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Lavinia Farnese per www.vanityfair.it
Ognuno ha la propria inquietudine. Quella che sotto al tavolo agita le gambe e sopra fa vivissimi gli occhi di Elisabetta Canalis in una bakery di Milano non è scura, di fondo: riluce, governa.
La conosce chi è innamorato della vita – della propria più che delle altre – e ha capito che qui, da perdere, non c’è proprio niente se non noi stessi. Perciò tanto vale volersi (e farsi) del bene.
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Crescere senza rimpiangersi, cambiare senza spaventarsi.
Quarant’anni a settembre, incredibile a dirsi ne sono passati quasi venti da quando, velina di Striscia la notizia assieme a Maddalena Corvaglia, non tratteneva la gelosia per il fidanzato calciatore, il bomber Christian «Bobo» Vieri. Poi c’è stato il tratto glamour con George Clooney, gli abiti petrolio lunghi sui red carpet dei festival internazionali. Così scoprì l’America, dove adesso ha casa (a Los Angeles), figlia (Skyler Eva) e un’attività tutta nuova che niente c’entra con lo spettacolo (è una palestra/centro di fisioterapia e riabilitazione) con il marito Brian Perri, luminare in ortopedia e chirurgia, direttore tra l’altro a L.A. di una clinica specializzata nella cura della spina dorsale.
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L’Italia diventa una pizza piccante al pesto per cui è diventata famosa tra i vicini («ma quando ho invitato a cena De Gregori e la moglie ho preferito un barbecue») o resta un aeroporto in cui tornare per lavoro (in autunno sarà nella seconda stagione dell’Isola di Pietro, la fiction di Canale 5 con Gianni Morandi, girata a Carloforte) o per riprendersi la forza delle radici, d’estate ad Alghero, con madre, bambina, amici. Nel mare della sua infanzia. Negli slarghi con i luna park stagionali ai bordi delle strade.
È alla base delle montagne russe. Chi porta su con sé?
«Maddalena, mia amica dai tempi del bancone di Antonio Ricci. Calma anche nei momenti drammatici. Ha sempre una spiegazione per tutto. Siamo state fortunate e brave a rimanere complici».
Sulla ruota panoramica?
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«Mio marito. Era il 2013, e di ritorno da un discorso che avevo tenuto in una cerimonia charity all’ambasciata italiana di Washington, ero tutta incordata. “Mi ci vorrebbe un massaggio”, buttai lì alla mia agente. Lei: “Ti ci vorrebbe Brian, massimo esperto di spine surgery”. “Non esageriamo”. “Guarda che è bravissimo”. “Magari anche carino”. “Lo è”. “Sicuramente sposato, divorziato con figli”. “No”. E mi fa vedere una sua foto sul cellulare. “Che figo”, pensai. Da lì, ho fatto di tutto per conoscerlo e mettermici insieme. Compresa una fuga a New York inventando una balla con la produzione di Zelig, il programma in cui ero impegnata. Era la festa del Ringraziamento. Ancora ci batte il cuore, a camminare per Central Park e ricordarci di quei primi momenti».
E adesso?
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«È come se ci fosse un filo invisibile che ci unisce. So che se dovessi trovarmi in pericolo in un qualsiasi posto, lui arriverebbe. Anche quando mi perdo al supermercato, lui sbuca sempre».
Com’è essere imprenditrici?
«Non tutto rose e fiori. Gli inizi sono di sforzi economici. Se funziona, ci vai a pari. Se continui a crederci, reinvesti subito. Aprire una palestra a Los Angeles, poi, è come aprire una pizzeria a Napoli. E la regola per vincere è solo una: essere sempre all’avanguardia delle avanguardie. Così, spazio outdoor con vista sulle colline di Beverly Hills, macchinari italiani come Technogym e corsi accelerati, nel mio caso di contabilità e bilanci: imparare il dizionario specifico».
Recitare le manca?
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«Mai avuto il sacro fuoco, e questo credo sia ormai chiaro a tutti. Lo sappiamo, è negli sketch comici che do il meglio, ma le proposte superano l’oceano, e arrivano. E adesso che mia figlia ha quasi tre anni, si possono anche accettare».
Come ha trovato Morandi? Non lavoravate insieme dal Festival di Sanremo.
«Si parla sempre delle sue mani enormi, di queste braccia lunghissime che ha. Ma è ufficialmente l’uomo con più capelli che io abbia mai visto. Mi fa morire dal ridere. Mi ha accolto sul balcone, in mutande, leggendo il giornale. Come nulla fosse».
