Simone Canettieri per “il Messaggero”
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«Non sono state semplici primarie del Pd, ai gazebo è passato anche un voto di protesta contro di noi». Luigi Di Maio, prima di lanciare l' «amo» a Nicola Zingaretti, ha gettato un occhio dentro le mura del nuovo Nazareno. E, allo stesso tempo, ha messo insieme i segnali delle ultime settimane: il M5S terzo alle regionali in Abruzzo e in Sardegna con i «flussi in uscita» dai grillini verso il Pd (fattispecie chiara nella competizione isolana). Uno schema che potrebbe ripetersi - con esiti questi sì devastanti - alle Europee. Al punto che ieri circolava anche la possibilità di una clamorosa candidatura di Alessandro Di Battista per scongiurare così che il Movimento scenda sotto la soglia psicologica del 20%.
zingaretti
Ipotesi che non trova però - ancora - il via libera del diretto interessato, scomparso dai radar da tre settimane. I sondaggi d' altronde, altro cruccio in questi ultimi giorni del giovane leader pentastellato, sono d' allarme rosso: la rilevazione Swg commissionata ieri da La7 dà il Pd in salita al 19,8% mentre M5S cala fino all' abisso del 22,1%. Dieci punti percentuali in meno rispetto a un anno esatto fa. Di Maio inoltre è stato colpito, racconta chi ha condiviso strategie e preoccupazioni, «dalla partecipazione» al voto di domenica.Più che dall' affermazione netta di Zingaretti, data per scontata.
L' obiettivo di queste ore è chiaro: aprire un canale privilegiato con il governatore-segretario. Il primo a scavare un punto di contatto con il «nuovo Pd», già domenica, è stato il tesoriere e presidente della Commissione politiche europee Sergio Battelli: «È umanamente avanti rispetto a Renzi». Poi sempre alle 22, a risultato acquisito, dalla Russia il presidente della Camera Roberto Fico ha fatto subito i «complimenti» al vincitore. Aggiungendo poi: «Più partecipazione c' è, e meglio è per il Paese».
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LE MOSSE Anche per questo motivo Di Maio ieri mattina ha deciso di togliersi qualsiasi timidezza di dosso per provare ad «abbordare» Zingaretti su un tema caro alla sinistra come quello del salario minimo (mossa bollata così dal segretario: «I processi politici non si costruiscono con la furbizia»). Dopo il capo politico, in modalità «batteria», sono usciti i capigruppo di Camera e Senato, Ciccio D' Uva e Stefano Patuanelli. In serata, a suggellare il tutto, è arrivata anche la telefonata di complimenti e auguri del premier Giuseppe Conte al segretario. Notizia, fatta trapelare particolare non da poco, da Palazzo Chigi.
La linea di Di Maio è quella dell'«interlocuzione sui temi», tenendo la «barra dritta» sul contratto gialloverde. Il suo timore, però, è che la parte più vicina a Fico, e dunque più avversa a Matteo Salvini, possa in qualche modo scavalcarlo a sinistra. D' altronde c' è un 41% che su Rousseau era per mandare a processo Salvini per il caso Diciotti. Non solo. Il mutato scenario politico mette Di Maio di fronte anche a un' altra complicata ipotesi da mettere in conto.
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In caso di crisi di governo con la Lega cosa potrebbe accadere?
Se il M5S dopo le Europee dovesse scendere sotto il 20% e il gruppo implodesse come posizionarsi? «Saremmo comunque l' ago della bilancia - è l' analisi di Di Maio - perché i numeri in parlamento parlano chiaro». E perché, sono convinti diversi esponenti del M5S, che in caso di crisi il presidente della Repubblica potrebbe non sciogliere subito le Camere dando mandati esplorativi per nuove maggioranze. E qui un rapporto con Zingaretti sarebbe vitale per evitare il voto.
Ipotesi che dallo staff del segretario-governatore smentiscono: «Non saremo la stampella di nessuno». Il problema è questo. Di Maio invidia a Salvini il «forno» con il centrodestra e ne vorrebbe uno con il Pd. Al momento spento e sbarrato. Salvo crisi.
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