1. DOPO GOOGLE NEWS, BIG G CHIUDE DIVISIONE INGEGNERI IN RUSSIA
IL COFONDATORE DI GOOGLE SERGEY BRIN INDOSSA I GOOGLE GLASS
(ANSA) - Dopo la chiusura di Google News in Spagna, il colosso di Mountain View sta per chiudere le sue attività di ingegneria in Russia, dopo una legge restrittiva approvata dal paese che chiede alle aziende tecnologiche di mantenere lo 'storage', cioè l'immagazzinamento dei dati dei cittadini nei confini nazionali. Secondo il Financial Times, questa mossa di Mosca potrebbe aprire la fuga di altre aziende Internet, internazionali e locali.
La legge russa che richiede alle aziende tecnologiche di ritenere i dati che passano attraverso i suoi canali, è il passo più drastico - fa notare il quotidiano britannico - compiuto da un governo straniero in risposta alle rivelazioni di Edward Snowden sulla sorveglianza internet dall'Agenzia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, la Nsa.
Come fa notare il quotidiano britannico e a anche altre testate che riportano la notizia come il Wall Street Journal, la decisione arriva a distanza di poche ore dalla chiusura di Google News in Spagna che ha rinfocolato un dibattito europeo su antitrust, fisco, privacy e diritto all'oblio nei confronti di Big G.
putin isolato al g20
Un pressing che non si vedeva dai tempi della 'querelle' tra Microsoft e l'allora commissario Ue Mario Monti. L'azienda californiana, interpellata dal sito The Information che per primo ha diffuso la notizia, non ha commentato la decisione. Ha però fatto sapere - spiega il FT - che i suoi 100 ingegneri che lavorano in Russia, saranno riallocati in altri paesi. Da notare che uno dei fondatori di Google, Sergey Brin, è di origine russa, la sua famiglia emigrò quando aveva sei anni.
2. PRIVACY, FISCO E NOTIZIE - GOOGLE SOTTO ATTACCO IN EUROPA
Marco Bardazzi per “la Stampa”
L’Europa agli occhi di Google sta scalzando la Cina come il luogo più difficile del mondo dove lavorare. Se con Pechino la società californiana da anni porta avanti un braccio di ferro legato alla censura, nelle capitali europee la sfida è più complessa, perché ogni giorno si apre un nuovo fronte con caratteristiche diverse.
L’ultima “Google-crisi” è appena esplosa in Spagna, dove è passata una legge in base alla quale le testate giornalistiche dovrebbero essere retribuite dal colosso delle ricerche ogni volta che Google News segnala un loro testo. Un’iniziativa a cui la società di Mountain View ha reagito con una mossa senza precedenti, insolita per lo stile aziendale e che può segnalare un cambio di strategia in Europa: dal 16 dicembre gli editori spagnoli saranno rimossi da Google News e il servizio sarà chiuso in Spagna.
La reazione di Google arriva dopo settimane in cui la società si è trovata sotto tiro su più fronti. A Strasburgo il Parlamento Europeo ha appena approvato una mozione che esorta l’Ue a «smontare» la società, accusandola di essere monopolista nel settore della ricerca sul web (ma la Commissione a Bruxelles non sembra voler andare in questa direzione).
Offensive di vario genere hanno preso di mira Google sul fronte della privacy, del diritto all’oblio e sul piano fiscale, cercando di «spremere» più tasse dal gruppo americano. Sull’editoria, dopo aver chiuso con accordi da milioni di euro gli scontri con Francia e Belgio, il terreno più difficile finora per Google sembrava la Germania.
google news
I tedeschi, guidati dal colosso editoriale Axel Springer, avevano messo in piedi una loro «Google Tax» che prevedeva la possibilità di chiedere compensi per gli articoli intercettati dal motore di ricerca. Ma la scelta se lasciare o meno a Google la possibilità di pescare i loro contenuti è stata lasciata ai singoli editori e praticamente tutti hanno preferito non sparire dal motore di ricerca, che ormai porta quote significative di traffico a tutti i siti web di notizie del mondo. La stessa Axel Springer si è arresa dopo aver visto crollare il traffico sul sito della «Welt» e delle altre testate del gruppo.
mariano rajoy 6
A rendere diverso il caso spagnolo è il fatto che la nuova legge sul copyright non prevede che la scelta la facciano gli editori. La «Google Tax» in salsa spagnola obbliga in pratica qualsiasi aggregatore di notizie - di cui Google News è di gran lunga il più importante - a pagare per ogni «ritaglio» di articolo che viene utilizzato, e dà alle autorità locali il potere di assegnare multe fino a 600 mila euro per i link a materiale che venga ritenuto «piratato».
«Dal momento che Google News non genera ricavi (non mostriamo alcuna pubblicità sul sito) questo approccio semplicemente non è sostenibile», ha commentato Richard Gingras, capo di Google News, annunciando la chiusura in Spagna. «Noi creiamo un reale valore per queste testate - ha aggiunto - indirizzando utenti ai loro siti e questi accessi contribuiscono a generare ricavi attraverso la pubblicità». Google News, secondo i vertici di Mountain View, non sfrutta i contenuti ma li potenzia, rendendoli disponibili e ricercabili, e così «aiuta gli editori ad aumentare i loro lettori e incrementare il loro fatturato online».
AXEL springer
In Italia le ipotesi di «Google Tax» si erano mosse in altre direzioni e al momento non si sono concretizzate in alcun provvedimento analogo a quelli spagnolo o tedesco. Ma Confindustria Digitale, a cui fa riferimento anche Google, dopo aver visto la piega degli eventi in Spagna, ha già messo le mani avanti: «Siamo contrari - ha detto il presidente Elio Catania - a soluzioni tipo web tax o bit tax, che si tradurrebbero semplicemente in un ulteriore onere per le imprese digitali e in potenziali barriere d’ingresso per le aziende che volessero sperimentare nuovi modelli di business basati sul web e sulla raccolta dei dati».
LARRY PAGE AL GOOGLE I-O