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    WASHINGTON CHIAMA, LE UNIVERSITA’ BATTONO I TACCHI - I PIU’ IMPORTANTI ATENEI USA INTERROMPONO OGNI COLLABORAZIONE IN CORSO CON HUAWEI, ZTE E LE LORO SUSSIDIARIE PER LE INDAGINI FEDERALI AVVIATE DAL GOVERNO AMERICANO - LA GUERRA ALLA CINA SU 5G E TELECOMUNICAZIONI SI COMBATTE A OGNI LIVELLO - IN ITALIA I CINESI HANNO FATTO “MECENATISMO TECNOLOGICO” DAL POLITECNICO AGLI OPERATORI TLC FINO AGLI ENTI LOCALI


     
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    Virginia Della Sala per “il Fatto quotidiano”

     

    1 massachusetts institute of technology 1 massachusetts institute of technology

    Guerra alla Cina sulle telecomunicazioni e 5G , c' è la fase due: nei giorni scorsi il Mit, il Massachusetts Institute of Technology, una delle più importanti università del mondo per gli studi sulla tecnologia, ha annunciato che interromperà ogni collaborazione in corso con Huawei, Zte e le loro sussidiarie per le indagini federali avviate dagli Usa (l'accusano di aver violato gli accordi commerciali con l'Iran). Temendo di perdere i finanziamenti federali, una dopo l'altra le università hanno rinunciato alle forniture e alle partnership con le due aziende.

     

    Il mese scorso era toccato alla Stanford University, poi alla californiana Berkeley. L'isolamento commerciale dei due colossi delle telecomunicazioni, insomma, non basta. O meglio, non si combatte solo sui mercati. Per estirparli dagli strati produttivi serve anche il sabotaggio accademico e degli accordi di ricerca, sviluppo e collaborazioni. Che in molti casi, come in Italia, sono numerosi e preziosi per università e laboratori - e, va ben sottolineato, non sono solo cinesi - soprattutto se carenti di risorse per la ricerca.

     

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    Negli anni, in Italia, Huawei ha creato una solida rete di relazioni con gli atenei, ha fondato centri di innovazione e di ricerca e ha collaborato praticamente con tutti gli operatori telefonici. Dal 2004 la società ha assunto 800 dipendenti, per l' 85 per cento italiani. Huawei e i suoi rappresentanti, parlando dell'Italia, riferiscono dove possono di "partnership strategiche" che abbracciano strutture di ricerca locali, enti commerciali e che prevedono cooperazione con istituzioni educative "per sostenere la prossima generazione di leader Ict".

     

    Con diversi milioni di euro drenati nel sistema accademico e di ricerca italiano. Oggi università, docenti, ricercatori e dottorandi lavorano ai progetti sul 5G , partecipano alle sperimentazioni e sviluppano applicazioni. Sul suo sito, Huawei parla di accordi con 14 atenei. Un sistema rodato che dà modo di acquisire e osservare da vicino l' expertise dei cinesi, all' avanguardia nel settore.

     

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    L'AMORE PER MILANO E IL SUO POLITECNICO

    Nel 2008 l'azienda cinese apre il suo centro di ricerca e sviluppo globale a Segrate, un laboratorio specializzato nello studio delle microonde. "La Lombardia oggi è famosa a livello internazionale per lo sviluppo delle tecnologie a microonde, grazie a solidi investimenti nelle università e nella ricerca" si legge in un post aul sito di Huawei. Per i non addetti ai lavori, si può dire che oggi si scrive "microonde" ma si legge " 5G ".

     

    Duemila metri quadrati su due piani, cento dipendenti di cui il 25 per cento arrivati con un dottorato di ricerca, solo tra il 2011 e il 2015 il centro ha ricevuto circa 100 milioni di euro di finanziamenti e, insieme alla rete di altri centri europei, costa a Huawei circa 15 milioni l' anno. Sempre in Lombardia, l'azienda ha strette collaborazioni con il Politecnico di Milano. Né Huawei né l' università vogliono dire quanto valgano investimenti e convenzioni.

    Di sicuro, però, i progetti sono tanti.

     

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    Le partnership di ricerca sono con il dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria e sono tutte legate a tematiche di ricerca avanzata in quattro settori: applicazioni sul controllo e il comfort di veicoli elettrici, con sviluppo di modelli di simulazione e algoritmi di regolazione dei sistemi di bordo; tecnologie per collegamenti radio punto-punto (ponti radio), sia di tipo ottico in spazio libero che ad altissime frequenze, tecnologie per dispositivi ottici di commutazione di rete basati sull' ottica integrata e sistemi di antenne adattative per le quali sono sviluppati modelli e algoritmi di controllo, nonché ottimizzazione delle risorse di rete e di trasmissione e ricezione dei segnali.

