Estratto del libro Fronte Ucraina di Francesco Battistini pubblicato dal Corriere della Sera
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Due mesi fa, scoppiava la guerra in Ucraina. Un’immensa trincea che ci ha riportato a incubi che credevamo dimenticati. Ma era davvero imprevedibile? «Fronte Ucraina» (Neri Pozza) è un instant book che ripercorre 30 anni di crisi nel racconto di Francesco Battistini, l’inviato del «Corriere» che a lungo se n’è occupato. In questo brano, i mesi in cui Mosca comincia a preparare l’invasione: esattamente un anno prima di quel 24 febbraio che ha cambiato le nostre vite.
Rieccoli. A Voronezh, i villeggianti delle dacie li vedono arrivare tutte le estati. I battaglioni dalla Siberia, i logisti da Mosca, i soldatini di Murmansk. Rieccoli qui: ovvio che si svolgano esercitazioni militari, da quelle parti, scontato che l’Armata russa pianti le tende lì vicino, l’hanno sempre fatto. E poi questa è terra loro, mica sconfinano... Rossiya v glubinakh , la Russia è nelle sue profondità, e le radici militari affondano in questi oblast’ lontani dai corrispondenti stranieri, dagli osservatori diplomatici, dai troppi ficcanaso.
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«Voronezh? Where is Voronezh?», chiederà un giorno la ministra britannica Liz Truss, perplessa e confusa, durante un incontro al Cremlino in cui si parlerà proprio di queste truppe ammassate. Eccola qui, Voronezh: una troupe televisiva inglese s’aggira pigra, è autorizzata a intervistare i vacanzieri, va nei supermercati a raccontare come i russi convivano ogni anno con le truppe di Putin. «Why Voronezh?». Nemmeno i giornalisti sanno bene perché li abbiano mandati lì: che cosa c’è poi di tanto strano, in queste esercitazioni annuali? Nelle interviste, pochi si preoccupano. «Questa volta, in effetti, i soldati sono comparsi molto in anticipo rispetto al solito», dice solo un po’ stupito Yuri, mentre beve da una tazza sulla veranda della sua dacia, «e di sicuro sono di più che l’estate scorsa...».
A ben vedere, ci sono anche altre cose strane: i genieri di Putin si sono messi a risistemare i binari della vecchia ferrovia, che non usava più nessuno da anni. E nella foresta si sta aprendo una strada. E a che cosa servono tutti quegli ospedali da campo, se questa dovrà essere una normale esercitazione? (…).
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Qualcosa non torna. Sono trascorsi cinque mesi da quei tremila parà inviati in sordina, dalle sette del mattino del 21 febbraio 2021 quando il ministero della Difesa russo pubblicò una burocratica nota di poche parole per annunciare un piccolo dispiegamento al confine con l’Ucraina. Non era uscita una riga d’agenzia, quel giorno, e pochi ci avevano fatto caso: di lì a un anno esatto, sarebbe cominciata l’invasione. (…)
Lungo le linee di Voronezh, adesso vanno a schierarsi ottantamila uomini. Soldatini di leva e professionisti delle guerre cecene. E poi quelle specie d’enormi scatole di fiammiferi d’acciaio, i Buratini montati sui vecchi carri T-72: le piccole atomiche usate in Siria, missili incendiari e termobarici che sbriciolano i palazzi. Nella Russia profonda, si muove anche l’occhio dei satelliti americani: che se ne fanno i russi di tutta quella roba? C’è una certa inquietudine. Anche perché la risposta del Cremlino è asciutta, poco rassicurante: «Un legittimo e ordinario trasferimento di truppe all’interno delle nostre frontiere».
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Ci sono diverse, strane coincidenze. E la più lampante, allarmante, non consiste in un’arma segreta o in un contingente militare. È in un saggio storico. L’ha scritto proprio in questi giorni un gruppo di ricercatori dell’Università di San Pietroburgo, pagato dal regime. E l’ha firmato Putin in persona, per celebrare i trent’anni d’indipendenza dell’Ucraina. Titolo: «Sull’unità storica di russi e ucraini». Più che un articolo culturale, sembra una dichiarazione di guerra. (…). Appena viene pubblicato, l’articolo finisce nelle note diplomatiche di tutte le ambasciate. «Io lo segnalai subito», racconta l’ambasciatore italiano a Kiev, Pierfrancesco Zazo, un’antica conoscenza di cose russe, «perché quelle di Putin apparvero a tutti, e subito, affermazioni molto gravi. Capimmo che si trattava di una svolta politica, e non solo, nella realizzazione d’un progetto che Putin non aveva mai abbandonato».
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Mappe militari più geografia politica: secondo Washington questa miscela, delle strane esercitazioni militari al confine ucraino e delle rivendicazioni storiche, è pura nitroglicerina. La pistola fumante che s’aspettava. (…). Gli americani hanno una gola profonda al Cremlino, qualcuno che riferisce tutto a Bart Gorman, viceambasciatore a Mosca. E al Pentagono ne sono sicuri: «Ingiustificato, non spiegato e profondamente preoccupante» lo schieramento di tutte quelle unità militari. Ma perché adesso? Putin sta testando l’uomo nuovo della Casa Bianca? I due si conoscono bene: fin da quand’era vicepresidente con Obama e gli era affidato il dossier Ucraina, Joe Biden ha sempre considerato Putin un killer. «La sto guardando negli occhi», gli aveva detto una volta, «e non credo che lei abbia un’anima» (e Putin, di rimando: «Vedo che noi ci capiamo benissimo...»). (…)
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All’inizio, pochi in Europa credono davvero all’allarme americano. E pochissimi si muovono per andare a vedere. A fine marzo 2021 c’e solo la troupe inglese, incuriosita, che approfitta dei rari permessi speciali ottenuti dai russi per girare nei dintorni di Voronezh. Una mattina, la macchina della tv avanza oltre i checkpoint e finisce per spingersi un po’ più avanti. Troppo avanti. Finché le telecamere non superano il valico militare e non entrano proprio negli attendamenti. Attenzione! Che errore, che leggerezza, meglio ingranare la retromarcia... All’agitazione improvvisa di chi guida non corrisponde una simile reazione dei russi.
PUTIN BIDEN
E nessuno del campo, a guardar bene, sembra farci troppo caso. Chi se ne accorge, ci scherza: «Buongiorno, spie!», è a un certo punto il saluto d’un soldato ai giornalisti. Reclute che stendono le magliette ad asciugare, altre che fumano all’ora del tramonto, qualcuno al cellulare. No, nell’accampamento di Voronezh non tira certo l’aria d’un esercito pronto a un’invasione. È solo un caldo, sonnacchioso giorno di primavera. Fra i carri armati, un cartello in cirillico: «Ciò che è difficile nelle esercitazioni, sarà più facile nel combattimento».
PUTIN E BIDEN vladimir putin joe biden ginevra 2021