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    IL DIVANO DEI GIUSTI – VEDO CHE C'È UNA POSSIBILE SCELTA TRA L’EROTICHELLO SADIANO PIÙ ACCULTURATO “L’EDUCAZIONE SENTIMENTALE DI EUGÉNIE” DI AURELIO GRIMALDI, CON LA GIORNALISTA ANTONELLA SALVUCCI QUI NUDISSIMA E L’EROTICO PIÙ PROFESSIONALE DI JOE D’AMATO “DIRTY LOVE”. È UNA SORTA DI “FLASH DANCE” PORNO, BOLLATO COME TERRIBILE DA QUASI TUTTI I FAN DI CINEMA DI GENERE, CON VALENTINE DEMY A UN PASSO DALL’HARD CHE CERCA DI FAR LA BALLERINA CON EFFETTI UN PO’ DISASTROSI – VIDEO


     
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    gillian anderson margaret thatcher in the crown gillian anderson margaret thatcher in the crown

    Marco Giusti per Dagospia

     

    Mentre prosegue inesorabilmente la visione casalinga di “The Crown”, ieri mi sono addormentato pesantemente alla sesta o settima puntata, e trovo sempre Olivia Colman brava ma un po’ buzzicona come The Queen, Gillian Anderson veramente sopra le righe come Margareth Thatcher, ma è la moglie dell’ideatore Peter Morgan quindi…, un filo cartolineschi ma giusti Carlo e Diana e sempre strepitosa Helena Bonham Carter come principessa Margareth, vedo che stasera proseguono su Cine 34 le celebrazioni verdonaniane con “Acqua e sapone” alle 21, mentre Iris si spara il premio Oscar  “Mediterraneo” di Gabriele Salvatores alle 21.

    acqua e sapone acqua e sapone

     

    Tutti film prodotto da Vittorio Cecchi Gori, come l’ottimo “My Name Is Tanino” di Paolo Virzì, in onda alle 23 su Cine 34, che ebbe una sfortunata distribuzione. E poi c’è chi dice, a casa Mediaset, che la library Cecchi Gori non ha gran valore… Ma da quanti anni i canali berlusconiani stanno trasmettendo i film dei Cecchi Gori a pioggia, vorrei sapere.

     

    my name is tanino my name is tanino

    In “My Name Is Tanino”, oltre alla presenza di Rachel McAdams e della stracultissima Licinia Lentini, c’è anche una delle primissime battute sulla prima vittoria politica di Berlusconi, cosa rarissima nell’eroico cinema italiano degli anni ’90.

     

    rachel mcadams my name is tanino rachel mcadams my name is tanino

    Un film, comunque, che mi ricordo, devo dire, a differenze del ben più recente “Beata ignoranza” di Massimiliano Bruno, Rai Movie alle 21, 10, del quale non mi ricordo praticamente nulla, malgrado i protagonisti siano Alessandro Gassman e Marco Giallini. Leggo, proprio sulle mie vecchie recensioni per Dago, che è un film, forse il primo film italiano, su sempreconnessi e non connessi. Con Giallini, professore (mah?), che non vuole proprio essere connesso.

     

    alessandro gassman beata ignoranza alessandro gassman beata ignoranza

    “Adesso puoi comunicare con miliardi di persone in tutto il mondo!”, cinguetta la ragazza che ha connesso il padre Giallini con lo smartphone. “E che cazzo ciavemo da disse?!” è la giusta risposta di Marco Giallini. Infatti, “e che cazzo ciavemo da disse” è un po’ quello che in tanti pensiamo della frenesia da connesso-dipendente di tante persone rovinate dall’uso scriteriato dello smartphone e dei social. Scrivevo. Descrivendo poi il film come squinternato, caciarone, ma simpatico.

    alessandro gassman marco giallini beata ignoranza alessandro gassman marco giallini beata ignoranza

     

    Una commedia, insomma, che cercava di fare un po’ il punto su smartphone sì o no, connessione continua oppure sticazzi. Lo faceva, ora ricordo, in maniera assolutamente poco strutturata, ma con tante piccole invenzioni, gag, intuizioni che finisce per intrattenerci sempre con piacere.

