Giordano Tedoldi per Libero Quotidiano
DANIELE GATTI
La ghigliottina del #metoo continua a lavorare a pieno ritmo, e da qualche tempo ha trovato territori vergini nel mondo della musica classica.
La prima testa di peso a cadere è stata quella di James Levine (direttore del Metropolitan di New York, uno dei principali teatri lirici del mondo) accusato di molestie nei confronti di «giovani artisti di sesso maschile, vulnerabili e alle prime armi», nelle parole della direzione del teatro.
La scorsa settimana un articolo del Washington Post ha chiamato sul banco degli imputati, o meglio sarebbe dire al palco della ghigliottina, vista la speditezza sommaria di processo e condanna, due celebri musicisti: William Preucill, violino di spalla dell' orchestra di Cleveland, una delle grandi orchestre americane insieme con quella di New York, Chicago, Boston e Philadelphia, e soprattutto il direttore d' orchestra Daniele Gatti, ampiamente considerato uno dei maggiori talenti della generazione successiva agli Abbado e ai Muti.
Da due anni Gatti era il direttore principale dell' orchestra reale del Concertgebouw di Amsterdam che, oggi, non sarà forse come titolano certi giornali per amor di scandalo, "la migliore orchestra del mondo", ma è un' istituzione leggendaria e una compagine musicale formidabile. Abbiamo scritto che Gatti era il direttore, all' imperfetto, perché nel giro di una settimana, Gatti è stato cacciato senz' appello dal podio del Concertgebouw.
DANIELE GATTI
FIDUCIA PERSA Nel comunicato del direttore generale dell' orchestra olandese si spiega che le accuse hanno irrimediabilmente compromesso il rapporto di fiducia tra Gatti e i musicisti e che, sulla scia delle denunce, alcune donne dell' orchestra hanno menzionato comportamenti non appropriati di Gatti nei loro confronti. Ma le principali accuse a Gatti, quelle che hanno provocato il suo licenziamento, sono antiche, e vengono mosse da due soprano, Alicia Berneche, all' epoca 24enne (Gatti ne aveva 34 anni e la sua carriera in piena ascesa) che riferisce un fatto del 1996, all' Opera di Chicago, e Jeanne-Michèle Charbonnet, che ha raccontato un episodio avvenuto nel 2000 al Comunale di Bologna, mentre si preparava l'"Olandese Volante" di Wagner.
#metoo
La Berneche racconta che Gatti le propose di provare nel suo camerino ma una volta entrata «mi sono trovata le sue mani sul posteriore, e la sua lingua nella gola». Un' amica della cantante ha confermato al Washington Post che allora la Berneche le parlò dell' accaduto. Qualcosa di simile racconta anche la Charbonnet, che respinse il maestro e uscì di corsa dal camerino di Gatti.
Al Comunale non fu più chiamata, osserva il Post. Dopo la pubblicazione delle accuse, Gatti ha incaricato una società, la Reputation Doctor, di gestire la patata bollente. Evidentemente senza grande successo: la prima reazione del maestro ricalca quasi parola per parola le tante che abbiamo letto da altri coinvolti nel ciclone #metoo: «A tutte le donne che ho incontrato in tutta la mia vita, specialmente quelle che credono che io non le abbia trattate con la dignità e il rispetto massimo che certamente meritano, chiedo sinceramente scusa dal profondo del cuore.
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Da oggi in avanti, intendo focalizzarmi molto di più sui miei comportamenti e azioni nei confronti di tutte le donne. Donne giovani e non, per far sì che nessuna donna si senta di nuovo a disagio, specialmente le donne con le quali lavoro nella mia posizione di musicista. Sono davvero dispiaciuto».
SCUSE VANE Parole di scuse, ma senza alcuna specifica ammissione di responsabilità, che non devono aver persuaso il Concertgebouw che ieri ha comunicato l' esonero di Gatti. Bisogna osservare che, in ogni caso, come riferiscono vari siti specializzati, le accuse di molestie contro Gatti sono un po' la goccia che fa traboccare il vaso, perché già da tempo tra i musicisti dell' orchestra olandese e il direttore milanese i rapporti non erano idilliaci.
DANIELE GATTI
Lo dimostra anche la nota di risposta al licenziamento diffusa da Gatti tramite il suo avvocato: Gatti si dice «esterrefatto e respinge fortemente qualsiasi tipo di accusa», e parla di «campagna diffamatoria».
Anche James Levine - ora è in causa col Metropolitan - reagì in modo simile. Si profila quindi un' altra battaglia in tribunale ma intanto, in perfetto stile #metoo, l' accusato è già stato punito con la perdita di un prestigioso incarico e additato al pubblico disprezzo.
Di chi sarà la prossima testa che rotolerà nella cesta prima che le accuse vengano confermate da una sentenza definitiva?
TWEET PIERLUIGI DIACO
diaco
A latitare non è la giustizia, ma il rispetto della dignità delle persone accusate. Sul #casobrizzi così come su #danielegatti, le presunte donne molestate sembrano denunciare solo x vendetta o x elemosinare attenzione mediatica. Ecco svelata l'altra faccia del movimento #metoo
CAMPAGNA DI DENUNCIA DELLE MOLESTIE METOO CAMPAGNA DI DENUNCIA DELLE MOLESTIE METOO