1 - IN AUTO CON RENZI
Massimo Gramellini per il "Corriere della Sera"
delimobil car sharing in russia
Dopo i rapporti con il principe saudita, che gli valsero il titolo di Lawrenzi d'Arabia, il Matteo più scaltro su piazza fa ufficialmente il suo ingresso nel consiglio d'amministrazione della Delimobil, colosso russo del car sharing. Il passaggio da Rottamatore a Copilota la dice lunga sulla trasformazione dell'uomo.
matteo renzi
Era entrato in politica per abbattere la vecchia classe dirigente, cavalcando i desideri delle persone comuni, ma da quando per lui la politica è diventata un hobby, del loro giudizio pare non importargli più molto. Renzi è troppo intelligente per non rendersi conto di quello che sta facendo: un senatore della Repubblica in carica, per di più leader di partito, che siede ai vertici di un'azienda privata, per di più straniera, non è dato in natura.
delimobil car sharing in russia.
E allora perché lo fa? «Segui il denaro», si dice in questi casi, e sicuramente il denaro avrà la sua importanza. Ma, quando c'è Renzi di mezzo, bisogna sempre seguire anche lo specchio.
Come se il narciso ferito che è in lui - o che è lui - volesse dirci: «Io sono una star mondiale e me lo riconoscono tutti: arabi, russi, e domani portoricani e venusiani. Tutti tranne voi, italianuzzi invidiosi, che avevate in casa il Principe di Machiavelli e non ve ne siete accorti».
LUCA CASAGNI LIPPI
Chi ancora considera la perdita del Renzi politico uno spreco (sarebbe un fantastico leader del centrodestra) si tranquillizzi. Uno come lui nel car sharing non può durare a lungo: gli piace troppo andare a sbattere da solo.
2 - FONDAZIONE OPEN, NUOVI INDAGATI: UN AVVOCATO E UN PRODUTTORE TV
Antonella Mollica per il "Corriere della Sera"
Si allarga l'inchiesta su Open, la fondazione nata per finanziare la scalata di Matteo Renzi da sindaco di Firenze a premier. La Procura di Firenze ha iscritto sul registro degli indagati due persone: uno dei finanziatori della «cassaforte» renziana, il produttore televisivo e cinematografico romano Alessandro Di Paolo, già noto per la relazione con Elisa Isoardi, e l'avvocato d'affari Luca Casagni Lippi.
MATTEO RENZI
Nei giorni scorsi gli studi del legale a Firenze e Roma sono stati perquisiti dalla Guardia di Finanza su richiesta del procuratore aggiunto Luca Turco e del pm Antonino Nastasi che ipotizzano il traffico di influenze illecite. Di Paolo era stato perquisito nel novembre 2019 (senza essere indagato) insieme alla schiera di finanziatori di Open. Adesso, a distanza di due anni, con la chiusura indagini alla porta, è arrivata la svolta.
ELISA ISOARDI ALESSANDRO DI PAOLO CHI
A portare i pm nello studio del legale sarebbero stati gli appunti ritrovati nell'agenda sequestrata ad Alberto Bianchi, che ha presieduto la Fondazione per 7 anni, e le chat recuperate sui telefoni sequestrati nel corso delle prime perquisizioni. Al centro dell'ultima vicenda è finito un finanziamento di 280 mila euro che sarebbe stato effettuato in diverse tranche da società riferibili a Di Paolo (Golden Production, Associazione Azimut, Associazione Comunicazione reale, il Mercante dei Sogni, Morra Dario) tra il 2016 e il 2017.
Erogazioni di denaro che - ritengono i pm - non sarebbero state contribuzioni volontarie ma sarebbero il frutto di accordi con l'avvocato Casagni Lippi che avrebbe fatto da intermediario tra il suo amico e cliente Di Paolo e Alberto Bianchi (anche lui indagato in concorso). L'obiettivo dell'accordo, ritengono gli inquirenti, era di arrivare a Luca Lotti, deputato, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e segretario del comitato interministeriale per la programmazione economica che avrebbe potuto aiutare il produttore.
ALBERTO BIANCHI
«Casagni Lippi chiarirà i contorni della vicenda che riteniamo priva di rilievo penale», spiegano i difensori Francesco Maresca e Michele Luzzetti. «Non so chi sono queste persone - il commento di Renzi ai giornalisti, da Potenza, alla notizia di nuovi indagati - fortunatamente imparerete, come alcuni magistrati, che i processi si fanno nelle aule di tribunale: quando finalmente si farà il processo avremo il piacere di sapere di cosa stiamo parlando».
ALBERTO BIANCHI E MARIA ELENA BOSCHI
Nel mirino della Procura - che ritiene che la fondazione abbia agito come un'articolazione di partito - sono finiti gli oltre sei milioni di finanziamenti raccolti da Open dal 2012 al 2018. Nell'inchiesta sono indagati per finanziamento illecito Renzi, Lotti, Maria Elena Boschi, il componente del cda Marco Carrai e il presidente Bianchi. A Bianchi e Lotti la Procura, nei mesi scorsi, ha contestato anche la corruzione in merito al finanziamento della Toto costruzioni, il gruppo abruzzese che nel 2016 ha affidato allo studio Bianchi una consulenza per un contenzioso con Autostrade sulla variante di valico. Toto incassò 70 milioni e pagò una parcella da 2 milioni: 1,3 allo studio Bianchi e 700 mila fatturati al legale che verserà poi 200 mila euro a Open e 200 mila euro al Comitato per il sì al referendum.
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