Andrea Carugati per ‘La Stampa’
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Ci vuole coraggio, e anche un po' di incoscienza, per gridare «in Sicilia cambieremo tuttooo» a una manciata di chilometri dalla casa natale di Leonardo Sciascia a Racalmuto. Eppure, dalla piazzetta di Favara, paesone sulle colline che arrivano fino al mare di Agrigento, i «tre tenori» del M5S (Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e il candidato governatore Giancarlo Cancelleri) sfidano la storia e la letteratura, promettendo a qualche centinaia di presenti una rivoluzione giacobina, dove a saltare non saranno le teste coronate ma vitalizi, stipendi e autoblu della ricchissima dotazione del Parlamento siciliano.
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L' esempio di Roma, dove le promesse si sono subito infrante sui debiti, le buche e gli autobus da rottamare, sembra non aver fatto scuola. Nemmeno qui a Favara, e nella vicina Porto Empedocle, dove i neosindaci grillini sono stati costretti a dichiarare il dissesto finanziario. Per colpe non loro, ovviamente. Ma è chiaro che la rassegnazione e l' astensione sono fantasmi che agitano anche il sonno dei leader a 5 Stelle, che pure in questa fine agosto occupano il campo da soli, mentre i due vecchi poli annaspano alla ricerca delle coalizioni e dei candidati.
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«Ora mancano solo gli avversari», sorride Di Maio nella piazzetta di Favara.
«Pd e Forza Italia si litigano il 5% di Alfano per poter perdere con dignità, si vede che sono proprio alla canna del gas e continuano a usare l' isola come merce di scambio sui tavoli romani». «Il voto del 5 novembre è un referendum sulla partitocrazia in questa regione: i siciliani devono decidere se mandarli a casa o tenerseli per sempre. Questo treno non passerà più». E ancora: «Nel 2012 qui siamo stati primo partito e poi nel 2013 a livello nazionale. Se vinciamo, dopo pochi mesi saremo al governo della nazione», ragiona Di Maio, sfidando la scaramanzia.
Berlusconi e Renzi
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L' arrivo a Palermo di Berlusconi, che potrebbe trattenersi per un mese per sfidare il primato dei 5 Stelle, suscita qualche sorrisetto che nasconde la preoccupazione: «Qui Forza Italia ha imperato per anni, quando vinceva 61 a zero nei collegi. Hanno già dato senza risolvere nulla», si scalda il vicepresidente della Camera. Dibba al solito ha modi più spicci: «In un Paese normale un condannato per frode fiscale sparirebbe dalla scena. Invece in Italia viene trattato come uno statista ma sono convinto che, tra l' originale e la copia Renzi, gli elettori scelgono il primo».
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«Il più odiato è sicuramente Renzi», sentenzia Di Maio. «In Sicilia la Buona scuola e il Jobs Act hanno colpito più duro che altrove: se andremo al governo le cancelleremo subito insieme alla legge Fornero».
Per il M5S è il primo tour al 100% senza Grillo. Beppe è in Costa Smeralda e qui non viene neppure citato dal palco. E' una prova generale di quello che avverrà alle Politiche, e anche una prova di maturità per il ticket pentastellato. La parola d' ordine, al netto degli strali contro i partiti, la casta e le auto blu, è «credibilità». «Sui tagli degli stipendi abbiamo dato prova che facciamo sul serio», dice Di Battista. «In cinque anni mi sono tagliato 250 mila euro», il grido dolente di Cancelleri dal palco.
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«La mia compagna mi chiede se sono matto. Ma io quei soldi non li vogliooo». C' è il tentativo di passare dalla protesta alla proposta. Non a caso Di Maio, tra una piazza e un bagno (con selfie) alla Scala dei Turchi, incontra imprenditori, incubatori di imprese come all' Università di Messina. E chiede alle «forze migliori» di «dare una mano» perché «il nostro programma è in divenire». «Noi vogliamo unire tutta la Sicilia, lavoreremo a fianco dei sindaci di tutti i colori politici». Non a caso il candidato premier va a trovare il sindaco antiabusivismo di Licata Angelo Cambiano, defenestrato per la sua lotta pro demolizioni, con cui nei giorni scorsi erano volate scintille per via della frasi di Di Maio a proposito dell'«abusivismo di necessità».
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Ora invece sono lodi sperticate.
Lo arruolerete? «Non esiste», taglia corto Cancelleri.
Le «mini» tappe
Di questo tour, che chiuderà il 28 agosto, colpiscono le tappe: non c' è neppure una grande città. «E' un tour estivo per le zone costiere», spiega Di Maio. Ma c' è anche un tema di affluenza.
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Domenica sera a Favara c' erano alcune centinaia di persone che nelle parole di Dibba sono diventate «migliaia». Eppure «questa è stata una delle piazze più partecipate», ci spiega il deputato. Un tour che da Ragusa a Bagheria, passando per Favara, Alcamo, Pietraperzia e Porto Empedocle, su 16 tappe ne vede oltre un terzo giocato in casa, in cittadine governate dal Movimento. Dove i problemi non mancano, compresa una indagine a carico del sindaco di Alcamo Domenico Surdi. «Ma in poco tempo abbiamo raggiunto ottimi risultati nella raccolta differenziata», la replica in corso di Dibba e Di Maio.
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Gli attivisti dal pomeriggio allestiscono i palchi, provano i microfoni. I tre leader invece girano con i pulmini elettrici, uno lo guida Cancelleri, a bordo (come un gruppetto in vacanza) ci sono la compagna Elena (titolare di una boutique di abbigliamento), Di Maio e la fidanzata Silvia Virgulti. Le due coppie si fermano a lungo nei cortili tirati a lustro della Farm di Favara per un servizio fotografico a quattro, per un settimanale patinato: camicie bianche per gli uomini, che cingono i fianchi delle aspiranti first lady. In viaggio c' è anche Sahra, la compagna francese di Dibba, incinta all' ottavo mese.
Il dress code
La regia mediatica è attentissima: dietro lo storytelling dei tre amici e l' epopea picaresca della Sicilia «coast to coast», con tanto di foto subacquee e marinare, c' è un lungo lavoro che prevede un dress code preciso: per Di Maio le polo di giorno e le camicie bianche di sera, per Dibba look più scapigliato, compreso l' asciugamano bianco con cui si asciuga direttamente sul palco mentre gli altri due arringano la folla. L' accurato «divismo della porta accanto» riguarda soprattutto lui. Dalla platea gli affidano neonati e lui li abbraccia accennando il movimento della culla. A Di Maio gridano: «Come sei abbronzatooo». E lui: «E' il sole siciliano su un napoletano».
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Poi è il momento degli autografi sulla magliette: 4 euro l' una, ogni sera ne vanno via a centinaia. «Ci finanziamo così, non abbiamo padroni», tuona Di Battista. Ma poi dallo staff ammettono che un tour così lungo, con una dozzina di persone (compresi gli staff), e con alberghi a 4 stelle, non si finanzia solo con le magliette. «Ma noi fidanzate siamo a spese nostre», precisa la Virgulti, che di mestiere cura la comunicazione per il M5S alla Camera. «Viene spesato solo chi è qui per lavoro». Dibba va al sodo: «Nessun' altro come noi passa le ferie in giro a incontrare la gente».
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