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    C’è il ragazzetto obbligato a consegnare il cellulare al suo professore, Giallini, che parla a casa col padre, “A papà, ricordati le cotolette panate!”. C’è Giallini che inizia a recitare malamente “A Zacinto” di Ugo Foscolo davanti a una classe esterrefatta. Ma che piacere che ci fa (la scuola funziona sempre nel nostro cinema), soprattutto ora che le scuole sono a distanza, uffa. Viene citato addirittura Jonathan Franzen.

     

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    E noi che pensavamo che nel titolo, Beata ignoranza, ci fosse un accenno a una celebre battuta del Don Buro vanziniano, “Saremo puro burini ma beata l'ignoranza, se stai bene de mente, de core e de panza”.

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    Alle 23 vedo che c’è una possibile scelta tra l’erotichello sadiano più acculturato “L’educazione sentimentale di Eugénie” di Aurelio Grimaldi, regista stracultissimo, con la giornalista Antonella Salvucci qui nudissima come Madame de Saint-Ange e la sconosciuta Sara Sartini come virginale Eugénie da educare all’erotismo, Cielo tv, e l’erotico più professionale di Joe D’Amato “Dirty Love” su Cine 34, una sorta di “Flash Dance” porno bollato come terribile da quasi tutti i fan di cinema di genere con Valentine Demy a un passo dall’hard che cerca di far la ballerina con effetti un po’ disastrosi.

    l’educazione sentimentale di eugenie 22 l’educazione sentimentale di eugenie 22

     

    Il film di Grimaldi, che venne massacrato dalla critica alla sua uscita, lo ricordo soprattutto perché tra i primi girati in digitale, a bassissimo costo, in quel di Palazzo Rosso a Genova. Come capita sempre più spesso i film migliori arrivano nella nottata.

     

    johnny depp eva green dark shadows johnny depp eva green dark shadows

    Andrebbe sicuramente rivisto su Italia 1 a mezzanotte “Dark Shadows” di Tim Burton con Johnny Depp, Eva Green, Helena Bonham Carter e Michelle Pfeiffer, remake della celebre serie tv americana col vampiro Barnabas Collins. Non fosse che per la fotografia meravigliosa di Bruno Delbonnel, le scenografie di Rick Heinricks, i costumi di Coleen Atwood e le musiche di Danny Elfman.

     

     

    james coburn la croce di ferro james coburn la croce di ferro

    E’ vero che Tim Burton negli ultimi 15-20 anni non è più lo stesso dei suoi “Batman”, di “Ed Wood”, di “Edward Mani di forbice”, ma nessuno sa mettere in scena meglio di lui questo tipo di  horror e di fantasy. Poteva essere meglio, certo, ma temo che non sia facile muoversi con budget così costosi. E solo con lui Johnny Depp funziona.

     

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    Ma, attenti, che all’1,45 su Iris arriva un film che aspettavo da parecchio, “La croce di ferro” tardo capolavoro di Sam Peckinpah che si sente un po’ Samuel Fuller alle prese con la Seconda Guerra Mondiale sul fronte russo e i deliri degli ufficiali tedeschi in cerca di gloria. Grande cast, James Coburn è il sergente Steiner, degradato perché si è rifiutato di fucilare i civili, Maximilian Schell come capitano Stransky, James Mason come colonnello Brandt, David Warner come capitano Kiesel e Senta Berger come Eva.

     

     

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    Girato in Jugoslavia coi soldi di un produttore tedesco di porno, tra mille difficoltà finanziarie, al punto che alla fine, per mancanza di soldi, non si girò il finale come era scritto nella sceneggiatura, ma venne improvvisato da Peckinpah e Coburn. Lo stesso regista dovette pagare di tasca sua i tecnici per portare qualche risultato a casa. Adorato da Tarantino e da Orson Welles.

     

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    La notte prosegue con un altro capolavoro, ma di genere diverso. “Dove vai se il vizietto non ce l’hai?” di Marino Girolami con Renzo Montagnani, Alvaro Vitali, Paola Senatore e Mario Carotenuto. Bruttissimo ma cultissimo. Attenti che alle 5, 50, praticamente all’alba, parte su Iris “La rosa di Bagdad” di Anton Gino Domeneghini, primo lungometraggio animato italiano del dopoguerra assieme a “I fratelli Dinamite”. Buona notte.

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