scrittore, Antimo, che fu prima alla corte dell' imperatore bizantino Zenone, poi a quella di Teodorico a Ravenna, attento alla dietetica, nel De observatione ciborum, primo manuale medioevale ad occuparsi di gastronomia, consigliò il lardo come condimento di verdure e d' altri cibi. Tra le ricette ce n' è una che sarebbe interessante riproporre in chiave moderna: rape con lardo e posca.
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La posca è una bevanda acidula, acqua e aceto, che plebe e legionari usavano per dissetarsi. Probabilmente è la stessa bevanda che venne offerta a Gesù sulla croce dai soldati romani. La posca, nel caso delle rape di Antimo - ma anche Apicio la usava 400 anni prima nelle sue ricette - serviva per marinare il lardo e le radici.
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Oltre ad elogiarlo come cibo, il dottor Antimo, consigliava il lardo come medicina per regolare l' intestino e disinfettante per curare le piaghe. Una convinzione durata secoli: a lungo si credette che per guarire dal dolorosissimo fuoco di Sant' Antonio (herpes zoster) ci volevano applicazioni di balsamo di Sant' Antonio, cioè di lardo, nella zona colpita. Verso la metà del '400 il perugino Corniolo della Cornia, autore de La divina villa, trattato in dieci libri, suggerisce di usare il lardo per aggiustare le ossa rotte. Credeva talmente nei poteri curativi del maiale che consigliò l' urina del porco per eliminare i calcoli da reni e vescica e il grasso contro la rabbia canina.
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Nel Medioevo il lardo decolla e diviene il top dei condimenti. Nella Bologna del XIV secolo si distingue tra le potenti corporazioni d' arti e mestieri quella dei lardaroli alla quale spettava la vendita di carni salate, lardo salato e olio.
Due secoli dopo Bartolomeo Scappi, cuoco di due papi, Pio IV e Pio V, autore di un monumentale trattato di cucina, suggeriva di usare lardo e strutto per i giorni di grasso, burro per i giorni di magro, olio d' oliva per le vigilie delle feste comandate e per la quaresima.
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Il lardo non va confuso con la sugna e lo strutto. Il primo è lo strato di grasso sottocutaneo, bianco con sfumature rosa-aurora e, tutt' al più un filino di magro, che viene sottoposto a salagione, aromatizzazione e stagionatura. La sugna è il grasso che ricopre alcuni organi interni del maiale: fusa a fuoco lento viene fatta passare attraverso uno staccio: la parte che cola attraverso le maglie è lo strutto, i pezzetti rappresi che rimangono sopra, sono i ciccioli, pillole di grasso concentrato. Non che il lardo scherzi: Renzo Pellati, specialista in scienze dell' alimentazione, nel libro Tutti i cibi dall' A alla Z, informa che un etto di lardo fornisce 891 calorie e 86 mg di colesterolo.
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Secondo storie tramandate da generazioni di cavatori alcuni capolavori di Michelangelo sarebbero lardellati con il ciccio di Colonnata. Si racconta che il Buonarroti, quando saliva sulle Apuane per scegliere personalmente i blocchi di marmo dai quali trasse la Pietà e il Mosè, facesse buona scorta di lardo che gli avrebbe fornito l' energia di manovrare impeccabilmente mazzuolo e scalpello.
Il lardo di Colonnata viene stagionato per sei mesi, a strati, nelle conche di marmo strofinate con aglio, erbe, spezie e vari aromi per formare la camiciola interna. Fausto Guadagni, uno dei lardaioli più famosi di Colonnata, ha una tavolozza di conce che spazia dalle erbe balsamiche allo zenzero, dai fiori alle spezie, dall' aceto balsamico al cognac e al rum.
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Per Fulvio Pierangelini, famoso chef, ha conciato il salume con la lavanda. L' altro lardo famoso, quello di Arnad viene stagionato in contenitori di legno di castagno o di rovere chiamati doils. La stagionatura vien fatta con sale, pepe, rosmarino, ginepro, erbe aromatiche. Un documento trovato nell' archivio del castello del paese testimonia che tale pratica era già ben conosciuta nel '700.
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Cinema, letteratura e fumetti si nutrono di lardo. Tex Willer e Kit Carson lo mangiano nei bivacchi notturni. È il lardo che dà sapore ai fagioli di Trinità. Chi non ha compatito il povero marine Palla di lardo nel film di Stanley Kubrick, Full Metal Jacket. «Lardo ai giovani!», canta il gruppo rock demenziale degli Skiantos e Andrea Camilleri se ne serve ne Gli Arancini di Montalbano per ritrarre un personaggio odioso al suo commissario, Tanino Bracceri, usuraio e pedofilo: «Un cinquantino fatto di cento chili di merda e di lardo rancido che a suo confronto un maiale ingrassato per essere scannato pareva un figurino...».
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Uno degli usi più belli del lardo lo fa il poeta romanesco Gioachino Belli nel sonetto Il saggio del marchesino Eufemio. «A dì trenta settembre il marchesino,/ d' alto ingegno perché d' alto lignaggio,/ diè nel castello avito il suo gran saggio:/ di toscan, di francese e di latino». La poesia è una satira nei confronti dell' aristocrazia ignorante. Si conclude con la prova di latino del nobile rampollo: «E finalmente il marchesino Eufemio,/ latinizzando esercito distrutto,/ disse exercitus lardi, ed ebbe il premio!».
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