Quarant’anni il 12 settembre: che passaggio è?
«Sarà forse perché rassicurata da un marito così equilibrato, ma io mi sento ancora le farfalline nella testa. Sono nel pieno della mia terza esistenza: nella prima avrei dovuto iscrivermi a Medicina e diventare radiologa, come mio padre, o cattedratica, come mia madre; nella seconda sono stata sotto i riflettori così accesi da abbagliarmi; in questa a volte apro i giornali, sfoglio la gogna mediatica di cui a lungo sono stata protagonista: è incinta, è rifatta, si è lasciata, è stata tradita, come si è combinata. E tiro un sospiro di sollievo. Dallo spettacolo ho avuto più di quel che speravo, non ho mai sognato di diventare Raffaella Carrà. No, indietro non tornerei».
Ai suoi 20?
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«Ricci mi insegnò la disciplina sul lavoro. Che ognuno deve fare il proprio, al meglio. Che se sei la più giovane, devi andare via per ultima. Che ci vuole rispetto per le maestranze, perché solo i dettagli fanno un insieme che funziona».
Neanche ai tempi di Venezia con George Clooney?
«Ma proprio zero».
Lo voterebbe, se si candidasse alle presidenziali Usa?
«Mai. Le nostre idee politiche sono sempre state diverse, oserei dire opposte. Non conciliabili. Ed erano motivo di dissidio».
Ha raccontato di avere ricevuto avance da Weinstein. Di #MeToo che pensa?
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«Che non può includere tutto: c’è un bel divario tra chi è stata sessualmente abusata, stuprata, e chi si è portata a casa il lavoro. Di buono c’è che chi approfitta del proprio potere, ora ci penserà dieci volte prima di avere una carriera distrutta per la denuncia di una ragazza. Per il resto, gli uomini devono rimanere uomini. Io non rinuncio al complimento, a quello sguardo audace. Me lo sento addosso, sì, e che male c’è? Da quando avevo 14 anni. L’ho rimandato al mittente quando non mi interessava, e l’ho ricambiato quando invece sì».
Com’è il governo giallo-verde visto dalla California?
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«C’è confusione. In uno Stato liberale, non sai come spiegare che è una coalizione non eletta dal popolo. Ma tanto si finisce sempre a parlare di Silvio Berlusconi. Te lo chiedono con il sorrisetto. “E il Bunga Bunga?”. Dopo Trump, ridono meno, però».
Il sogno americano esiste ancora?
«Sì. Perché è un Paese innamorato della sua bandiera e onora la sua storia, benché piccolissima rispetto alla nostra».
Suo marito è patriottico?
«Conservatore cattolico, viene dalla Pennsylvania, ma con origini italiane, il che lo rende ancora più fiero. Decimo di dodici figli, per i 90 anni di sua madre Prudence, tutti insieme le hanno fatto un regalo indimenticabile: la messa in salotto, con prete a domicilio. Una domenica ho provato a saltare la chiesa, perché il sabato avevamo già partecipato a un battesimo. Lei mi ha sentita, dall’altra stanza: “Non provarci, eh”».
Lei non voleva figli.
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«Vero. Ma poi l’ho cercata, femmina com’è. È un miracolo che si compie davanti agli occhi ogni giorno. La sto crescendo selvaggia, non l’ho mai tirata su da un pavimento, neanche quando era più piccolina. Ho sempre voluto che imparasse a cavarsela da sola. Anche nel buio, prima di addormentarsi, per evitare che associasse il pianto con le attenzioni. Se cominci a usare il primo per avere le seconde, te le daranno, ti piacerà al punto da farne un metodo, sbagliando. E non smetterai».
Prima di Skyler Eva, ha avuto un aborto.
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«Non esterno mai le mie cose, quelle brutte soprattutto, non amo diventare un caso umano. Ma quando mi è successo di perdere il bambino scriverlo mi aiutò, e aiutò tantissime altre donne a cui era capitato. Ci siamo date una carezza a vicenda».
Bobo Vieri, suo ex storico, sta per diventare papà. Che effetto fa?
«Quando l’ho chiamato per fargli le congratulazioni, mi è venuto da piangere, ma con il sorriso, felice, come succede solo con le persone che a dispetto del tempo che passa rimangono importanti».
Com’è invecchiare?
«L’alternativa è peggiore».
Si rifà?
«Qualche punturina sulla fronte, qualche aggiustata qui e lì. Senza trasformarsi in una maschera. Non voglio finire come certe donne che preferiscono diventare finte anziché vecchie. Intanto ho smesso di fumare, e la mia pelle è rinata».
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