1. ORA ATENE VUOLE OTTENERE UNO SCONTO
Marco Ventura per “il Messaggero”
kyriakos mitsotakis
Una vittoria schiacciante, la maggioranza assoluta, insomma una piena investitura democratica su un programma economico neo-liberale. È questo il viatico col quale il vincitore delle elezioni greche, Kyriakos Mitsotakis, confida di presentarsi a Bruxelles e alla Troika (Commissione Ue, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) non con la richiesta di cancellare il debito greco, ma con la ragionevole proposta di rinegoziarlo o ristrutturarlo.
Opzione ostica ai tecnocrati puri, ma che non lo sarà alla nuova Commissione. L'elemento della novità gioca a favore di Mitsotakis. I commissari coi quali dovrà confrontarsi non sono gli stessi del Programma, dal quale Atene è uscita lo scorso agosto pur mantenendo ancora la Commissione due uffici permanenti e il Fmi uno, per monitorare i conti e gli impegni assunti dal governo.
Sulla carta, il neo-eletto avrà due alleati importanti. Il successore di Mario Draghi alla Bce, Cristine Lagarde, alla testa del Fmi aveva già mostrato più tolleranza di Bruxelles verso la Grecia e potrebbe, secondo alcuni osservatori, rimuovere l'attuale vincolo che impedisce a Francoforte di includere titoli greci negli acquisti del Quantitative Easing.
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Il secondo alleato sarà il probabile commissario greco, una figura autorevole come Antonis Samaras, ex premier sconfitto nel 2015 da Tsipras. Mitsotakis potrà far valere la propria formazione da economista nelle grandi Università americane, da Harvard a Stanford, il passaggio a Londra alla Chase Manhattan Bank e McKinsey & Company, il rientro ad Atene nel settore finanziario e bancario, e il ministero delle Riforme amministrative nel governo conservatore di Samaras. Insomma, Mitsotakis parla la lingua dei tecnocrati. E la sua rete internazionale gli conferisce credibilità nelle sedi finanziarie.
«Dateci 12 mesi di tempo ha detto e convinceremo i nostri creditori, i mercati internazionali, che la Grecia può davvero cambiare». Come? Applicando il suo modello neo-liberale che prevede l'abbassamento immediato delle tasse insieme a tagli alla spesa pubblica grazie a una più efficace e sistematica cooperazione tra settore privato e Stato, poi la diminuzione del numero di funzionari, la creazione di incentivi per attrarre gli investitori (soprattutto stranieri) e per incoraggiare l'imprenditorialità. La fascia alla quale si rivolgono le cure del leader di Nuova Democrazia comprende ceto medio e imprese.
SAMARAS E LETTA index
Uno degli scogli contro i quali si dovrà scontrare la buona volontà del neo-premier sarà l'impegno imposto dalla Troika a un avanzo primario (tolto il pagamento di debiti e interessi) del 3,5 per cento del Prodotto interno lordo fino al 2022, e del 2,2 in media fino al 2060. Già quest'anno però la cifra potrebbe attestarsi sul 2,9. Nel 2018 il Pil ha avuto un incremento dell'1,9 per cento (con una previsione di +2,2 nei prossimi due anni). Problematica invece la mole di debito pubblico, pari a oltre il 180 per cento del Pil.
LA RISPOSTA ALLA TROJKA
TSIPRAS E SAMARAS
Gli elettori greci hanno avuto fiducia nel 51enne rampollo di una vecchia dinastia politica, e nel giovane formatosi nell'accademia americana e nella City. Un politico grecissimo ma competente. Che faccia dimenticare le mancate promesse di Tsipras, promotore e primo traditore del referendum sul No all'Europa. Singolare che abbia prevalso, in Grecia come negli altri Paesi baciati dalla Troika, il fronte europeista e non populista.
I greci hanno dato prova di sacrificio, avendo subìto misure di austerità per 65 miliardi di euro a fronte di prestiti della Ue, della Bce e del Fmi per un totale di 289 miliardi di euro in tre programmi successivi nel 2010, 2012 e 2015. L'economia greca è ripartita, ma Tsipras ha dovuto varare ulteriori tagli alle pensioni e alle agevolazioni fiscali per il 2019-2020. E adesso, tocca a Mitsotakis.
