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    GLI U2 SI FANNO IN QUATTRO PER NOI - LA BAND IRLANDESE TORNA CON UN NUOVO ALBUM, SUDDIVISO IN QUATTRO DISCHI (UNO PER OGNI MEMBRO) , CON DELLE VERSIONI REINTERPRETATE DI ALCUNE DELLE LORO CANZONI PIÙ POPOLARI - IL CHITARRISTA, THE EDGE: "NUOVI RITMI, NUOVE TONALITÀ E IN ALCUNI CASI SONO ARRIVATI NUOVI ACCORDI E NUOVI TESTI. È VENUTO FUORI CHE UNA GRANDE CANZONE È QUALCOSA DI INDISTRUTTIBILE…" - VIDEO


     
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    Estratto dell'articolo di Ernesto Assante per “la Repubblica”

    u2 songs of surrender u2 songs of surrender

     

    […] Songs of surrender, nuovo album della band irlandese in uscita il 17 marzo È mastodontico: 40 canzoni, che per chi vive ancora nel vecchio mondo è diviso in quattro dischi diversi, ognuno con una differente selezioni di brani presi dall’enorme catalogo della band, reinterpretati, reimmaginati, risuonati, resi “nuovi” […].

     

    Gli U2 provano a fare una cosa straordinaria: trasformare le loro opere più note in altre canzoni, prendere ogni brano e trattarlo come un canovaccio per nuova musica. […] E non basta, perché in moltissimi casi tolgono di mezzo se stessi, il loro suono, la loro epica, la loro storia e ricominciano da capo.

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     […]Ha ragione The Edge quando dice che hanno voluto ragionare con il presente, come se fossero una band nuova con idee buone da sviluppare. E visto che di idee buone ce n’erano tantissime alla fine non si sono fermati, hanno messo insieme la bellezza di quaranta brani, tutti vecchi e tutti nuovi: «L’intimità prendeva il posto dell’urgenza del post-punk. Nuovi ritmi, nuove tonalità e in alcuni casi sono arrivati nuovi accordi e nuovi testi. È venuto fuori che una grande canzone è qualcosa di indistruttibile », […]

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    […]Quaranta brani in quattro album separati — ognuno dei quali ha il nome di uno dei componenti della band — ma non necessariamente da ascoltare nell’ordine deciso dalla band perché il viaggio consente di cercare i “propri” U2.

     

    E ascoltare Bono senza il Bono più prevedibile, cercare la chitarra di The Edge e trovarla lì dove non te l’aspetti, restare quasi sempre senza il drumming di Larry Mullen, che mette il ritmo in un altro modo, o cadere affascinati da un Adam Clayton spesso irriconoscibile, è un’esperienza bellissima.

     

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    Ci consente di capire perché li abbiamo amati, li amiamo ancora, cosa hanno rappresentato e rappresentano: non una celebrazione, ma una dichiarazione d’amore per la musica, per quello che sono stati e quello che possono ancora essere. […]

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