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    I SOLDI PASSANO SUL WEB - NELLA RACCOLTA PUBBLICITARIA, GOOGLE È DIVENTATO IL NUMERO DUE DEL SETTORE IN ITALIA, DIETRO A PUBLITALIA DEL BANANA, SORPASSANDO LA RAI MORENTE - LA BEFFA È CHE CHI PRODUCE I CONTENUTI NON SEMPRE VIENE RIPAGATO DAGLI INSERZIONISTI, MENTRE CHI FA SEMPLICEMENTE GIRARE CLIC E CONTATTI (COME I MOTORI DI RICERCA, SOCIAL NETWORK E PORTALI) BECCA IL CASH…


     
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    Luigi Grassia per "la Stampa"

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    C'è un terremoto nella raccolta pubblicitaria, risorsa vitale per le tv e i giornali: il motore di ricerca Google è diventato il numero due del settore in Italia scavalcando nientemeno che la Rai. In assenza di numeri ufficiali, a fare questa valutazione è Antonio Pilati, fra i massimi conoscitori della materia visto che siede nel consiglio di amministrazione della stessa Rai dopo essere stato all'Agenzia delle Comunicazioni e all'Antitrust: «Google è ormai il secondo operatore di pubblicità in Italia» ha detto ieri Pilati in un convegno, «ha superato la Rai ed è alle spalle solo di Publitalia», cioè della concessionaria di Mediaset.

    I motori di ricerca come Google si collocano in punti strategici del mare di Internet, perché permettono ai navigatori di trovare i contenuti che cercano, usando parole-chiave; Google svolge anche un ruolo da quasi-giornale con il servizio Google News che raccoglie e propone gli articoli prodotti dai giornali veri e propri.

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    I motori di ricerca non fanno pagare niente agli utenti, ma avendo milioni di contatti attirano moltissima pubblicità. In modo analogo fanno soldi i «social network» come Facebook e la Apple che vende le sue applicazioni ma attira anche pubblicità. Insomma in questo nuovo mondo dei mass media chi produce i contenuti non è detto che poi veda remunerato il suo sforzo, mentre chi svolge il ruolo di intermediario fa soldi a palate.

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    Pilati deplora che «la Rai è in forte ritardo rispetto al web» ma il problema è più generale: quel che vale per la Rai vale per tutti. Nel 2007 Vittorio Sabadin (già vicedirettore della Stampa) nel libro «L'ultima copia del New York Times. Il futuro dei giornali di carta» aveva indicato alle testate tradizionali la strada della multimedialità; l'idea (seguita in effetti da quasi tutti i giornali) era di affiancare le edizioni su Internet a quelle su carta, contando di attirare così nuova pubblicità. Adesso Sabadin nota che «i giornali pagano un errore storico, quello di aver messo i loro contenuti su Internet gratis, e così la pubblicità è stata intercettata da Google e dagli altri nuovi media».

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    Ma se chi produce i contenuti non viene remunerato, chi li produrrà, questi benedetti contenuti? Se ai giornali viene a mancare l'ossigeno e chiudono, Google News che articoli offrirà? L'informazione vivrà di soli blog? E le notizie, che vengono raccolte ad alto costo? Alla Stampa, Pilati dice che vanno cambiate le regole del gioco: «Bisogna trovare il modo di garantire con efficacia il diritto d'autore».

     

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