Francesca Pierantozzi per "il Messaggero"
maurizio di marzio
Sempre introvabile e, da mezzanotte di ieri, libero. Maurizio Di Marzio il decimo nome sulla lista degli ex terroristi che l'Italia ha chiesto di estradare dalla Francia sarà probabilmente cancellato: la data della prescrizione, 10 maggio, è passata e da oggi potrebbe tornare libero cittadino, libero di rientrare a lavoro al suo ristorante a Parigi, la Taverna Baraonda, di riprendere a suonare la batteria col suo gruppo. Libero in teoria anche di tornare in Italia.
Di Marzio, 60 anni, ex Brigate Rosse, non si era fatto trovare all'alba del 28 aprile, quando è scattata l'operazione Ombre rosse per riportare in Italia dieci fuoriusciti degli anni di piombo. Altri due assenti quel mattino, Raffaele Ventura e Luigi Bergamin, si erano però presentati spontaneamente il giorno dopo davanti al magistrato della Corte d'Appello.
bergamin
A Di Marzio, condannato a 14 anni per il tentato sequestro del vice capo della Digos Nicola Simone nell'82, restavano da scontare 5 anni e nove mesi. La prescrizione potrebbe salvare anche Bergamin, 73 anni, ex membro dei Pac, i Proletari Armati per il Comunismo, il gruppo di Cesare Battisti: era stato condannato nell'88 a 26 anni di carcere per concorso morale negli omicidi del maresciallo Antonio Santoro e dell'agente della Digos Andrea Campagna, avvenuti nel 1978 e nel 1978. La condanna era stata poi ridotta a 16 anni e 11 mesi.
La sua prescrizione è scattata l'8 aprile. È comunque restato sulla lista dei dieci da estradare - a differenza di Ermenegildo Marinelli, prescritto nel 2020, tornato libero - perché la Procura di Milano ha chiesto e ottenuto il 30 marzo dalla giudice di sorveglianza di dichiararlo «delinquente abituale», cosa che ha un effetto sospensivo sulla prescrizione.
LUIGI BERGAMIN
DELINQUENTE ABITUALE Davanti alla Corte d'Assise di Milano, ieri, i legali di Bergamin hanno sostenuto la non validità del provvedimento, in quanto, avvenuto fuori tempo massimo: «La dichiarazione di delinquenza abituale diventa definitiva dopo quindici giorni dal deposito della decisione hanno spiegato e dunque sarebbe diventata irrevocabile il 14 aprile, ma nel frattempo, l'8 aprile, la pena si è prescritta». La corte si pronuncerà tra quattro giorni.
«Bergamin si è presentato spontaneamente davanti al giudice in Francia, ha un casellario giudiziario vergine dal 1982, come si può definire un delinquente abituale? Questo è accanimento» ha commentato da Parigi, Irène Terrel, avvocata di Bergamin e di altri cinque ex terroristi in attesa di estradizione: «La prescrizione fa parte del diritto. È lo stesso diritto che condanna, che decide anche la prescrizione, non ci sono interpretazioni possibili».
LUIGI BERGAMIN CESARE BATTISTI
Stesso discorso vale per Di Marzio: «È prescritto, non c'è nient' altro da dire». Senza contare, rileva ancora la legale, che su Di Marzio la Francia si è espressa già tre volte contro l'estradizione, e non solo politicamente, in base alla famosa Dottrina Mitterrand che ha garantito rifugio agli ex militanti italiani, ma anche dal punto di vista giuridico. Se diverse fonti vicino al dossier considerano Bergamin e Di Marzio ormai fuori dalla lista, la procedura va avanti per gli altri otto: Marina Petrella, Giorgio Pietrostefani, Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Sergio Tornaghi, Narciso Manenti e Ventura.
bergamin trappola a santoro
Dopo la prima udienza alla Chambre de l'Instruction della Corte d'Appello di Parigi, il 5 maggio, durante la quale tutti si sono opposti all'estradizione e si sono dichiarati innocenti, ogni richiesta verrà esaminata singolarmente. Le prossime udienze sono previste a fine giugno ma i tempi saranno in realtà molto più lunghi: «A meno di pareri sfavorevoli, ci saranno molte richieste di informazioni supplementari assicura Irène Terrel e non solo da parte della Difesa, ma anche del pubblico ministero: i dossier italiani sono molti incompleti».
irene terrel.
