POKEMON GO SGARBi
SGARBI A RADIOCUSANOCAMPUS
Vittorio Sgarbi è intervenuto questa mattina ai microfoni di Radio Cusano Campus, l'emittente dell'Università degli Studi Niccolò Cusano, nel corso del format ECG Regione, condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio.
A Vittorio Sgarbi è stato chiesto un parere su Pokemon GO, il gioco del momento: "I pokemon? Mi fanno cagare a priori. Ho letto che sono anche agli Uffizi di Firenze, è una forma di idiozia collettiva, a un certo punto si alza un imbecille, mette in giro qualcosa e tutti gli vanno dietro. La quantità di persone che non ha un cazzo da fare nella propria vita è enorme e queste cose lo dimostrano, già il nome Pokemon mi fa schifo, ma poi dopo che uno li ha trovati cosa ci fa, li vende, ci fa qualche soldo? No, lo fanno solo perché non hanno un cazzo da fare.
POKEMON GO
Una volta giocavano a dama, a scacchi, cose che almeno richiedevano un minimo di applicazione intellettuale. Lo smartphone è uno strumento formidabile, ma purtroppo ci sono queste applicazioni che sono forme di masturbazione. Pokemon, solo il nome mi fa schifo, ma ormai è diventato un contagio, voi me ne parlate e io sono costretto a rispondere di una cosa che mi fa schifo solo a sentirne nominare il nome".
Insomma, a Sgarbi questa mania per i Pokemon proprio non va giù: "Sono peggio di una partita di calcio, questi pokemon sono un divertimento per bambini deficienti. Se da un lato sono una cagata, dall'altro sono un'opera geniale per chi l'ha inventata. Visto che ci sono così tanti gonzi devo inventarmi anche io qualcosa del genere. Ma dico io non sarebbe meglio andare a pesca?".
pokemon siria go
2. INSIEME CON I MIEI FIGLI A CACCIA DI POKÉMON GLI ALLEGRI FANTASMI GOTICI CHE ANIMANO TAORMINA
Francesco Merlo per “la Repubblica”
Al cimitero, accanto alla tomba di mio padre, mio figlio Rodrigo, 13 anni, — nome da cacciatore: Rodsels — cattura un grottesco Pokémon bug (insetto) che pesa 57 chili, 7 più di lui, e si chiama Pinsir perché ha le corna a pinza, una specie di demone parassita che ben si addice alla casa dei morti.
Qui, tra letti di fiori, angeli di ceramica e sculture in pietra di defunti a grandezza naturale. Anche dietro la lapide che ricorda il signor Eugenio Grimaldi, nato nel 1972 e morto troppo presto nel 1993 — «non giudicate la vita che lascio ma quella che comincio» - catturiamo un Pokémon. Ha la testa a forma di teschio, impugna un osso, pesa 6 chili, è alto 40 centimetri e si chiama Cubone.
Rodsels acchiappa poi Exeggcute, sfuggente e occulto,un Grass/Psychic che vuol dire Veggente d’erba, un nome che sarebbe piaciuto agli spiritisti e ai mesmeristi, e che mi conferma che c’è una sapienza nascosta nel codice inventato dai giapponesi della Nintendo o forse dai laboratori di Google.
pokemomo go per smarthphone
E dunque andando a caccia con i miei figli e con i loro amici — nomi da cacciatori: Tanky Buff, 22 anni; Professor R, 20 anni; Green Moos, 21 anni — miro a ectoplasmi viscidi e inseguo le forme fluttuanti delle storie gotiche: ratti viola e talpe con coda e corna di fuoco come è il Magmar, Pokémon da sottoterra contro il quale spariamo ben tre pokéballs. E davvero mi sembrano cose familiari e al tempo stesso misteriose come il gatto Meowth col cervello di fiamme.
Tra le tombe della città di lava nera dove sono nato, scopro così che i Pokémon, che evidentemente cambiano a seconda dell’ambiente — realtà aumentata è appunto il genere — sono la parodia dei mostri con gli zoccoli biforcuti della letteratura antica e della storia delle religioni, delle ombre evocate da Ulisse, ma senza più streghe né incantesimi che dopo Harry Potter non sono più proponibili, i soliti fantasmi insomma che, mi dice Professor R, una ragazza che ama la letteratura e studia Musica, già secondo Charles Dickens erano «poco originali, logori e sempre a passeggio per sentieri troppo battuti ».
