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    LE SERIE DEI GIUSTI - VEDENDO LA PRIMA INCREDIBILE PUNTATA DI ''WATCHMEN'', LA POLEMICA SCATENATA DA SCORSESE E COPPOLA CONTRO I CINECOMIC, MI È SEMBRATA DAVVERO INUTILE E LOGORA - NON SE NE PUÒ PIÙ DI FILM DI SUPEREROI PERCHÉ STANNO UCCIDENDO IL CINEMA COME NOI VECCHI CE LO RICORDIAMO. MA ATTRAVERSO I GENERI, E IL CINECOMIC È OVVIAMENTE UN GENERE, ESATTAMENTE COME IL FILM DI MAFIA ITALOAMERICANA DI SCORSESE, SI POSSONO RACCONTARE MILLE DIVERSE IDEE SULLA VITA, SULLA STORIA E SUL CINEMA STESSO


     
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    Watchmen

     

    Marco Giusti per Dagospia

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    E’ proprio vedendo la prima incredibile puntata di Watchmen, la nuova serie HBO ultrapolitica ideata da Damon Lindelof (LostThe Leftovers), scritta da ben 12 sceneggiatori, e di questi solo quattro sono bianchi, diretta da Stephen Williams, afromaericano canado-giamaicano, Andrij Parek, indo-ucraino, e da due giovani registe bianche, Nicole Kassel e Steph Green, che la recente polemica scatenata dalle dichiarazioni di Martin Scorsese e Francis Coppola contro i cinecomic, siano film fumetto o film di supereroi, mi è sembrata davvero inutile e logora. Intendiamoci. Detta così, di getto, la battuta di Scorsese, può anche essere condivisibile. Non se ne può più di film di supereroi perché questi film stanno uccidendo il cinema come noi vecchi spettatori ce lo ricordiamo.

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    Ma è vero pure che attraverso i generi, e il cinecomic è ovviamente un genere, esattamente come il noir o il film di mafia italoamericana di Scorsese, si possono raccontare mille diverse idee sulla vita, sulla storia e sul cinema stesso. Come dimostrano, guarda un po’, gli stessi film di Scorsese, da Good Fellas a The Irishman. Che non sono solo film di mafia. E che al tempo ai festival, ricordo il clamoroso esempio di Good Fellas a Venezia, non vennero premiati proprio perché violenti e di genere. Ma non sono solo cinecomic, cioè solo film di genere, titoli come Black Panther o questo Watchmen televisivo.

     

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    Film che rivoltano la storia e l’identita americana e afroamericana partendo da titoli forti e budget spaventosi. E arrivano, a differenza dei film d’arte, a un pubblico vastissimo. Lo stesso Joker di Todd Philips si serve del fumetto e del personaggio del Joker di Batman per raccontare un’altra storia, anche questa estremamente politica e sempre più lontana dal fumetto, che è ormai davvero solo uno spunto. Non solo. Arriva a sezionare due classici proprio di Martin Scorsese con Robert De Niro, Taxi Driver e King of Comedy, per costruire un racconto a metà tra dramma e commedia come fossero aspetti opposti ma complementari della società americana.

     

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    E l’ambiguità, nata dal voler etichettare tutto come dramma o commedia, porta all’esplosione non sincronica proprio di violenza e risata. Watchmen la serie, che segna un trionfo di ascolti e di critica, ma non certo un gradimento dei fan del fumetto di Alan Moore che volevano qualcosa di più simile all’opera originale, pur spargendo ovunque elementi di riconoscibilità dei personaggi e delle ambientazioni del vero Watchmen, parte da un’ambizione totalmente sovversiva e per nulla da cinecomic.

     

    Che è quella della rilettura di un terribile massacro razzista, e di quello che significò per tutto il paese, avvenuto a Tulsa, Oklahoma, nel 1921, dove polizia e bianchi poveri affiliati al Ku Klux Klan uccisero qualcosa come trecento neri ricchi nel quartiere degli affari noto come Black Wall Street. Da questo massacro, dimenticato dai libri di storia americani, la serie parte per arrivare alla situazione di guerra civile di oggi tra razzisti e neri e progressisti, anche se niente è proprio come sembra e certi personaggi, già nella prima puntata sono piuttosto ambigui. Mettiamoci anche elementi più interessanti, come il culto di Bass Reeves, il vero Lone Ranger della storia americana, assolutamente nero, che il cinema di Hollywood sbiancò fin dagli anni del muto, e che qui ritroviamo, proprio nella primissima scena, trionfare sui cattivi.

     

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    Rispetto al fumetto e al film di Zack Snyder, la serie sposta l’azione dalla New York del 1986, più o meno lo stesso anno del Joker, alla Tulsa di oggi, mostrandoci una società alternativa alla nostra dove, in un’America dove è presidente da trent’anni un progressista come Robert Redford, comandano neri e antirazzisti, mentre suprematisti bianchi e razzisti sono considerati terroristi e vengono combattuti dalla polizia e da una squadra di supereroi molto umani comandata da una donna nera, l’Angela Abar di Regina King.

     

    E’ proprio lo scoppio della guerriglia dei razzisti, che si fanno chiamare il Settimo Cavalleria, che scatena non solo il ritorno sulla scena del gruppo dei supereroi, ma anche un continuo alternarsi col passato. Perché è dal vero passato americano che la situazione di oggi si è formata. Ecco. Watchmen, come il Joker, come Black Panther, portano a un discorso più complesso sul cinema legato al fumetto di oggi, perché non sono semplici film di supereroi, ma film che tentano analisi anche profonde sull’America e sul mondo di oggi facendo i conti con un passato spesso nascosto.

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    Magari non piaceranno a tutti, ma è indubbio che hanno avuto e avranno anche un peso sull’educazione culturale di milioni e milioni di spettatori. Mi dispiace davvero. Ma il cinema che sognano Scorsese e Coppola non c’è più da almeno trent’anni.    

     

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