Francesco Grignetti per "la Stampa"
FRANCO GABRIELLI
Ovviamente non ama passare per allarmista, Franco Gabrielli, ex direttore della Protezione civile, ex capo della polizia, oggi sottosegretario alla Presidenza con delega ai servizi segreti. L'uomo che sussurra alle spie per mandato di Mario Draghi. No, non gli piace il ruolo di chi getta allarmi invano. Ma questo è il suo ruolo: sovrintendere ad uno degli apparati più delicati e misteriosi dello Stato, e allo stesso tempo avvertire gli italiani che non viviamo nel migliore dei mondi possibili.
E quindi precisa: «Se recentemente ho detto che c'è un rischio immanente del terrorismo islamico, non l'ho certo fatto, come qualcuno maliziosamente ha suggerito, per mettere le mani avanti. Del tipo "io l'avevo detto" a scanso di responsabilità. Anche perché, se accadesse un qualcosa, le responsabilità sarebbe ben difficile scansarle».
jihadisti
E allora, sottosegretario Gabrielli, affrontiamoli questi rischi, senza drammatizzare, ma neanche sottovalutare.
«Guardi, sono cose che in realtà vado dicendo da tempo. Abbiamo un problema che è la vulnerabilità psicologica. Io credo che sia un bene preparare le persone alla consapevolezza per gestire anche le emozioni. È ovvio che fa un certo effetto, un evento terroristico. Però dobbiamo anche dire che in Europa, dal 2015 a oggi, diciamo dopo la strage a Parigi di "Charlie Hebdo", si sono registrate oltre 350 vittime per attentati.
jihadista
Ora, soltanto sulle strade italiane, ogni anno dobbiamo lamentare 3400 morti per incidente stradale. Questo non per fare paragoni impropri, ma per dire che nella realtà ci sono dei rischi che accettiamo. Se vogliamo salvaguardare i valori delle nostre società occidentali, libere, aperte, democratiche, dobbiamo da un lato pretendere che gli apparati di sicurezza facciano il massimo per proteggerci, ma dall'altra dobbiamo anche accettare un margine di rischio.
E la vulnerabilità psicologica ci porterebbe a una reazione che in pratica farebbe soltanto il gioco di chi vuole farci cambiare stile di vita. Ecco perché, quando parlo di minaccia immanente, non intendo mandare un messaggio di paura, contribuendo proprio io a fare del terrorismo psicologico. È esattamente il contrario. Io intendo dire: attenzione, questo rischio purtroppo fa parte delle nostre società aperte».
SERGIO MATTARELLA FRANCO GABRIELLI
A proposito di forze di polizia, lei ha ricordato che rischiano di essere un target dei terroristi.
«Premesso che occorre una grande attività di prevenzione per intercettare una minaccia terroristica prima che si realizzi, dobbiamo riconoscere che abbiamo di fronte un avversario sfuggente. Ricorro a una definizione dello studioso francese Gilles Kepel: esiste il "jihadismo d'ambiente" che va al di là dei "lupi solitari". Nel jihadismo d'ambiente non occorre un'attivazione da lontano. Né ci sono filiere da ripercorrere».
Perché sono soggetti che si radicalizzano da soli, imbevuti di follie che trovano su Internet.
talebani conquistano valle del panshir 4
«Come è facile capire, è un'ulteriore evoluzione negativa. La possibilità di intercettarli e prevenirli è molto più complicata. E quindi la risposta degli apparati in questo caso dev' essere tesa soprattutto alla riduzione del danno, ovvero intervenire e neutralizzarli il prima possibile.
Da questo punto di vista, la differenza è la reattività degli operatori. Innanzitutto una intelligente pianificazione delle presenze sul territorio e la prontezza dei reparti speciali, ma anche la reattività del singolo agente o carabiniere del presidio territoriale. E quest' ultima, invece, non sempre la percepisco. Le esperienze straniere, peraltro, soprattutto francesi, mostrano come la gran parte degli obiettivi vestiva una divisa».
talebani conquistano valle del panshir 3
Si dice che dopo la vicenda dell'Afghanistan, sul web sia ripartita alla grande la propaganda jihadista. Lei pensa che possa fare da innesco a una ripresa terroristica?
