Estratti di "Finestra sul nulla" (ed. Adelphi), libro inedito di Emil Cioran, pubblicato dal “Fatto Quotidiano”
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L'imbecille fonda la sua esistenza solo su ciò che è. Non ha scoperto il possibile, finestra sul Nulla... L'imbecillità è il radicamento supremo, innato, un'indistinzione dalla natura che trae la propria reputazione dall'ignoranza dei pericoli. Perché nessuno è meno oppresso dell'imbecille, e l'oppressione è il segno di un destino lontano dalla mollezza e dall'anonimato della felicità.
I gelosi soffrono di un eccesso di immaginazione. Si compiacciono in ciò che non vedono. La gelosia non è che il tormento dei sensi nell'invisibile. Niente la disturba più della certezza.
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Un geloso assolutamente sicuro di non essere ingannato non può amare, perché non riuscirebbe a fare niente senza la tortura del probabile. In un'epoca di supplizi nella quale la tentazione della donna non definisse il suo respiro sarebbe un martire. Giacché la gelosia è il desiderio di soffrire a ogni costo.
Nella sessualità il minimo pensiero denota insincerità. Le donne sanno fin troppo bene perché aborrono i filosofi...
La maggior parte delle persone dal linguaggio depravato nascondono in tal modo la vergogna che provano a dire "cuore". Sguazzano nella pornografia per eccesso di pudore. Ho trovato più lacrime tra i cinici che tra coloro che hanno il sogno sulle labbra.
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Camminando per strada, mi chiedo spesso se non sia uno sforzo culturale a risparmiare ai mortali gli sputi di disgusto o di pietà che ispirano, e mi domando se la creanza non sia il peggior nemico della sincerità...
L'amore è la demenza delle narici. Profumo effimero di carne e di putrefazione... Ma senza quello, respirare sarebbe una depravazione indicibile.
Più che in tutti i cimiteri della terra, il sentimento della mia scomparsa l'ho provato accanto alle donne. Ecco perché sono ricorso a ogni argomento per scusare questa creatura accidentale, contro l'evidenza del vuoto.
All'infuori di Bach, qualsiasi impeto sonoro assomiglia a una strofetta farfugliata.
Degli scenari della vita ho assaporato soltanto piaceri illegittimi. Non mi sono mai considerato altro che il suo figlio bastardo.
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La salute è una malattia incompleta.
Niente sminuisce come l'assenza di follia.
Quelle ore del pomeriggio quando, per non piangere, ci si rifugerebbe in qualsiasi cosa: nella follia, nel chiasso, nella Bibbia o nell'omicidio.
La cultura si riduce a un impiego raffinato dell'aggettivo.
La putredine interiore è tollerabile solo sotto una maschera lirica; nella sua verità, nella sua forma pura la si ritiene un qualcosa di spregevole. Così i poeti sono riusciti a dare un senso alle ultime decomposizioni senza insultare nessuno.
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Magari fossi nato schiavo da qualche parte nell'Impero agonizzante, e mi avessero condotto a Roma a insinuarvi dubbi e interiezioni, a intrattenere le orecchie degli ultimi dominatori con bisbigli di deliquescenza! Ah, l'elegante decadenza che accompagna le orge della carne e dello spirito!
Chi non prova un'immensa pietà di se stesso non può odiare gli uomini.
La voluttà ci rivela i limiti della carne, l'amore quelli dell'anima.
Tutti gli abusi concepiti dalla crudeltà o dall'immaginazione impallidiscono davanti alla tirannia della noia.
La paura del ridicolo vieta la poesia, ma non impedisce l'assurdo.
Ogni passo avanti trascina con sé un'equivalente degradazione. Al suo limite, l'essere umano dovrebbe nuotare nel cielo come nel pus.
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Dopo ogni incontro con qualcun altro, uomo o donna, saggio o cretino, le domande sono sempre le stesse: perché non si uccide| Come fa a non contemplare il suicidio| Com' è possibile che ignori sino a che punto egli sia inutile|! Sfuggire a tutti gli altri è il desiderio segreto di ogni uomo.
La vita? Un'ingiuria in mezzo a una preghiera.
I cuori troppo maturi imputridiscono nei versi.
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Coloro che non avvertono il bisogno di tormento non scopriranno mai il vizio, né l'infinito cui si accede nel crollo doloroso provocato dal suo pericoloso piacere.
Per quanto amiamo Mozart, dobbiamo riconoscere che non sa tutto. Esiste una musica meno carica di Peccato| Ciò che non raggiunge la feccia dell'anima resta escluso dalla Conoscenza.
Sull'albero della vita l'amore è il frutto più putrido.
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I poeti e gli amanti hanno eretto la rosa a simbolo dell'amore per farci dimenticare che prima che ne assaporassimo il profumo, le sue spine ci hanno insanguinato il corpo e l'anima.
(c) Editions Gallimard, Paris, 2019(c) 2022 Adelphi Edizioni S.p.A. Milano.
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