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    HONG KONG VUOLE COMPRARSI LONDRA? TE CREDO: CON LA BREXIT DIVENTERÀ ANCORA PIÙ UN PARADISO FISCALE, E LA CINA È PRONTA A CAVALCARE L'OSTILITÀ DELL'UNIONE EUROPEA PER ALLACCIARE UN LEGAME FORTISSIMO CON IL REGNO UNITO. CHI CONTROLLA I MERCATI FINANZIARI CONTROLLA IL MONDO. GLI USA SI METTERANNO DI TRAVERSO - IN ITALIA SI PARLA GIÀ DI GOLDEN POWER, MA C'È UN PROBLEMINO: MANCA IL REGOLAMENTO…


     
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    1. LA SFIDA DI PECHINO, DALLE VIE DELLA SETA ALLA FINANZA GLOBALE

    Vittorio Carlini per ''Il Sole 24 Ore''

     

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    Hong Kong e Londra. Un' eventuale liason che, seppure la Borsa asiatica già dal 2012 possieda il London Metal Exchange, apre prospettive finora impensate. Scanari che, con le lenti della geopolitica, possono trovare una loro più chiara interpretazione.

    Tra gli obiettivi «della mossa del listino di Hong Kong - spiega Alessandro Aresu, direttore scientifico della Scuola di Politiche - c' è certamente quello di mantenere, da parte dell' ex colonia britannica, lo status di potenza finanziaria» .

     

    «La Cina -fa da eco Alessia Amighini, codirettore del programma Asia dell' Ispi - va effettuando la diversificazione dei suoi hub finanziari», potenziando Shenzen e Shangai. Un contesto, seppure di lungo periodo, dove la centralità del listino di Hong Kong è destinata a diminuire. A fronte di un simile scenario ben può capirsi la mossa di quest' ultimo. Il quale peraltro, «proprio per fronteggiare il rischio di essere spinto sullo sfondo del palcoscenico, potrebbe essersi addirittura mosso non in totale sintonia con il Governo centrale».

     

    Ma non è solamente una questione di Hong Kong. È rilevante lo stesso ruolo della City londinese. «La situazione va mutando» ricorda Amighini.

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    Vale a dire? «Londra, con riferimento ai capitali in arrivo dal Far East, è sempre stata la testa di ponte per investire in Europa». Nell' eventualità sempre più concreta che la Gran Bretagna lasci l' Ue, questo particolare appeal della capitale inglese viene meno. «Quindi il potere attrattivo di un' asse britannico/cinese - afferma Aresu - aumenta».

    Di là dalle caratteristiche contingenti delle due piazze finanziarie è tuttavia importante sottolineare che la Cina sta tentando di aumentare la sua influenza sul mondo Occidentale.

     

    Le vie della Seta (terrestri, marine e digitali) «mirano - riprende Amighini - ad aumentare il peso di Pechino nel mondo, sia sul piano economico che su quello politico-militare». Benché venga ufficialmente presentata come un progetto infrastrutturale, le vie della Seta «hanno un legame con l' Esercito Popolare di Liberazione e il suo braccio navale». In tal senso, la costruzione nell' aprile 2016 della prima base navale d' oltremare a Doraleh, un' estensione del porto di Gibuti, «fornisce alla Cina accesso a vie marittime distanti dal territorio cinese che hanno permesso alla sua marina di stabilire una presenza nel Mar Rosso, avvicinandosi così anche al Mar Mediterraneo».

    BORIS JOHNSON DONALD TRUMP BORIS JOHNSON DONALD TRUMP

     

    È chiaro che la mossa del listino di Hong Kong bene può inserirsi in questo contesto d' estensione della propria sfera d' influenza: riuscire a controllare chi gestisce l' operatività dei mercati finanziari è una condizione che attribuisce un notevole potere.

     

    Già, il potere. Rispetto ad esso risulta essenziale anche il fronte tecnologico. «Le società di gestione dei listini europei - afferma Anna Kunkl, parner di Be Consulting - sono all' avanguardia sul fronte dell' innovazione e dell' efficienza riguardo alla micro struttura dei mercati. Le Borse del Far East, come quella di Hong Kong, hanno tutto l' interesse a realizzare operazioni che le consentano di mettersi alla pari rispetto ai nostri standard tecnologici».

     

    Ciò detto, l' operazione andrà in porto? Nessuno ha la sfera di cristallo. «Washington, però - sottolinea Aresu -, certamente non guarda con favore una simile opzione. Gli Usa, ad esempio, hanno fortemente criticato già nel 2015 l' ingresso di Londra nell' Asian Infrastructure investment bank voluta da Pechino. A maggiore ragione è molto probabile che tenteranno di contrastare l' operazione comunicata ieri». Insomma: altra carne sul "fuoco" della nuova guerra fredda tra Stati Uniti e Cina.

