Tobia De Stefano per “Libero quotidiano”
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Mi scusi per la violazione della privacy, ma ormai anche le interviste non si possono fare senza. Lei si è vaccinato?
«Certo che sono vaccinato. Con Pfizer a Dubai, ma fosse stato Astrazeneca sarebbe stato lo stesso».
Perché Dubai?
«Perché ero lì per motivi di lavoro in uno dei nostri ristoranti. Guardi, ce lo insegna la storia, pensi al vaiolo, il vaccino è l'unica speranza che abbiamo per sconfiggere la pandemia».
E il green pass? Anche il green pass serve per ammazzare il virus?
«Certo. Io darei il certificato di immunizzazione anche a chi si è vaccinato con lo Sputnik o con la dose cinese».
Anche se non sono stati approvati dagli enti regolatori?
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«E quali sarebbero questi enti regolatori?»
Beh l'Aifa in Italia, l'Ema in Europa.
«E io dovrei fidarmi dell'Aifa e dell'Ema?».
Beh dovrebbe funzionare così.
«No, guardi io non mi fido. Per quello che ho visto anche lo Sputnik o il vaccino cinese sono affidabili».
A parlare è Arrigo Cipriani 89 anni e una lucidità da far invidia a un quarantenne. Proprietario del mitico Harry' s Bar di Venezia il monumento nazionale frequentato negli anni da Gary Cooper, Peggy Guggenheim, Orson Welles, Joe di Maggio e Truman Capote - e creatore con il figlio Giuseppe dell'impero di famiglia, 16 ristoranti di lusso a marchio Cipriani sparsi in giro per il mondo: da Montecarlo ad Ibiza fino a New York, Mosca e Abu Dhabi.
Torniamo al Green pass. I controlli toccheranno a voi...
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«Mi sembra giusto, noi non ci sottraiamo, purché lo Stato ci garantisca gli stessi controlli sulle persone che viaggiano con i mezzi pubblici».
Come giudica il fenomeno dei "No vax"? Ci sono migliaia di italiani che non vogliono vaccinarsi.
«Cosa vuole che le dica. Nel mondo comandano le minoranze. Anzi assistiamo a una sorta di dittatura delle minoranze. Chi urla di più alla fine vince sempre».
In che senso?
«Beh, è un po' lo stesso meccanismo che regola il mondo dei social, a partire da Facebook. Chi odia di più ha la meglio».
Non le piacciono i social?
«No, per nulla. Non mi dica che esprimono cultura».
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Rappresentano la nuova frontiera della comunicazione.
«Sono una degenerazione della comunicazione».
A proposito, come vanno gli affari? Quanto vi è costa la pandemia? Si torna a comunicare nei locali?
«Con la pandemia abbiamo perso l'80% del fatturato, ora siamo tornati al 50%. Ma si vede che la gente ha di nuovo voglia di vivere e incontrarsi. Anzi le diro di più. La pandemia in un certo senso ci ha migliorato».
Addirittura?
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«Il mondo la ristorazione e il lusso si sono sempre divisi tra l'aspetto formale o esteriore e quello intrinseco, la vera anima, quella che fa la differenza. Il Covid ha portato a rivalutare delle cose che valgono davvero, dell'anima e della passione. Le persone hanno una consapevolezza diversa».
Nonostante la paura.
«Sta a noi ristoratori aiutarli a vincerla».
Come?
«Mettendoli a loro agio. Regalandogli libertà ma al tempo stesso controllando all'ingresso che tutti gli ospiti abbiano il Green pass o areando i locali 17 volte al giorno. Proprio come facciamo noi».
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