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    IL GIOCO DI RUOLO DI SALVINI E GIORGETTI: UNO ACCENDE LA MICCIA E L'ALTRO LA SPEGNE - SE IL "CAPITONE" ATTACCA IL GREEN PASS, IL SUO NUMERO 2 LO DIFENDE: "SERVE A RIAPRIRE TUTTO, È UNA MISURA DI LIBERTÀ" - UNA SCENEGGIATA DI LOTTA E DI GOVERNO CHE NON AIUTA NEI SONDAGGI E TRANQUILLIZZA DRAGHI: ALLA FINE LA LEGA S'ACCUCCIA SEMPRE - INFATTI VOTERA' ANCHE IL DECRETO-BIS SUL GREEN PASS (CHE ESTENDE A 72 ORE LA VALIDITÀ DEL TAMPONE E INTRODUCE L'OBBLIGO ANCHE PER IL PERSONALE NON DOCENTE NELLE SCUOLE)


     
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    Carlo Bertini per "la Stampa"

     

    matteo salvini e giancarlo giorgetti 8 matteo salvini e giancarlo giorgetti 8

    «Il Green Pass obbligatorio serve a riaprire tutto, è una misura di libertà», dice Giancarlo Giorgetti agli imprenditori del salone della Calzatura. C'è un Salvini che fa campagna elettorale e c'è un Giorgetti che tranquillizza il nord produttivo: schema semplice, quello della doppia Lega di lotta e di governo, messo in scena anche ieri come sempre. Schema che però non sembra dare i suoi frutti, se son veri i sondaggi che vedono la destra sfavorita alle amministrative tra due settimane. Schema che Draghi inoltre non considera insidioso: alla prova dei fatti la Lega si allinea sempre.

     

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    Ne è la prova la decisione del governo, d'intesa con tutti i capigruppo, leghisti compresi, di porre la fiducia oggi alla Camera anche sul decreto bis del Green Pass (che estende a 72 ore la validità del tampone e introduce l'obbligo anche per il personale non docente nelle scuole). Così come il cammino in discesa che attende il «decreto bollette» che sarà varato venerdì, visto che tutti i partiti in campagna elettorale pompano misure per le tasche degli elettori. Diversa la strada della manovra d'autunno, che entra nel vivo in questi giorni e del Reddito di cittadinanza, che crea tensioni nella maggioranza, temi che terranno banco nelle settimane di campagna elettorale.

     

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    Ma anche se lasciato al suo destino da Forza Italia, Salvini non cambia gioco, sente il fiato sul collo dell'avversaria a destra Giorgia Meloni. E fa il duro, malgrado le crepe comincino a indebolire il suo palcoscenico di una Lega di lotta e di governo. In un suo discorso a Pordenone, pur smentendosi subito dopo, sembra alludere alla possibilità di un disimpegno dal governo se le elezioni dovessero andare male.

     

    «Se l'entusiasmo in questa piazza ci accompagna anche negli ultimi quindici giorni, da qui al voto, la Lega è e rimane al Governo», dice, per poi ribadire che «se vogliono uscire escano loro, si accomodino Letta e Conte, noi stiamo qua a combattere e abbiamo impedito l'obbligo vaccinale, tasse e sbarchi». Si vedrà come si regolerà il Capitano se dopo il 15 ottobre, secondo una voce che circola, il governo dovesse veramente introdurre l'obbligo vaccinale. Ma tant' è. Per ora continua a fare il duro e usa toni pop: «Il tampone deve essere rapido, salivare e gratuito», avverte. Ma gli fanno eco note ben più istituzionali del ministro dello Sviluppo.

     

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    «L'estensione del Green Pass è una misura di libertà», afferma Giorgetti. E tanto per essere più chiaro, affonda: «L'alternativa era rischiare di tornare indietro a situazioni che non vorremmo più rivedere». Salvini è servito. Ma l'impressione di un leader accerchiato dai colonnelli in abito monacale non deve trarre in inganno: troppo larga è la faglia tra le due leghe, da non far sorgere alla fine il sospetto che sia sempre un gioco delle parti.

     

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    «Più cercano di dividerci e più ci rafforzano» incalza infatti il Capitano, strappando un facile applauso da una platea di militanti sotto al palco su cui siede accanto al governatore del Veneto, Luca Zaia, che annuisce. Fatto sta che l'obbligo del Green Pass, fa impennare le vaccinazioni, specie tra dipendenti e partite Iva: e fa impennare pure i toni di Salvini, che per uscire dall'angolo si mostra minaccioso: «Se Pd e M5S vogliono tornare alla legge Fornero, la Lega farà le barricate dentro e fuori dal Parlamento».

     

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    Certo, lo stesso Salvini ammette di avere vita dura da quando è al governo con gli avversari. Se Enrico Letta lo provoca, nel consueto duello a distanza per la campagna elettorale («Salvini è del tutto irrilevante sull'agenda di governo, quello che dice non si fa, per questo cose stanno andando bene»), lui gli ribatte con un colpo basso, «più sedie vuote che cittadini stamattina per Letta e il Pd a Cosenza, altro che sondaggi...». -

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