«Assolutamente sì. L'intera storia, anche per le modalità con cui le truppe alleate hanno lasciato l'Afghanistan, è devastante. La narrativa jihadista se ne è subito impadronita e tende a raccontare che non soltanto è possibile resistere agli eserciti più potenti del mondo, ma addirittura vincere. Nella loro propaganda, un esercito approssimativo, quasi un esercito di straccioni, il che non è, può combattere alla pari con un esercito super-armato e super-tecnologico perché motivato da qualcosa di più grande, che è questa perversa visione religiosa. Tutto carburante per il jihadismo d'ambiente».
analista intelligence
Due giorni fa, però, lei ha ironizzato sul fatto che sembra svanita dal radar la criminalità organizzata.
«Certo. Ora va di moda, lo dico tra virgolette, parlare della minaccia terroristica. Ma quella criminale? E quella cibernetica? Ce ne accorgiamo solo quando mettono in ginocchio la sanità del Lazio? Sono cose che sempre più faranno parte della nostra condizione, e a cui siamo chiamati a rispondere sempre, tutti i giorni».
Ecco, il presidente Mario Draghi ha appena riaffermato che si vigilerà sull'uso dei miliardi europei, perché gli appetiti delle mafie già s'avvertono. Possiamo immaginare che l'intelligence sia proiettata su questa partita?
MARIO DRAGHI CON LA MASCHERINA
«Non posso che plaudire alle scelte del ministero dell'Interno e del Dipartimento di Ps. All'indomani della mera notizia che sarebbe arrivata dall'Europa una cospicua mole di miliardi per combattere gli effetti della pandemia, sono stati subito attivati degli organismi di vigilanza. Sa, i clan della criminalità organizzata non sono Onlus. La loro unica ragione d'esistere è l'illecito arricchimento. Va però sottolineato che il nostro Paese, ahimé, per la sua storia di illegalità, dispone di un robusto apparato legislativo e repressivo. E ovviamente il comparto d'intelligence è stato attivato».
Senta, ma non teme l'approssimarsi di una tempesta perfetta, tra risveglio del terrorismo internazionale, attivismo probabile delle mafie, tensioni fortissime che spaccano la società italiana per vaccini e Green Pass?
GREEN PASS
«Se dicessi di non essere preoccupato, direi cose non vere. Preoccupato, ma non terrorizzato. E torno al discorso sulla vulnerabilità psicologica. Ricordo a tutti che questo Paese è uscito da crisi peggiori. Nel 1992 si sommò l'implosione della Prima Repubblica, la crisi del Sisde, un Presidente della Repubblica che andò in tv a gridare "Non ci sto", e le bombe di mafia. Eppure ne siamo usciti. I rischi ci sono ed è giusto spiegarlo agli italiani. Allo stesso tempo, certo catastrofismo, come se fossimo sull'orlo di chissà quale baratro, non è corretto e non ci aiuta. La stragrande maggioranza dei cittadini di questo Paese sta lavorando per riprendersi. I dati macroeconomici raccontano di un Paese che ha la capacità di traguardare verso un futuro migliore».
franco gabrielli foto di bacco
E intanto il mondo corre non si sa verso dove. Il Patto tra Australia, Gran Bretagna e Stati Uniti prefigura una nuova guerra fredda contro la Cina, ma scuote anche l'Occidente. C'è chi pensa che sia il momento di una Difesa comune europea e anche di un'intelligence della Ue. Lei come la vede?
«Guardi, è un dibattito stimolante. Ma io penso che ipotizzare un'intelligence europea, significa che non si è capito che cosa è l'intelligence. L'intelligence è presidio della sovranità nazionale. Faccio un esempio: è normale attività che l'intelligence nella ricerca informativa svolga attività non convenzionali, anche commettendo reati, che vengono rigorosamente autorizzati e circoscritti dall'autorità politica.
MARIO DRAGHI AL TELEFONO
Questo prescrive la legge in Italia, come dappertutto. Ora, mi domando, questa futura intelligence comune a quale soggetto politico dovrebbe fare riferimento? Si dice di una regia europea. E chi dovrebbe fissare le priorità, se poi non c'è un singolo argomento su cui i ventisette governi siano d'accordo?».
Resta comunque un dibattito...
«...Stimolante».