Di sicuro, aggiunge Green Moos mentre cattura un comunissimo Zubat, un pipistrello, «cacciamo esseri che non sono vivi ma che esistono perché appunto abbiamo bisogno che esistano ». Green Moos, che studia una materia terribilmente attuale, International Security al King’s College di Londra, sta leggendo un libro Adelphi su Giorgio Manganelli che, più di quaranta anni fa, invocava i Pokémon così: «Sono certo che un mondo affollato di esseri che modificano i nostri conti con la realtà non potrebbe non essere un mondo assai più gradevole».
pokeball
Sono infatti esserini da addomesticare, mostri molto meno prepotenti di quelli reali che si nascondono tra noi. «E sono pure meno stravaganti dei veri malvagi che, come i Pokémon, possono essere dovunque, in una promenade sul mare o in un centro commerciale, in un caffè e in un teatro».
Ecco perché con l’iPhone in mano e il caricatore portatile, non ci sentiamo né sconclusionati né profanatori accettando la logica che domina questi giochini, l’arte delle anime che governa questi scherzi virtuali che hanno già conquistato il mondo perché lo aiutano a sognare, lo riempiono di immagini, gli regalano un orizzonte virtuale, l’allegra solidarietà dei giovani di tutte le nazionalità, la sorpresa di potersi ancora muovere con il sorriso nell’universo impaurito dal terrorismo, la leggerezza dei mostri virtuali contro la pesantezza dei mostri reali.
francesco merlo
Questi ragazzi non sono né ripetenti né sfaccendati come qualcuno li ha descritti con supponenza. Non esistono i tarantolati della generazione Pokémon, che è quella degli anni Novanta e dei Millennials. Anche loro hanno più memoria che fantasia, i loro pensieri e i loro giochi si dilatano e si propagano con i modi più adatti della nostra civiltà, WhatsApp, Instagram, Snapchat, Facebook Messenger, Telegram. Mi chiede Green Moos: «Le altre generazioni non hanno avuto i loro Pokémon, superpotenze emotive che si sono propagate come religioni?».
Ci penso e dico: i capelloni, il libretto di Mao, il jukebox, la minigonna, forse l’Hula hoop, il twist, lo swing, il flipper… Mentre mi istruiscono, mi fanno scoprire che se il cimitero è abitato dagli infernali, il parco è popolato di Pokémon volatili, al mercato della frutta catturiamo i banalissimi Pidgey che “smorfiano” i piccioni, e tra le fontane c’è il Omanyte, Pokémon di rock/water, fossile di pietra e acqua.
mappa di ingress molto simile a quella di pokemon go
Al parco gli hunters sono folla, tutti con la pulsione arcaica del cacciare, ma non per uccidere. Al contrario, per allevare, addestrare e rendere più forti gli animali inventati, che da sempre popolano le favole.
Sulla spiaggia di Taormina i Pokémon diventano marini e Rodsels si getta su un Paras che è un granchietto. Sulla pancia di una ragazza al sole c’è un Magikarp, una carpa fuor d’acqua, debole ma viva (si fa per dire) che apre e chiude la bocca come un automa e sembra disegnata da Bruno Munari, quello che inventava gli agitatori di coda per cani pigri e il motore a lucertola per tartarughe stanche.
Professor R la cattura, e offre alla ragazza uno screenshot con la Magikarp sulla sua pancia. È una studentessa di Giurisprudenza e la sua intelligenza è mossa, come le foglie che segnalano i Pokémon.
Tira fuori lo smartphone e chiede: «Posso venire con voi?». Ha 20 anni e come hunter ha il nome di Minervinomurge 97 perché a Minervino Murge, vicino Bari, è nata. È arrivata al settimo livello, ha catturato 70 Pokémon «ma nessuno veramente raro».
POKEMON GO
Ci capita, quello raro, al mercato del pesce. Sul banco dei masculini — le alici — , piccoli, argentei, dissanguati, vediamo, nientemeno, un Dratini, che è una specie quasi imprendibile di drago, forse femmina, aggraziato e di colore bianco e azzurro. Lo mostriamo al pescivendolo, il signor Arena, con i piedi nudi e i muscoli nocchiuti.
Arena guarda dentro al telefono che gli porgiamo e fa «sciò sciò» con la mano per cacciare via il Dratini che ora si sposta sulla ricciola, ora sul capone e poi sul pauro, che è il dentice rosa. Rodsels lo cattura tra il sarago pizzuto e il tonno, e Arena dice «puureddu».
