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    "I BEATLES? POTEVANO ESSERE LA MIA BAND, NE AVEVAMO ANCHE PARLATO" - SYLVIE VARTAN MEMORIES: "PORTAVO I FAB FOUR NEI CLUB DI PARIGI E BALLAVAMO PER ORE SENZA CHE NESSUNO CI DISTURBASSE PERCHÉ STAVANO APPENA INIZIANDO A DIVENTARE FAMOSI E NESSUNO IN FRANCIA ANCORA LI CONOSCEVA" - LA FUGA DALLA BULGARIA COMUNISTA, L'ARRIVO DEL ROCK'N'ROLL IN EUROPA, IL SOGNO DI RECITARE PER SERGIO LEONE… - VIDEO


     
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    ROBERTO CROCI AKA LA BESTIA per rollingstone.it

     

     

     

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    «Quel che sono lo devo ai miei genitori», sussurra in un giardino con piscina a Beverly Hills Sylvie Vartan, una delle chanteuse più famose del panorama musicale francese grazie a 50 milioni di dischi venduti in tutto il mondo. Icona femminile e cover girl, è stata anche fonte di turbamento nell’Italia anni ’60/70. Lei, già emancipata e androgina, era una figura insolita rispetto alle brave ma caste Mina, Nada, Cinquetti, Zanicchi, Caselli.

     

    Ora, seduta di fronte a me, 77 anni, racconta l’album Merci pour les regard, il prossimo tour mondiale, la biografia Le tourbillon d’une vie, partendo dal luogo in cui è nata, la Bulgaria.

     

    «Chi sono? È importante che sappiate da dove vengo. L’ultima immagine che mi viene sempre in mente, prima di chiudere gli occhi, è quella dei miei genitori, papà Georges e mamma Ilona, e mio fratello Eddie, di sette anni più grande, in stazione, sulla banchina dell’Orient Express, direzione Parigi. Avevo 6 anni, ed ero cresciuta in pieno regime comunista. Ero all’ultimo anno di asilo e mi rivedo indossare ancora uniforme e sciarpa rossa dei settembristi, le giovane legioni comuniste di zio Stalin, simili ai Balilla della vostra gioventù fascista. Ricordo papà e mamma sorridenti, felici, innamorati».

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    A Sofia il padre, nato in Francia da famiglia commercianti francofoni, di origine armena, studiava al Liceo Francese e lavorava per l’ambasciata francese. «Dopo l’invasione comunista della Bulgaria del 1944 era cambiato tutto e anche se ero piccola avevo capito che nessuno voleva vivere dietro la cortina di ferro, nemmeno i miei genitori. Il fatto che papà avesse anche il passaporto francese fu determinante nel chiedere e ottenere i documenti per poter espatriare dalla Bulgaria e andare in Francia.

     

    Ci vollero due anni per averli, due anni di incubi che ricordo perfettamente. Ed eccomi sulla banchina intenta ad abbracciare zie e zii, cugini, nonni e amici. Fu in quell’istante, a 7 anni, che capendo dramma e serietà della situazione persi la mia infanzia, smisi di essere una bambina e divenni un’adulta. Sensazioni che porto ancora con me. La Francia è il mio Paese, ma la Bulgaria è il mio cuore, le mie radici, la mia melanconia».

     

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    Siete poi arrivati a Parigi. Cosa ricorda di quegli anni?

    Siamo arrivati con 100 dollari in tasca. Abbiamo vissuto per quattro anni in un piccolo albergo vicino a Les Halles. Mio padre, che era l’unico che parlava francese, ha iniziato subito a cercare lavoro. Di notte lavorava al mercato fino alle 8 del mattino. Dormiva fino a mezzogiorno e nel pomeriggio faceva il contabile con mia mamma. Era una vita dura, i miei genitori hanno fatto molti sacrifici per non farci mancare niente, ma siamo sempre stata una famiglia felice.

     

    Quando ha cominciato a interessarsi alla musica?

    Mio fratello maggiore Eddie suonava il corno francese, poi è passato alla tromba. Amava il jazz, suonava in una band a Saint-Germain-des-Prés, mentre io frequentavo il liceo. Poi è diventato produttore musicale e frequentava grandi artisti come Ella Fitzgerald, Oscar Peterson, Miles Davis, Count Basie, Duke Ellington, Ray Charles, che ho avuto la fortuna di conoscere e vedere all’Olympia. Eddie amava anche Elvis. Io a quei tempi sognavo di diventare attrice, non ho mai pensato di cantare.

     

    E la prima volta che ha cantato?