2. IL TRAMONTO DI TSIPRAS, PROFETA ANTI-AUSTERITY CHE SI ARENÒ SULL' EUROPA
elezioni in grecia alexis tsipras
Andrea Nicastro per il “Corriere della sera”
Alexis Tsipras ha perso la maggioranza, ma non è un politico sconfitto. Rispetto al 23% delle Europee di maggio il rimbalzo è importante. La distanza dal primo partito c' è, ma non enorme. Il Tsipras che da ieri ricomincia la carriera come capo dell' opposizione è però un leader radicalmente diverso da quello che aveva trionfato nel 2015. Non più barricadero, per nulla rivoluzionario, ma pragmatico, flessibile e quasi tecnocratico.
Gran parte dell' elettorato moderato del vecchio Pasok social-democratico è con la sua virata al centro. Quattro anni fa, Tsipras era soprattutto l' astro più luminoso della sinistra-sinistra europea. Al suo carisma si abbeveravano l' anti-sistema spagnolo Pablo Iglesias e poi tedeschi, francesi, italiani più o meno «estremisti». La sua Atene si era convertita nella trincea contro il «pensiero unico pro austerity». Gli altoparlanti di piazza Omonia vibravano con il «Bella Ciao» dei Modena City Ramblers e la folla cantava in estasi.
SAMARAS E PANOS KAMMENOS
Quell' entusiasmo, quella voglia di cambiare le regole, si raffreddò prima con la cacciata del ministro delle Finanze Yannis Varoufakis, poi quando Tsipras ignorò il referendum che chiedeva di continuare la sfida. Il ritorno della Dracma fu scongiurato, ma il prezzo imposto dai creditori per mantenere l' Euro è stato altissimo. La sinistra-sinistra era piegata.
La durezza di Bruxelles rappresentò per molti la perdita dell' innocenza: l' Ue apparve come un club di burocrati al servizio della finanza e non del popolo. E chi si era identificato in Tsipras fu costretto ad ammettere di non avere ricette alternative al rigore di bilancio.
Kyriakos Mitsotakis
«La conduzione delle trattative con l' Ue fu un disastro» sostiene il professor Emilios Avguleas, cattedra di Economia a Edimburgo e alla Luiss di Roma. «Il governo seguì la linea Varoufakis andando a scontrarsi con Bruxelles». Dato che il ministro si diceva esperto della teoria dei giochi, divenne popolare persino la «strategia del coniglio»: «Se due auto sono in rotta di collisione, basta non cambiare direzione e lo farà l' altro». Il problema era che da una parte correva il monopattino greco e dall' altra la corrazzata europea. Così quando Atene cambiò idea, era tardi.
«Le condizioni imposte per evitare la bancarotta furono più dure del necessario - afferma da Edimburgo il professore greco -. Molti asset statali sono stati dati in garanzia per 100 anni e il surplus di bilancio richiesto impedisce qualsiasi investimento pubblico che invece sarebbe utilissimo per rimettere in moto il Paese».
Secondo Dimitris Karagiannis, psichiatra ad Atene ed elettore pentito di Syriza, la perdita del governo è naturale alternanza democratica. «Tsipras ha avuto quattro anni per rimettere in ordine le cose e non c' è riuscito. Che provi qualcun altro. Fra quattro anni magari toccherà di nuovo a lui».
«Tsipras - dice ancora il professor Avguleas - non ha neppure tentato riforme strutturali e quelle a cui è stato costretto le ha poi sistematicamente boicottate. Le privatizzazioni, ad esempio. È vero che ha venduto l' aeroporto, ma ogni progetto di ampliamento è ostacolato. Vuol dire meno investimenti, meno efficienza, meno lavoro, meno crescita. E quando ha potuto fare assunzioni a termine o dare consulenze ha seguito la vecchia via greca e i 25mila beneficiati erano parenti e amici dei parlamentari di Syriza».
i premier cinese e greco li keqiang e antonis samaras
Secondo altri analisti l' emorragia di voti nasce dalla gestione del caso Macedonia.
Tsipras ha ascoltato le richieste europee e ha chiuso la disputa sul nome dell' ex repubblica jugoslava, ma quando si è trovato cortei di protesta in tutte le piazze greche li ha etichettati come fascisti. Si sbagliava perché molti erano invece suoi elettori con un' idea diversa di patriottismo.
L' età delle rivolte è finita, ma la corsa dell' ancora giovane Alexis Tsipras continua.