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    PSICODRAMMA PD – DIETRO LA POLEMICA SULLE PRIMARIE INNESCATA DAI SINISTRATI DEM C’E’ L’INTENZIONE DI BLOCCARE LA CORSA DI BONACCINI ALLA SEGRETERIA DEL PARTITO DEMOCRATICO. IL GOVERNATORE DELL’EMILIA VIENE IDENTIFICATO COME UN “CAVALLO DI TROIA” DI RENZI, PERCHÉ APPOGGIATO DALLA CORRENTE "BASE RIFORMISTA" E PERCHÉ FU NOMINATO DAL "ROTTAMATORE" RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL PARTITO – E FRANCESCHINI? L’AZIONISTA FORTE DEM GUARDA AL SINDACO DI FIRENZE NARDELLA...


     
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    Carlo Bertini per “la Stampa”

     

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    Ormai è chiaro: Stefano Bonaccini, il candidato più accreditato a vincere il congresso del Pd, fa paura a molti nel partito e questo - stando ai suoi sostenitori - sta dietro la polemica sulle primarie innescata dalla sinistra. Sono in molti nel Pd a identificarlo come un «cavallo di Troia» di Renzi, perché appoggiato dalla corrente Base riformista e perché fu nominato dal "Rottamatore" responsabile organizzazione del Pd. Così la pensano a sinistra, dove la sua vittoria verrebbe vissuta come una rivincita dei renziani e questo fantasma agita i sonni di chi evoca in quel caso una separazione consensuale e la nascita di un «nuovo partito di sinistra».

     

    Peccato che a Bonaccini vengano riconosciuti alte doti di mediazione e nessuno escluda che di qui alle primarie di febbraio trovi un accordo con tutte le anime dem, per fare la sua corsa da uomo di partito, emiliano, espressione dei territori e degli amministratori. Oggi dirà la sua in Direzione: tempi del congresso rapidi, no allo scioglimento o al cambio di nome del Pd, rigenerazione dell'identità del partito e rinnovamento delle classi dirigenti dando più spazio ai territori.

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    A insidiare la sua ascesa potrebbe essere però un'altra figura, Dario Nardella: tra i dem gira la voce, non confermata ma molto ascoltata, che il maggiore esperto di crisi interne del partito, ovvero l'altro Dario, alias Franceschini, pur apprezzando Bonaccini, sostenga che forse sia preferibile in questa fase di transizione una personalità più rotonda, che non risulti punitiva per nessuno, sempre espressione dei sindaci.

     

    Dicono sempre i ben informati che Nardella sia in grande sintonia con Franceschini e che in questa campagna elettorale sia andato in tournée nello stivale per appoggiare Letta e al contempo coltivare i contatti fuori dalla Toscana. Ha buoni rapporti anche internazionali, per il ruolo che ricopre a Firenze, tappa di mille eventi. E la rete di sindaci europei Eurocities, che capeggia, lo ha portato a incontrare Zelensky a Kiev. Insomma.

    Ecco, ascoltare queste voci è utile per capire meglio la polemica sulle primarie, spuntata come se nel Pd mancassero i motivi di dissidio.

    nardella franceschini nardella franceschini

     

    Sollevata dalla sinistra, con l'argomento usato da Peppe Provenzano su questo giornale, «le primarie sono solo un rito se prima di chiedere alle persone di venire da noi, non siamo noi ad andare dalle persone». Da Bersani, con il suo «basta con le primarie, il tema è un partito nuovo» esclamato dalle colonne del Corriere della Sera.

     

    E stoppato non a caso dai sostenitori di Bonaccini della corrente Base Riformista, come Alessandro Alfieri («basta tattiche dilatorie travestite da nobili propositi di approfondire»), Dario Parrini e Filippo Sensi («le primarie sono uno strumento, il nostro, a proposito di identità...»). Come in tutte le cose che riguardano i dem, dietro una polemica su un tema, c'è un risvolto tutto politico su un nome e in questo caso è quello di Bonaccini, il candidato più accreditato a vincere queste primarie.

     

    GOFFREDO BETTINI GOFFREDO BETTINI

    Non sono passate inosservate le rinunce a correre per il ruolo di segretario di personalità come Provenzano e Orlando, leader della sinistra dem. Sinistra che, allo stato, a meno che non scenda davvero in campo Elly Schlein (considerata però una «papessa straniera» in quanto non iscritta) non ha un proprio candidato da contrapporre a Bonaccini. Quindi, a fronte di una vulgata che attribuisce a una parte del partito la voglia di frenare, Enrico Borghi, molto vicino a Letta, conferma il percorso che verrà indicato oggi in Direzione dal segretario di un congresso in quattro tappe e taglia corto: «I tempi non sono una variabile, la Direzione non deve essere e non sarà un traccheggio, un rinvio e un rimpallo».

     

    Di certo non si decideranno oggi le cariche di capigruppo: fanno parte di un pacchetto che comprende anche sei o sette poltrone istituzionali, tra cui le vicepresidenze di Camera e Senato. Pare però in calo la riconferma delle due capigruppo Serracchiani e Malpezzi: alla Camera ballano i nomi di Nicola Zingaretti, di Anna Ascani e Simona Bonafé, segretaria del Pd toscano. Al Senato, quelli di Anna Rossomando (area Orlando, possibile candidata per il Csm, adatta a un ruolo di transizione fino al congresso), Beatrice Lorenzin, Valeria Valente e Annamaria Furlan, tutte ben viste da Letta.

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