     

    A febbraio 2018 è stato invece lanciato un corso triennale per 80 studenti sponsorizzato da Huawei e organizzato dal consorzio Elis di Roma (un consorzio per la formazione professionale superiore) e il Politecnico di Milano sull' ingegneristica digitale. L'ateneo ospita poi decine e decine di seminari che hanno come principali speaker scienziati di Huawei e l' azienda è partner anche nella sperimentazione della rete 5G a Milano e di quella su Bari-Matera, quest' ultima con investimenti di 60 milioni di euro totali (non solo Huawei) e il coinvolgimento soprattutto delle piccole imprese locali.

    la nuova sede di huawei a milano la nuova sede di huawei a milano

     

    IL LEGAME CON OPERATORI E GLI ENTI LOCALI

    I legami dell' azienda nell' ambito di ricerca e sviluppo sono strettissimi anche con gli operatori telefonici che, nell' ultima gara per aggiudicarsi le frequenze del 5G , hanno investito 6,5 miliardi di euro, più di quanto il ministero dello Sviluppo economico potesse sperare: Huawei conta tre Innovation center solo con Tim, di cui uno a Catania con un investimento previsto di 3 milioni di euro in tre anni e un ecosistema di trenta startup da avviare.

     

    Due sono invece con Vodafone mentre un altro è con la Regione Sardegna, voluto dalla giunta Pigliaru, su cui sono già stati messi dai cinesi circa 17 milioni di euro solo sul cervellone elettronico per lo sviluppo delle smart city. E di certo ne arriveranno altri. A metà marzo, durante l' inaugurazione di uno dei centri a Milano, Huawei ha annunciato che ha già programmato di investire 50 milioni nei 23 Open Labs europei.

     

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    Zte, 500 milioni di partnership e idee Cinquecento milioni in cinque anni è invece l' investimento annunciato in Italia da Zte, che qui ha stabilito il quartier generale europeo.

    Una cifra che riguarda sia lo sviluppo dell' hardware ma anche uffici e risorse umane.

    "L' Italia per noi è il fulcro degli investimenti europei - spiega Alessio De Sio, responsabile per Zte delle relazioni istituzionali in Italia - questo ci ha portato in un anno ad avere circa 600 dipendenti e a generare, con l' indotto, lavoro per 2 mila persone". Le partnership con il mondo universitario sono di diverso tipo: due sono in campo tecnologico e una di formazione e cultura.

     

    La prima è con l' Università de L' Aquila con cui Zte ha in piedi attività congiunte sulla sperimentazione sul 5G insieme a Wind3 e Open Fiber. Il centro di innovazione abruzzese è all' interno del tecnopolo, mille metri quadrati e decine di ingegneri e ricercatori italiani che lavorano accanto a quelli cinesi.

     

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    "Sono nuclei snelli - spiega De Sio - lavorano su diverse applicazioni del 5g, dai droni al monitoraggio dell' agricoltura. Ne è stata sviluppata una che permette, grazie a sensori e antenne, di rilevare un evento sismico in tempo reale". Zte ha poi una collaborazione stretta con l' università di Tor Vergata, a Roma. "Abbiamo in uso i locali dell' università a Villamondragone, vicino Frascati - ci spiegano - li abbiamo ristrutturati, fatto l' adeguamento e ci teniamo corsi di alta ingegneri e stiamo valutando anche nuove iniziative". La terza è con l' università di Torino: qui sono state stanziate borse di studio per gli studenti che possono andare a formarsi per un periodo a Shenzhen, nella sede di Zte.

     

    A quanto ammonta tutto questo? "Di solito non divulghiamo le cifre, ma in ricerca e sviluppo Zte investe circa il 13 per cento del fatturato e si fa lo stesso in Italia. Siamo sempre aperti alle nuove possibilità che arrivano dal mondo accademico". E annunciano, nei prossimi mesi, l' apertura in Italia di un laboratorio di Cybersecurity: "Il segnale, per noi, che vogliamo stare in questo Paese. Per noi rimane strategico sul piano dell' impresa, della ricerca e della cooperazione con istituzioni, sia governative che accademiche".

     

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    L' ITALIA E IL GOLDEN POWER "PROBLEMATICO"

    Dopo gli anni delle aperture del governo Renzi e poi di Gentiloni all' innovazione cinese e alle promesse dell' industria 5G , ora il governo ha annunciato di voler estendere il golden power a queste reti nonostante entrambe le aziende sostengano non sia mai stata rivelata una prova oggettiva di spionaggio o poca sicurezza sulle loro reti.

     

    L' idea del governo è esercitarlo anche nel caso di forniture di materiali e servizi (quindi non solo nei casi di acquisizioni di partecipazioni azionarie) per tutelare una infrastruttura considerata strategica e quindi l' interesse nazionale. Il governo però aggiunge che il golden power potrebbe essere applicata solo nel caso in cui gli attori siano extra Ue. Sarebbe quindi salva la svedese Ericsson, che ha già avviato sperimentazioni in Italia e che dice di essere in grado di realizzare tutta la rete senza problemi e a costi competitivi. Eppure potrebbe non essere tutto così semplice: le reti sono sistemi complessi e le loro componenti non arrivano mai tutte da un unico fornitore. Quindi anche una rete realizzata da un' azienda italiana o europea potrebbe avere al suo interno componenti extra Ue, ad esempio americane. Bisognerà essere capaci di tenere sotto controllo tutto.

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