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    Eddie lavorava con Daniel Filipacchi e Frank Ténot che avevano uno show radiofonico molto seguito, Pour ceux qui aiment le jazz. Poi Filipacchi ha dato vita a un altro programma, Salut les copains, per un pubblico più giovane che ha avuto un successo incredibile, si stava affermando il rock’n’roll.

     

    Insieme con mio fratello hanno deciso di produrre un singolo, un duetto tra un ragazzo e una ragazza, che poi all’ultimo momento non ha più voluto cantare e quindi hanno chiesto a me. La canzone era Panne d’essence. Il successo è stato talmente incredibile che volevano produrre un album con me. Il mio sogno era di diventare attrice di teatro, ma i paparazzi mi seguivano dappertutto e a scuola non mi volevano più perché con la notorietà creavo solo problemi. E così ho continuato a cantare.

     

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    Qual è stato il primo tour?

    Aprivo per Gilbert Bécaud, con lui ho viaggiato il mondo, 300 concerti all’anno. Nel 1964 La plus belle pour aller danser è diventata una hit, anche in Italia. Era il 1964, avevo 20 anni, quell’anno i Beatles hanno fatto il primo concerto in Francia. Con loro ho fatto uno show all’Olympia.

     

    Cosa ricorda dei Beatles?

    Bruno Coquatrix, il manager proprietario dell’Olympia, ha organizzato un concerto per i giovani amanti della nuova onda rock che stava invadendo la Francia. Voleva i musicisti inglesi più popolari del momento, i Beatles, e il numero uno in America, Trini Lopez. Ha scelto me per via di La plus belle pour aller danser.

     

    Ho passato parecchio tempo con i Beatles backstage, passavamo ore a cantare e poi quando finiva lo show, uscivamo a ballare, li portavo nei club di Parigi e ballavamo per ore senza che nessuno ci disturbasse perché stavano appena iniziando a diventare famosi e nessuno in Francia ancora li conosceva. Potevano essere la mia band, ne avevamo anche parlato.

     

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    Come ha conosciuto Johnny Hallyday?

    E dove se non all’Olympia? Aprivo una serata con altri rock’n’roller. Eravamo entrambi giovani, avevamo molte cose in comune e ha chiesto al mio manager se mi interessava andare con lui in tour. Ci siamo innamorati, avevamo le stesse passioni, ci piaceva la stessa musica. È stata una bella relazione, ma con il passare degli anni e nostri interessi e le priorità sono cambiate e abbiamo deciso che sarebbe stato meglio separarci.

     

    Il rimpianto più grosso?

    Non aver potuto girare un western con Sergio Leone. Sognavo di fare l’attrice ed ho anche fatto dei film Francia, ma non è la stessa cosa. Chissà cosa sarebbe stato di me….

     

     

     

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    Le sue canzoni preferite?

    La plus belle e La Maritza, una hit enorme. Maritza è il nome di un fiume bulgaro, il testo parla di libertà. Vidi mio padre piangere per la prima volta quando la cantai in Sofia.

     

    Cantante preferito?

    Elvis Presley, non c’era nessuno come lui. Ho amato anche Brenda Lee, una rock’n’roller a soli 13 anni. Tra gli italiani adoro Zucchero, ha tutto quello richiesto da un rocker, mi piacerebbe cantare con lui. Ho lavorato con Cocciante, grande compositore, e Celentano, intelligente e rivoluzionario come pochi, sempre all’avanguardia. Come donna, non posso non nominare Rita Pavone, e come soubrette da palcoscenico, Raffaella Carra, la numero uno.

    Beatles in India Beatles in India

     

    Con suo fratello ha fondato la Association Sylvie Vartan pour la Bulgarie. Perché?

    È un’associazione di beneficenza per aiutare i bambini bulgari che hanno sempre avuto troppo poco. Abbiamo concentrato i nostri sforzi sul rifornimento di attrezzatura medica iniziando con le incubatrici neonatali a luce blu, che aiutano i bambini nati con l’itterizia, una condizione che colpisce otto bambini su dieci in caso di parto prematuro. Quando hai avuto successo nella vita, è giusto aiutare quelli che non sono stati fortunati come te.

     

    A breve partirà in tour. Andrà in Italia?

    Mi piacerebbe molto, amo l’Italia. Ho cantato molte delle mie canzoni in italiano. Riccardo Cocciante ha scritto per me Je n’aime encore que toi, ma non l’ho mai potuta cantare in italiano perché nella vostra lingua la canta solo lui. Alcune di queste canzoni le canterò in tour, più tutte quelle del nuovo album Merci pour le regard.

     

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