     

     

    2. CONTE CARICA LA GOLDEN POWER

    Andrea Montanari per ''MF - Milano Finanza''

     

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    Nel 2007, al momento della stipula degli accordi per il merger tra il London Stock Exchange e Borsa Italiana, gli azionisti non inserirono nessuna clausola legata a una eventuale tutela dell' asset nazionale, in caso di change of control. Così come non vennero previste postille su una difesa tout-court dell' italiana, rappresentata dall' ingresso in scena del governo. Questo perché, dodici anni fa, il contesto di mercato era differente e le authority di settore spingevano per le aggregazioni, al fine di creare mercati finanziari rilevanti.

     

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    E se l' opzione Lse scattò, fu solo perché il merger con le borse di Parigi e Francoforte non andò in porto per l' ostilità di quella Deutsche Boerse che ora, invece, potrebbe tornare in campo per sfidare Hong Kong su Londra. Per cui, la domanda che gli operatori finanziari si fanno è: che succederà a Piazza Affari e soprattutto a Mts, il mercato dei titoli di Stato che rappresenta la punta di diamante di Borsa Italiana e che genera negoziazione medie giornaliere per 100 miliardi di euro (nel 2018 l' attività ha toccato la soglia dei 30mila miliardi di euro negoziati)? A

     

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    l momento, non vi sono risposte concrete in tal senso, anche se già si ipotizza che il governo possa giocare la carta golden power. Senza trascurare il fatto che in caso di una guerra tra piazze finanziarie, entri in scena Euronext (Parigi, Amsterdam e Bruxelles), pronta a farsi avanti per Piazza Affari e, ovviamente, Mts. Società, quest' ultima, che nel suo capitale vede, oltre al socio forte Borsa spa (62,53%) anche le principali banche globali: da Jp Morgan (7,5%) a Intesa Sanpaolo (5%), da Barclays (4,72%) a Citigroup (3,96%), da Deutsche Bank (5%) al Credit Agricole (2,45%), da Bnp Paribas (2,24%) a Hsbc (2%).

    giuseppe conte e ursula von der leyen a bruxelles 1 giuseppe conte e ursula von der leyen a bruxelles 1

     

    Un tesoro, quello del mercato dei titoli di Stato e del debito che viene tenuto sotto osservazione dal neonato esecutivo Pd-5Stelle e dalle istituzioni nazionali. Al punto che il presidente di Consob, Paola Savona, in un incontro con il premier Giuseppe Conte, avrebbe già affrontato la questione. L' argomento tra l' altro potrebbe essere oggetto di analisi al Consiglio dei ministri di oggi.

     

    Comunque, nel caso dell' opa asiatica su Lse, i poteri speciali in mano all' esecutivo italiano possono essere, teoricamente, esercitati sia perché il settore è stato inserito tra quelli tutelati ai fini della sicurezza nazionale, sia perché il potenziale acquirente è un soggetto extra-europeo.

     

    Questo significa che il governo potrebbe porre il veto. Anche se finora una simile ipotesi non si è mai verificata. Senza trascurare il fatto che la golden power può essere esercitata solo al momento della notifica dell' operazione. E non va dimenticato che manca ancora il decreto attuativo del Presidente della Repubblica.

     

    paolo savona paolo savona

    «Si può dire che per l' opa lanciata su Lse rientrerebbe nel regime di golden power per la parte che riguarda il change of control su Borsa Italiana, visto che è controllata da Lse», sostiene l' avvocato Tiziana del Prete, partner di Grimaldi Studio Legale, «ad oggi, però, non è ancora stato adottato il regolamento che avrebbe dovuto individuare gli asset rientranti nella categoria delle infrastrutture finanziarie», specifica del Prete.

     

    boris johnson alla camera dei comuni boris johnson alla camera dei comuni

    Di conseguenza, «pur ricadendo nell' ambito di applicazione della disciplina del golden power l' assenza di una individuazione normativa delle infrastrutture finanziarie potrebbe sottrarre l' operazione al controllo ex L. 21/2012 e, pertanto, all' obbligo di notifica al presidente del Consiglio». Difficile poi ipotizzare l' intervento della Cdp, quale pivot di una cordata italiana. Perché va ricordato che nel 2007 le banche nazionali avevano il 28% del capitale di Lse-Borsa e invece di puntare al controllo assoluto della piazza londinese uscirono e monetizzarono. E qualcuno prova a tirare per la giacchetta Intesa Sanpaolo.

     

     

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