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    CON-TE NON ABBIAMO FINITO - MENTRE IL PREMIER RIFERIVA AL COPASIR CHE NESSUNA PROVA È STATA FORNITA AGLI AMERICANI, SU ''FOX NEWS'' SI DICEVA IL CONTRARIO: BARR E DURHAM A ROMA HANNO RACCOLTO NUOVI ELEMENTI E L'INCHIESTA SI ALLARGA - LA LETTERA CON CUI BARR IL 17 GIUGNO CHIEDEVA A VARRICCHIO, AMBASCIATORE A WASHINGTON, DI AVERE INFORMAZIONI SULL'OPERATO DI SPIE USA A ROMA. LUI RIFERISCE A CONTE, SENZA PASSARE PER IL POVERO MOAVERO, E IL PREMIER NE PARLA SOLO CON VECCHIONE


     
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    1. I PROTAGONISTI RUSSIAGATE, ECCO LA LETTERA BARR CHIESE AL PREMIER VERIFICHE SUGLI AGENTI FBI

    Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della sera

     

    donald trump william barr donald trump william barr

    «Verificare il ruolo svolto da personale Usa in servizio in Italia senza voler mettere in discussione l' operato delle autorità italiane e l' eccellente collaborazione»: eccola la richiesta presentata nel giugno scorso dal ministro della Giustizia William Barr a palazzo Chigi sul Russiagate. La lettera, datata 17 giugno, è stata inoltrata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte dall' ambasciatore a Washington Armando Varricchio.

    Non c' è stato alcun passaggio attraverso la Farnesina, il canale è stato diretto e il premier ha autorizzato ai colloqui il capo del Dis Gennaro Vecchione.

     

    WILLIAM BARR JOHN DURHAM WILLIAM BARR JOHN DURHAM

    «Non abbiamo fornito alcuna informazione riservata», ha ribadito Conte di fronte al Copasir. Ma dagli Stati Uniti arriva una diversa versione. Ad accreditarla è Fox News, televisione ritenuta vicina al presidente Donald Trump: «Durante una delle due visite effettuate a Roma, il 15 agosto e il 27 settembre, per incontrare i vertici dell' intelligence italiana, Barr e il procuratore John Durham hanno raccolto nuove prove per la loro contro-inchiesta sul Russiagate. Poi hanno deciso di ampliare il raggio della loro inchiesta sulle origini dell' indagine Fbi del 2016 sulle collusioni con la Russia».

     

    Quanto basta per comprendere come la vicenda non sia affatto conclusa e che il rapporto finale di Barr - che potrebbe essere pubblicato entro qualche settimana - potrebbe riservare nuove e clamorose sorprese.

    giuseppe conte gennaro vecchione giuseppe conte gennaro vecchione

    Al centro dell' attenzione degli Stati Uniti c' era in particolar modo un agente dell' Fbi che nel 2016 lavorava nella capitale. Durante i colloqui Barr avrebbe chiesto di conoscere i suoi contatti con l' intelligence italiana ma anche verifiche su eventuali rapporti con Joseph Mifsud, il professore che rivelò per primo allo staff di Trump l' esistenza di mail compromettenti di Hillary Clinton in possesso dei russi.

     

    Fu proprio l' Fbi a indagare sui contatti tra Trump e i russi durante la campagna per le presidenziali del 2016. E dunque Mifsud - questo è il sospetto di Barr - potrebbe essere stato la loro «talpa» per screditare Trump.

     

    «Abbiamo svolto verifiche ma non abbiamo trovato nulla», ha sostenuto Conte. Barr dice il contrario e ora si dovrà accertare che cosa sia accaduto tra il 17 giugno e il 27 settembre. Anche tenendo conto che il canale tra Varricchio e il premier è stato di «massima riservatezza» che coinvolge subito anche Vecchione. E sarà lui, adesso a dover riferire al Copasir che tipo di verifiche abbia svolto, a chi le abbia affidate e con quale risultato. Il suo primo incontro con Barr avviene a ferragosto.

     

    Mifsud con Olga Roh Mifsud con Olga Roh

    Un faccia a faccia che però non esaurisce i contatti. Subito dopo Vecchione chiede ulteriori verifiche alle due agenzie di intelligence: l' Aise diretta da Luciano Carta e l' Aisi guidata da Mario Parente. In almeno due occasioni i tre direttori affrontano l' argomento con Conte. Poi, tutti insieme, ricevono Barr e Dhuram nella sede del Dis. È il 27 settembre scorso. Adesso dovranno riferire al Copasir quali informazioni abbiano consegnato agli Stati Uniti. Consapevoli che la loro versione sarà poi confrontata con quella del «rapporto Barr».