2 - IL BUONISMO DEI GIUDICI CON IL TERRORISTA ASSASSINO
Luca Fazzo per "il Giornale"
Chissà cosa pensano i familiari di Andrea Campagna, agente della Digos, ammazzato a venticinque anni dai Proletari armati per il Comunismo, quando leggono che lo Stato valuta la vita di questo suo servitore con due anni di carcere: come un furto da nulla. Eppure questo sta scritto nelle sentenze che ieri fanno irruzione nel caso dei latitanti di lungo corso del terrorismo rosso finalmente arrestati in Francia due settimane fa, e forse prossimi alla consegna all' Italia. Ma uno di loro forse la scamperà. Ed è proprio uno degli assassini di Campagna, il fondatore dei Pac Luigi Bergamin. Se la scamperà, non sarà solo grazie alla generosa accoglienza offertagli per decenni dalla Francia della «Dottrina Mitterrand».
Sarà soprattutto grazie alla inspiegabile indulgenza con cui la giustizia italiana lo ha trattato nei lunghi anni della sua latitanza.
maurizio di marzio
Salta fuori tutto ieri mattina nell' aula della Corte d' assise di Milano che affronta il caso Bergamin. Lo scorso 28 aprile, il giorno della retata, il 73enne fuggiasco non era stato trovato. Si era costituito l' indomani, e come gli altri era stato liberato alla fine di una udienza surreale, con i vecchi brigatisti che rivendicavano come imprese rivoluzionari i loro delitti da macellai.
Anche Bergamin era lì. Consapevole che il suo destino è appeso a un filo.
Perché si gioca tutto su una domanda: la pena che gli è stata inflitta, 27 anni di carcere, è ormai prescritta dal tempo trascorso? Un dettaglio apparentemente tecnico ma che ieri apre una finestra su un tema poco esplorato: il trattamento quantomeno indulgente che i terroristi rossi ricevettero da parte dei giudici chiamati a processarli. Pochi anni dopo che i magistrati inquirenti - Coco, Alessandrini, Galli e altri - venivano ammazzati, i loro colleghi giudici riconoscevano le attenuanti ai loro assassini. E le conseguenze si vedono adesso.
Il documento choc lo porta ieri in aula il pm milanese Adriana Blasco. È stata lei, mentre i colloqui segreti tra Italia e Francia stringevano la rete intorno ai latitanti, a chiedere e ottenere in tempi record che Bergamin venisse dichiarato delinquente abituale, unica strada per evitare che la sua condanna del 1990 non venisse prescritta. Ma quella dichiarazione non è definitiva, Bergamin potrebbe farla franca. Perché nonostante il sangue di cui si è macchiato il totale della pena da scontare è quasi ridicolo: sedici anni, al più diciotto.
battisti
Come è possibile? Ecco il documento della Blasco. Bergamin, dicono le carte, è il fondatore di «Senza Galere», la rivista intorno cui nascono i Pac, progettando una saldatura tra criminalità comune e lotta armata. La saga dei Pac dura un anno ma il bilancio delle sue imprese è impressionante. Bergamin viene condannato per una sfilza di reati: banda armata, quattro delitti con finalità ideologiche, nove rapine, tre gambizzazioni, due omicidi. Per avere ammazzato il maresciallo Antonio Santoro, comandante del carcere di Udine, viene condannato a 23 anni: appena due anni sopra il minimo della pena, grazie alla concessione chissà perché delle attenuanti generiche. Ma a lasciare di sasso è il resto: per tutti gli altri reati gli vengono rifilati, grazie al criterio della continuazione, solo due anni.
ex terroristi maurizio di marzio
Eppure dentro c' è di tutto: i tre ferimenti, agguati che hanno rovinato la vittima a cittadini inermi come i due medici Diego Fava e Giorgio Rossanigo, definiti «medici sbirri», o all' agente di custodia del carcere di Verona Arturo Nigro. E altri due anni per l' assassinio a sangue freddo del poliziotto milanese Andrea Campagna, colpevole di abitare nel quartiere popolare della Barona come gli estremisti su cui indagava.
Totale ventisette anni. Poi arrivano gli indulti del 1990 e del 2006, e questi non sono colpa dei giudici ma del Parlamento, che consente anche ai terroristi irriducibili di godere dello sconto di pena. Ma la decisione cruciale, quella che ora rischia di consentire a Bergamin di non fare neanche un giorno di carcere, la prende il tribunale di Milano nel 2008: il terrorista è latitante da diciott' anni, nel 1990 i francesi lo hanno liberato per l' ultima volta.
Eppure i giudici dichiarano estinta la pena per l' assassinio dell' agente Campagna. Per la legge è come se il poliziotto non fosse mai stato ucciso, anche se riposa sotto due metri di terreno. È questa la decisione che ora rischia di far prescrivere tutto.
GIORGIO PIETROSTEFANI
Entro cinque giorni la Corte d' assise di Milano deciderà se Luigi Bergamin può tornare a ridere in faccia alla giustizia italiana.
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