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    L’ARIA CHE TIRA: FUJITSU LASCIA L'ITALIA E 200 DIPENDENTI PERCHE’ IL NOSTRO PAESE NON OFFRE “GARANZIE” SULLA CRESCITA - LA MULTINAZIONALE GIAPPONESE, SPECIALIZZATA NEI SERVIZI AD ALTA TECNOLOGIA PER LE IMPRESE, NON ABBANDONA INVECE SPAGNA E PORTOGALLO


     
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    Rita Querzè per il “Corriere della Sera”

     

    FUJITSU FUJITSU

    Fujitsu lascia l' Italia. La multinazionale giapponese specializzata nei servizi ad alta tecnologia alle imprese - Internet delle cose, Cloud, intelligenza artificiale, sistemi di interconnessione - non crede più al nostro Paese. Resterà invece in Francia, Germania. Ma anche in Spagna e in Portogallo. La sorte delle maestranze italiane è condivisa solo da quelle greche e della repubblica Ceca. Fujitsu è in buona salute. La riorganizzazione è guidata dalla volontà di far crescere il margine di profitto dall' attuale 5% al 10% entro il 2022.

     

    L' Italia resta pur sempre la seconda manifattura d' Europa e le nostre imprese hanno bisogno di digitalizzare i loro processi. Ma il gruppo di Tokio esprime con i fatti la mancanza di fiducia nel nostro mercato. «Il 4 marzo abbiamo annunciato che concentreremo le nostre risorse dirette nei mercati che più supportano la nostra idea di crescita basata sui servizi ad alta tecnologia», ci risponde con una nota via mail il quartier generale europeo di Fujtsu nel Regno Unito.

     

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    Sottinteso: l' Italia non offre garanzie sulla crescita. I 200 dipendenti italiani della multinazionale sono in gran parte a Milano (150) e il resto a Roma. «Il nostro piano avrà un impatto su entrambe le sedi - spiegano ancora in Fujitsu -. Siamo comunque interessati a mitigare l' impatto sociale di questo cambiamento attraverso il dialogo con i sindacati e le autorità competenti».

     

    Ciascun dipendente ha ricevuto lo scorso 4 marzo una mail in cui Duncan Tait, alla guida della multinazionale in Europa, Medio Oriente, India e Africa, annuncia l' uscita dall' Italia da aprile. «In effetti - spiegano alcuni lavoratori - da aprile non possiamo più chiudere nuovi contratti». Il punto è che in Italia nessuno ha per il momento la delega a trattare con sindacati, Regioni, Mise. A parte la comunicazione ai dipendenti, nessun passo formale è stato fatto dal gruppo. «La situazione è paradossale», lamenta Christian Gambarelli, alla guida della Fim Cisl di Milano. Fiom e Fim si preparano a protestare il 16 aprile a Milano.

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