     

     

    2. RUSSIAGATE, GLI USA GELANO IL PREMIER "DALL'ITALIA NUOVE PROVE PER L'INCHIESTA"

    Carlo Bonini e Giuliano Foschini per ''la Repubblica''

     

     

    mifsud frattini ayad mifsud frattini ayad

    I due viaggi a Roma dell' Attorney general William Barr e John Durham per raccogliere informazioni dalla nostra intelligence sul Russiagate non sono stati una scampagnata. O almeno non un inutile "scambio di cortesie", come la conferenza stampa del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha voluto accreditare non più tardi di mercoledì pomeriggio. Con un timing che non ha nulla a che vedere con le coincidenze - e questo lo hanno capito anche a Roma dove ieri sera si sono passati dei brutti quarti d' ora - la Fox News, la cable tv cinghia di trasmissione della Casa Bianca di Donald Trump, ha infatti depositato a beneficio del cortese alleato italiano un pizzino che dimostra come la faccenda sia tutt' altro che chiusa.

     

    In un servizio da Washington, apparentemente innocuo, nel sintetizzare la conferenza stampa di Conte nel solo punto utile alla contronarrazione Repubblicana ("Il presidente del consiglio italiano ha confermato i due incontri del 15 agosto e del 27 settembre con Barr e Durham"), Fox News lascia infatti scivolare una circostanza tutt' altro che neutra. «A Roma - si riferisce senza citare la fonte - l' attorney general e il procuratore hanno raccolto nuove prove che allargano l' indagine». E «avrebbero convinto il procuratore Durham dell' opportunità di interrogare James Clapper e John Brennan, direttori rispettivamente della National Intelligence e della Cia durante l' amministrazione Obama».

     

    george papadopoulos simona mangiante george papadopoulos simona mangiante

    Se dunque lo scopo della conferenza stampa di Conte era stato quello di smarcarsi dal segreto dell' audizione al Copasir per far sapere "in chiaro" a Washington (e insieme all' opinione pubblica italiana) quale era la linea del Piave su quale si era attestata la ricostruzione di Palazzo Chigi - «indagine preliminare »; «nessuna attivazione dell' intelligence italiana»; «mera ricerca di archivi»; «nessuna indagine sull' attività del governo italiano nel 2016» - il risultato ottenuto deve ora allarmare Palazzo Chigi. Con tutta evidenza, infatti, la Casa Bianca non ha nessuna intenzione di aderire alla ricostruzione italiana.

     

    E, se Fox non ha preso un abbaglio o non è stata malamente imbeccata, non solo intende dare presto conto delle nuove prove raccolte a Roma. Ma, addirittura, trasformarle nelle fondamenta di un salto di qualità delle indagini di Barr. Come ogni avviso ai naviganti, anche quello che arriva dall' America è afflitto della genericità di cui è stata generosa anche Roma (quali nuove prove?). E, non a caso, in un immediato capovolgimento di ruoli, ieri a tarda sera sono state fonti della nostra intelligence a mobilitarsi per provare a spegnere questo nuovo principio di incendio.

     

    Alle agenzie di stampa, hanno negato l' esistenza di qualsiasi "nuova prova" e, soprattutto, che la fonte di queste nuove evidenze sarebbe stata la "cortese collaborazione" offerta agli americani da Palazzo Chigi, dal Dis, da Aise e Aisi. In particolare, le stesse fonti hanno negato, come già peraltro fatto nei giorni scorsi, che sia stati la nostra intelligence a consegnare a Barr la memoria di due cellulari Blackberry utilizzati dal professore maltese Joseph Mifsud, conferenziere della Link university. E un nastro con incisa la sua voce.

     

    giuseppe conte donald trump 17 giuseppe conte donald trump 17

    Il gioco delle parti, dunque, non solo continua. Ma ragionevolmente è soltanto all' inizio. E il fantasma americano si è materializzato sull' uscio di Palazzo Chigi persino prima di quanto previsto. E tutto questo mentre il "pesce grosso" di tutta questa storia, il professore che professore non è, Joseph Mifsud, lo Zatat dell' università di Malta, continua a essere a largo. Nel buio del nostro spionaggio e controspionaggio (che evidentemente continua a ritenerlo soggetto non degno di interesse) e degli altri servizi che, ragionevolmente, lo hanno a cuore per ragioni diverse: americani, inglesi e russi.

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