Gli spieghiamo che i Pokémon go sono una sola razza con 151 esemplari e lui, che la sa lunga: «altro che Pokémon!». E poi: «Sapete quanti pesci in Sicilia danno nome al sesso?». E via con panda, passera, opa, balajola, bupa, bopa, pìchira pizzusa e pìchira spinusa, specatrice, piscipoccu, balestra, runcu di papera, sangusu, sapuneddu, scannacavaddu, scannaiaddu, scazzububulu, paddottola, cadduffu, piscisceccu, scrofana, stummu cu un occhiu, taddarita, tenchia, tracina, tremula, umbra, vastunaca, lappara, fravagghia, ciaula, trunzu e mìnula che è la più provocante: un gran pezzo di mìnula, appunto.
POKEMON GO UFFIZI 3
Seguiamo la mappa che è bidimensionale e solo di notte si tinge di blu. Non disegna l’Etna, ma soltanto la segnala, non distingue tra il Duomo e la statua di Garibaldi. Arriviamo così ad un assembramento di cassonetti, alla solita immondizia insomma che racconta l’Italia del Sud, montagnette che, a vista, ci ricordano le emergenze sanitarie che costantemente ci minacciano. L’iPhone vibra e segnala tre Pokémon. Fuori, nella realtà, un gatto nero annusa e rovista. Sembra quasi che l’animale vero “senta” e cerchi quello finto.
Noi sgraniamo gli occhi dentro l’iPhone scoprendo che il Pokémon che si agita tra tanfi, fetori, dossi e cunette di rifiuti in fermentazione è un leccatore tutto lingua e si chiama Lickitung, un mostro dello slurp che l’algoritmo della Nintendo ha messo lì forse perché il dio matematico della distribuzione non fa differenza tra una discarica e un mercato del pesce.
POKEMON GO NAPOLI
Rodsels lo prende al primo colpo, io spreco invece tre pokéballs. Per catturare un Pokémon ci vuole un’abilità manuale, una perizia digitatoria, il famoso touch che è il segreto della digital life, il tocco che ti permette di navigare meglio, di diventare psiconauta o internauta della psiche, ma anche di acchiappare con un unico movimento secco e preciso del pollice un papero leccatore di immondizia. Ovviamente, con una mano sola.
Il gioco non costa nulla, l’applicazione da scaricare è gratis e non c’è bisogno di comprare niente, neppure le pokéballs che permettono di catturare gli animali. Ci siamo riforniti nelle pokéstop, che sono le stazioni di posta: monumenti, statue, chiese. C’è la statua di una Madonna tutta bianca, alla villa Bellini, con i lumini accesi e le solite lacrime di gesso, che ci dà una manciata di incenso che serve ad attirare i Pokémon, ci regala tre pokéballs, e un uovo.
POKEMON GO 2
Ma i centri di devozione non sono solo quelli della chiesa: in una delle stradine dei bordelli c’è la foto di Peri Peri, un magnaccia che fu ucciso davanti a casa e da decenni il suo santino viene onorato con fiori freschi e lumini. Anche in questo selvaggio pokéstop ci riforniamo di pokéballs e ci danno pure due uova.
Per fecondarle bisogna percorrere dai 2 ai 5 chilometri con applicazione aperta e collegata ad internet. Quel furbo di Tanky Buff, studente di fisica, una volta a casa, appoggerà il telefono al vecchio giradischi lasciandolo girare sino alla fecondazione. Ma non ci sono solo le stazioni, ci sono anche i pokégym, le palestre. Ce n’è una attorno alla rocca medievale di Acicastello.
Ci andiamo per fare combattere i nostri Pokémon, ma Arcanine, che è il campione di questa palestra, sconfigge il nostro povero Pidgeotto, gli toglie la vitalità e l’energia che si misura in HP. Il Pokémon di Rodsels ne aveva 45, ora è a zero. Rodsels lo cura con una pozione che subito gli restituisce 20 HP. È la medicina che guarisce le ferite ma forse anche la superstizione e l’oscurantismo. Penso infatti che la magia dei Pokémon, la loro biologia, persino l’ironia dei loro nomi, tutto il loro codice di mostriciattoli virtuosi ci impartisca una magistrale lezione di logica e di razionalità.
POKEMON GO CENTRAL PARK
E allora racconto agli hunters alcuni articoli che ho letto e la spocchia saputella che riduce il Pokémon a marketing per ragazzi ignoranti: capitalismo, consumismo e cervelli deboli. Green Moos mi risponde, più o meno infastidita, che quelli che si inventano il diavolo credono di essere l’acqua santa perché «occorre che ci sia il diavolo perché l’acqua santa sia davvero santa».
POKEMON GO SGARBI MERLO
Poi tutti insieme criticano e smontano pure me: «Il più grande ostacolo alla comprensione dei Pokémon è quello di volerli capire troppo:Gotta catch ‘ em all ».