Marco Giusti per Dagospia
Teresa Saponangelo
“Ma che brava che è Teresa Saponangelo”. Vedendo “E’ stata la mano di Dio”, dove interpreta la madre del giovane Paolo Sorrentino nonché moglie di Toni Servillo, lo si nota davvero tanto. Luminosa, divertente, ma anche drammatica e furiosa. Rende allegro e leggero anche Servillo.
E assolutamente vera, reale, mai artefatta, senza birignao, senza nessuna teatralità e capace, davvero, di interpretare qualsiasi ruolo. Se la vedete in “Il buco in testa”, incredibile film di Antonio Capuano assurdamente snobbato da Venezia (Capuano è ancora incazzato con Barbera), dove ha vinto un Nastro d’Argento quest’anno e dove fa un ruolo ultradrammatico, la figlia di un carabiniere ucciso da un terrorista negli anni di piombo che vuole incontrare l’assassino del padre, Tommaso Ragno, si rimane impressionati dalla sua forza.
Teresa Saponangelo
E da quel che Capuano, ormai riconosciuto come il maestro di Sorrentino, che la conosce bene, è riuscito a costruire e ottenere negli anni da lei. Visto che l’ha diretta fin da giovanissima, sia al cinema che a teatro. La ricordo in un complicato monologo scritto da Francesco Piccolo eseguito su un palo da lap dance che lei percorreva in su e in giù. Dago è assolutamente impazzito quando l’ha vista nel suo incredibile episodio, appena ventenne, in “Polvere di Napoli” di Antonio Capuano, ideato e scritto anche da un giovanissimo Sorrentino.
Teresa Saponangelo
L’ha trovata carnale, reale, fenomenale. Una Anna Magnani del Duemila. Ha un incredibile monologo in napoletano, che recita a una velocità incredibile, ripresa in prima piano strettissimo prima di prendere un autobus negli stessi set a Marechiaro dove la ritroveremo vent’anni dopo in “Il buco in testa”.
Teresa Saponangelo
Allora colpì molto anche me, tanto che la chiamai più volte in tv nei miei programmi. Perché Teresa è anche un'attrice comica di talento. Può tenere testa a chiunque. E potrebbe essere una nuova Franca Valeri, l’ho sempre detto. Ma che ha davvero molte marce in più lo hanno notato, oltre a me e a Dago, anche i giurati, anzi le tante giurate dell'ultimo Festival di Venezia, che avrebbero tanto voluto premiarla come Miglior Attrice Protagonista, in barba a Penelope Cruz, e poi hanno preferito premiare, forse giustamente, il film con il Leone d’Argento, mi ha detto Saverio Costanzo, che era l’unico italiano in giuria.
Teresa Saponangelo
Non so esattamente perché non ha fatto, fino a oggi, la carriera che un’attrice come lei avrebbe potuto fare in altri paesi. Magari i registi, i produttori vogliono andare sul sicuro e pensano che il pubblico voglia vedere sempre quelle quattro-cinque attrici che hanno un nome con birignao incorporato.
Ma Teresa era una forza della natura sia nei suoi primissimi film, un ruolino in “Ferie d’agosto” di Paolo Virzì come figlia di Mario Scarpetta, già meglio in “Pianese Nunzio, 14 anni a maggio” di Capuano, “Le acrobate” di Silvio Soldini. Se Capuano l’ha fatta crescere dentro il suo cinema e senza mai abbondare Napoli, facendone la sua principale attrice, Sergio Rubini da regista le ha offerto un ruolo importante in “Tutto l’amore che c’è”, dove faceva la ragazza pugliese, cosa che è, visto che è mezza napoletana e mezza pugliese, e ce l’ha fatta vedere più sexy e sensuale, come auspica Dago, che invito a vedere le sue scene d’amore nel film.
Teresa Saponangelo
Rubini, riconoscendone il valore, da attore l’ha voluta vicino a sé in altri film anche recenti, come “La stoffa dei sogni” di Gianfranco Cabiddu e “Il bene mio” di Pippo Mezzapesa. Purtroppo i due film che ha girato da protagonista diretti da due registe, la graziosa commedia “In principio erano le mutande” di Anna Negri e il noiosissimo mélo sub-morettiano “Te lo leggo negli occhi” di Valia Santella, prodotto e supervisionato proprio da Nanni Moretti, finito anche a Venezia, invece di aiutarla a crescere, l’hanno riportata indietro.
Teresa Saponangelo
Valia Santella, ricordo, al suo primo e unico film da regista, prima di diventare sceneggiatrice di fiducia di Moretti, la inquadrava sempre di nuca, senza primi piani, non capendo che la forza di Teresa è nel primo piano, nella mobilità del volto, negli occhi. No. Ne ha fatto una martire morettiana mal vestita e mal truccata pronta al massacro.
Teresa Saponangelo
Aveva un ruolo degno di lei, quello di un'artista napoletana, Maria Palliggiano, nell’opera anche qui prima e unica, poverissima e un po’ sconclusionata, di Silvana Maja, “Ossidiana”. Teresa era bravissima, aveva anche un partner meraviglioso come Renato Carpentieri, ma il film oltre a essere tecnicamente lacunoso non ha avuto una gran distribuzione. Peccato.
Ricordiamo che era stata anche la prima a portare a teatro un testo importante di Michela Murgia sulle ragazze sfruttate dei call center che verrà poi portato in scena, con molti cambiamenti da Paolo Virzì con Isabella Ragonese bravissima protagonista in “Tutta la vita davanti”.
Teresa Saponangelo
Ma quel ruolo lo aveva costruito a teatro Teresa, e infatti, come contentino, la si vede come spettacolo nello spettacolo. Un po' poco. Devo dire che è proprio grazie a Sorrentino, e a Capuano, anche se “Il buco in testa” ha avuto, in pieno Covid, una distribuzione insignificante, che l’abbiamo vista ritornare alla ribalta con la grinta e la passione dei suoi inizi.
Dice Dago, che l’ha scoperta da pochissimo, che è un talento mai visto. Se rivedete su Amazon il suo episodio di “Polvere di Napoli” ve ne potete rendere conto. E provate per un attimo a pensare quale altra attrice italiana è in grado di recitare così.
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