Luigi Ippolito per www.corriere.it
boris johnson
Fine corsa, si scende. Dal treno deragliato del governo Johnson è stata una gara a chi saltava via per primo: nelle ultime ore si sono dimessi altri sei sottosegretari, portando il totale, fra ministri e sottopancia, a oltre trenta.
E stasera un gruppo di ministri, guidati dal neo Cancelliere dello Scacchiere Nadhim Zahawi, si recherà a Downing Street per intimare a Boris Johnson di andarsene: su di lui, cala il sipario anticipato.
MICHAEL GOVE
Fra Westminster e Downing Street si stanno consumando ore drammatiche. Boris sarebbe stato mollato anche dal suo braccio destro, quel Michael Gove che era stato il suo «gemello» nella campagna per la Brexit e che ora ricopriva il ruolo chiave di ministro alla coesione territoriale: secondo indiscrezioni di stampa, Gove in persona avrebbe detto stamattina a Johnson che il tempo è scaduto ed è venuta ora di smontare le tende.
rishi sunak
Boris ha resistito fino all’ultimo, ma attorno a lui si spandeva un tanfo di decomposizione. Al briefing per la stampa estera a Downing Street, questo pomeriggio, le facce erano quelle di una veglia funebre: imbarazzo, risposte svolgiate ed evasive, sguardi al soffitto. La stessa, identica atmosfera che si era vista in quelle stanze tre anni fa, nelle ore che precedettero la cacciata di Theresa May. Pure al poliziotto di guardia è scappata una battuta: «Giornata impegnativa, oggi…».
boris johnson chris pincher
Le cataratte si erano aperte martedì pomeriggio, con le dimissioni contemporanee del Cancelliere dello Scacchiere Sunak e del ministro della Salute, Sajid Javid, che hanno inferto un colpo probabilmente fatale al governo di Johnson e alla sua credibilità. E oggi durante un question time rovente in Parlamento, nel quale Johnson ha promesso di «andare avanti», Javid spiegava le ragioni delle sue dimissioni dicendo «il troppo è troppo: ho dato più volte il beneficio del dubbio» al premier su altri sospetti di scandalo, ma «mi sono ora convinto che il problema è al vertice, e che Johnson non cambierà».
sajid javid
A far precipitare la situazione è stato l’ultimo imbroglio nel quale Johnson si è trovato impegolato, ossia lo scandalo sessuale che ha travolto il vice-capogruppo dei conservatori, Chris Pincher, reo di palpeggiamenti e avances sgradite verso numerosi giovani colleghi e assistenti maschi.
È emerso che il premier era stato al corrente per anni di questi comportamenti, circostanza in primo momento negata: insomma, come nel caso del Partygate, le feste a Downing Street durante il lockdown, e di altre svariate circostanze, Boris ha dimostrato ancora una volta disprezzo totale per le regole e la verità, mentre i suoi ministri venivano spediti davanti alle telecamere a difendere l’indifendibile.
penny mordaunt
Il morale nel partito conservatore — dove secondo indiscrezioni del Guardian si starebbe pensando di modificare le regole che proteggono per un anno Johnson da un nuovo voto di sfiducia dopo essere sopravvissuto a quello del mese scorso — in questi giorni è crollato sotto zero e il disagio era evidente anche nel governo: alla riunione di gabinetto trasmessa ieri in tv le facce dei ministri sembravano quelle di un funerale. Ministri che ieri si sono visti ridere in faccia in Parlamento, anche da parte dei loro stessi deputati, quando hanno provato a spiegare che Johnson aveva «dimenticato» le accuse contro Pincher.
michael gove
L’autorità di Johnson era stata già gravemente compromessa un mese fa, quando è sopravvissuto a un voto di sfiducia ma ha visto più del 40 per cento del gruppo parlamentare votargli contro. In teoria, un nuovo voto non è possibile per un anno: ma a fronte di una situazione che sta precipitando è sempre più probabile che questa regola verrà cambiata, magari già nelle prossime ore, e si andrà nuovamente alla conta.
Per Johnson, le speranze di sopravvivere a un altro voto di sfiducia, che potrebbe svolgersi a giorni, sono ridotte al lumicino. Sempre che non ci sia una ulteriore accelerazione nelle prossime ore, con ulteriori dimissioni di ministri che renderebbero la posizione del premier non più sostenibile nell’immediato.
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