Roberto D’Agostino per Vanity Fair.it
santanche in collegamento
Dei nostri personaggi che ci troviamo in casa guardando la televisione (attori, giornalisti, intellettuali, prof e virologhi, tromboni e mezzecalzette, etc.) si può dire coi dovuti riguardi quello che si vuole - che confondono allegramente i Medici di Firenze con gli infermieri della Usl, che scambiano il Parmigianino con il pecorino, che sono convinti che Tintoretto sia il gestore megalomane di una tintoria e rifiutano sdegnati l'Ultima Cena di Leonardo perché hanno già mangiato - ma non si può dire che manchi loro il senso dell'arte di arredare. Un’altra bella scoperta che ci ha regalato questo disgraziato 2020.
carlo de benedetti in collegamento
La pandemia ha infatti costretto i nostri eroi catodici a collegarsi dalle loro abitazioni, via Skype Zoom Facetime, con gli studi televisivi, e sarà capitato anche a voi, oltre a riconoscerli solo per la voce per via della mancanza di trucco e parrucco, di sbarrare le pupille vedendoli troneggianti davanti a librerie barocco-tirolese zeppe di romanzetti e di pupazzetti, o spaparanzati in salotti da Inferior Designer e contro-salotti rococò con la scimmietta sul comò, immancabilmente circondati e minacciati da piante misteriose, altri che appoggiano la chiappa sulla scrivania in Stile Impero più falsa degli zigomi di Maria De Filippi.
lilli gruber da casa
Lasciamo perdere quando si collegano seduti sulle poltrone. Nel paese che ha dato vita al più bel design del mondo con artisti del calibro di Mendini, Sottsass, Mollino, Giò Ponti, Urano Palma, etc, e dove l’Ikea scodella ottimo arredamento a prezzi democratici, perché ci troviamo davanti al cheap più estremo, al di là del trash e del kitsch? Siamo di fronte a qualcosa di diverso da uno status symbol e molto di più un raptus symbol.
Orietta Berti a letto con le bambole
Una nevrosi di aridità domestica che non ha limiti per gli italiani illuminati dalla celebrità, quindi con soldi sufficienti per comprare una libreria e un salotto che non offenda lo sguardo. Attenzione, non è una quisquilia. Abitare e abito, non a caso, hanno lo stesso etimo perché la casa è un vestito che si indossa. E noi definiamo noi stessi attraverso gli abiti che indossiamo. Naturalmente la casa non è un vestito che portiamo addosso, ma è un prolungamento di noi: attraverso i mobili in un certo stile, i quadri, gli oggetti, i soprammobili, etc.
Orietta Berti
L’altra faccia della vestaglia
Da collegamenti casalinghi dei vari talk abbiamo però scoperto il carattere e la rappresentazione che i personaggi hanno di se stessi. Se la casa è un diritto per tutti, per i “celebro-lesi” arredarla con le anticaglie tarlate del nonno bacucco o con i regali degli sponsor dei loro programmi, è un dovere. Una volta mica era così. Erano fantasiosi, eccessivi, sempre sorprendenti quando mettevano in mostra la loro abitazione. Mi viene in mente un delirante collegamento in una puntata di “Domenica in” degli anni Ottanta con la mitologica Moira Orfei.
valeria merola
La diva del circo aveva domato il problema dell'equo canone andando a vivere in una roulotte che era un'autentica sfida a "2OO1. Odissea nello spazio". Si trattava di una sfarzosa casa viaggiante "a soffietto" lunga sedici metri, larga due e mezzo quando era in marcia e cinque e mezzo quando era ferma: il raddoppio delle dimensioni avveniva su rotaie e permetteva alla geniale Moira di imbottire "la roulotte dei miracoli" di fregi commoventi, stucchi madornali, modanature Las Vegas, vetrinette Porta Portese, tappeti terra-aria.
la casa roulotte di Moira Orfei
Un altro arredamento a dir poco insolito si presentava a chi entrava nell'appartamento di Elena Sofia Ricci. Drammatica quando recita, a casa aveva arrdato la cucina come parco-giochi. Al centro dello spazio, accanto ai fornelli e alle pentole, aveva piazzato un tavolo da biliardo in piena regola, completo di stecche e palle d'avorio.
Oggi il tocco dissacrante è rappresentato dai ninnoli di "Euronova" (sezione "Gli introvabili") che troneggiano deliziosi in ogni angolo o da un monumentale forziere dell'Ottocento, splendidamente istoriato, trasformato in mobile-bar.