Luigi Ippolito per corriere.it
micheal gove e boris johnson campagna per la brexit
Stasera si scioglie un matrimonio infelice andato avanti per ben 47 anni. La Gran Bretagna lascia a mezzanotte l’Unione europea: arriva così a compimento il mandato del referendum del giugno del 2016, che aveva visto il 52% dei britannici votare a favore della Brexit. È stato un percorso tortuoso e accidentato. Il voto di tre anni e mezzo fa non aveva placato la contrapposizione tra filo e anti-europei: anzi l’aveva esacerbata.
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Gli oppositori della Brexit hanno fatto di tutto per bloccarla e questo ha portato il Parlamento e la politica britanniche alla paralisi: e alla fine lo scontro è costato il posto a Theresa May, la premier che all’indomani del referendum era stata incaricata di attuarlo. La situazione si è sbloccata solo con le elezioni dello scorso dicembre, quando Boris Johnson ha ottenuto una maggioranza schiacciante e un mandato chiaro per portare a compimento l’uscita dalla Ue. E così è stato.
La questione tuttavia non è chiusa, nonostante il governo di Londra insista a dire che è arrivato il momento di voltare pagina. Tutto il 2020 sarà occupato dai negoziati per definire le relazioni future tra Gran Bretagna e Unione europea: si punta a un ambizioso trattato di libero scambio, ma difficilmente si farà in tempo a concluderlo. E allora il rischio è che alla fine dell’anno si materializzi una rottura drammatica e definitiva.
big ben
Ma per il governo di Boris Johnson la sfida è anche interna: dovrà riuscire a tenere assieme il Paese, di fronte alle spinte secessioniste della Scozia filo-europea e alle sirene della riunificazione irlandese. Alla fine, il prezzo da pagare per la Brexit potrebbe rivelarsi molto alto.
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