Andrea Signorelli per "www.esquire.com"
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Li abbiamo presi in giro per anni. Trattati alla stregua dei profeti di sventura che sui marciapiedi di alcune metropoli annunciano l’imminente apocalisse. Ma adesso sono i prepper che ci guardano dall’alto verso il basso mentre facciamo scorte di cibo in scatola, acqua e carta igienica: “Ve l’avevamo detto”.
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Se si escludono quelli che acquistano bunker sotterranei in caso di catastrofe nucleare – e i super ricchi che si preparano alle disastrose conseguenze della crisi climatica acquistando terreni in Nuova Zelanda – essere un prepper significa soltanto farsi trovare pronti in caso di situazioni critiche, assicurandosi di avere sempre a disposizione beni di prima necessità per sopravvivere senza problemi a un isolamento di svariate settimane o mesi.
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“I prepper sono derisi solo finché non c’è bisogno di noi in prima linea”, ha raccontato al New York Times James Walton, proprietario di un network di podcast sul tema. “Ma io mi sento vicino al cittadino medio, il mio obiettivo è rendere prioritario questo atteggiamento”. Dal loro punto di vista, la crisi scatenata dal Coronavirus dovrebbe almeno insegnare ai cittadini ad avere un approccio più metodico: “Il prepping riguarda la preparazione per le emergenze, non causare difficoltà alla distribuzione perché hai improvvisamente bisogno di tre scatole di mascherine per uso personale”, racconta per esempio il moderatore di un forum dedicato su Reddit.
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In effetti, la diffusione in tempi di Coronavirus di una mentalità simil-prepper sta avendo il paradossale effetto di causare gli unici veri problemi alla catena dei rifornimenti, provocati da persone che – prese dal panico, cosa non da prepper – hanno improvvisamente fatto scorte di beni che iniziano così a scarseggiare.
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“Com’è possibile che a nessuno sia passato per la mente che è necessario sfruttare i tempi buoni per prepararsi a quelli cattivi?”, racconta un altro prepper sempre su Reddit. Il caos e le file chilometriche che abbiamo visto crearsi nei supermercati – e tutte le foto degli scaffali svuotati di carta igienica, lievito (?) e alcool denaturato – hanno infatti dato ragione a chi si è preparato per tempo. E che anche in tempi di Coronavirus ha capito che la vera minaccia alla disponibilità dei beni di prima necessità non sarebbe stato il virus in sé, ma la confusione causata dai messaggi contraddittori inviati dalle istituzioni e il panico che avrebbe potuto cogliere la popolazione.
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Come dire, i veri prepper hanno saputo anticipare la corsa agli acquisti scatenata da quelli che – improvvisamente e in preda al panico – si sono improvvisati tali e hanno iniziato a fare scorte di beni di ogni tipo. Ma tra i beni di cui parecchie persone stanno iniziando a fare scorta ce n’è anche uno che difficilmente sarebbe stato previsto: lo sperma congelato.
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Le società che si occupano di inviare a casa delle persone i kit fai-da-te per poi ricevere e conservare il loro sperma stanno registrando, almeno negli Stati Uniti, un’impennata di richieste. “CryoChoice ha visto una crescita delle vendite almeno del 20% nelle ultime settimane. Lo staff della startup Legacy afferma di aver visto aumentare il volume di ordini negli ultimi giorni anche di dieci volte. E le persone che gestiscono Dadi, un’altra startup del settore, dicono di aver avuto non solo una crescita di tre volte nelle vendite, ma anche molte più persone che stanno pagando in anticipo la conservazione dello sperma per cinque anni”, racconta il Daily Beast.
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Ma perché sta avvenendo tutto ciò? Quale ragione ha spinto un numero crescente di uomini a diventare prepper della fertilità attraverso la crioconservazione del liquido seminale? A quanto pare, la ragione risiede nelle preoccupazioni riguardanti la capacità del Coronavirus di indebolire la fertilità maschile. Non ci sono prove certe, ma i timori hanno iniziato a circolare sul finire di febbraio, quando – sempre secondo quanto riporta il Daily Beast – alcuni medici cinesi hanno teorizzato che il Covid-19 potrebbe avere un impatto sui testicoli e quindi sulla fertilità.
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Sul finire di marzo, invece, uno studio scientifico ha sottolineato come lo stress prolungato causato dai timori relativi al Coronavirus e dalla situazione di quarantena che stiamo da tempo vivendo potrebbe avere effetti dannosi e prolungati sullo sperma e quindi sulla fertilità maschile. Per quanto riguarda l’ipotesi che il Covid-19 possa ridurre la fertilità, va detto che molti esperti hanno da tempo evidenziato come la febbre alta e altre malattie gravi possano avere ripercussioni temporanee sulla fertilità; allo stesso tempo si è sottolineato come non si possano avere certezze sugli effetti di breve e medio termine di un virus sconosciuto.
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In generale, come ha spiegato Jesse Mills dell’università della California, “gli effetti della febbre o di altre malattie sulla produzione di sperma durano solitamente circa tre mesi” e poi svaniscono. Una tesi confermata da altri specialisti che hanno avanzato seri dubbi sulla possibilità che il Coronavirus possa impattare la fertilità sul lungo termine. Ma per chi sta avendo difficoltà a concepire un figlio, pochi mesi possono fare la differenza (anche solo a livello psicologico).
“Non puoi dire ‘non preoccuparti, andrà tutto meglio tra tre mesi’ a una persona in cura per la fertilità”, spiega sempre Mills. “Per loro, il tempo è una componente fondamentale”. E molti non vogliono correre rischi di alcun tipo, ragion per cui preferiscono rivolgersi alla crioconservazione dello sperma anche solo per una questione di serenità.
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Dai beni di prima necessità fino allo sperma: i timori più o meno razionali sollevati nella popolazione dal Coronavirus ci stanno spingendo ad avere un approccio differente e a pensare su un’ottica più di lungo termine. Per il momento, si tratta di una reazione emergenziale e non di una pianificazione strategica. Ma per il futuro una cosa almeno è probabile: nessuno si prenderà più gioco dei prepper.
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