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    “È UNA FORTUNA CHE OGGI CI SIANO LE VIDEOCHAT” – IL CAPO DI INSTAGRAM ADAM MOSSERI, BRACCIO DESTRO DI ZUCKERBERG, È COMPRENSIBILMENTE MOLTO CONTENTO DELLA QUARANTENA GLOBALE: “I LIVE SONO RADDOPPIATI IN ITALIA E LO STESSO VALE ANCHE PER I MESSAGGI”  – LA FINTA SULLE FAKE NEWS: “STIAMO CERCANDO DI MANTENERE I NOSTRI SOCIAL SICURI, RIMUOVENDO CONTENUTI PROBLEMATICI E DISINFORMAZIONE. LA SILICON VALLEY HA REAGITO MOLTO RAPIDAMENTE” (CHE VOLETE CHE DICA?)


     
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    Jaime D'Alessandro per “la Repubblica – Affari & Finanza”

     

    MARK ZUCKERBERG ADAM MOSSERI MARK ZUCKERBERG ADAM MOSSERI

    Per il ceo della società di Facebook la Silicon Valley è stata reattiva nell' emergenza. La prova è che con Google e Apple hanno aperto i loro dati alla ricerca sul virus Adam Mosseri, classe 1983, è diventato mr. Instagram il primo ottobre del 2018. Carriera brillante la sua: da semplice product designer di Facebook a capo di un social network da oltre un miliardo di utenti, 27,9 milioni dei quali in Italia, in appena dieci anni.

     

    Cresciuto nella ricca cittadina di New Castle, 50 chilometri a ovest di New York, dove il reddito pro capite medio è di circa 200mila dollari l' anno, oggi è uno dei pochi collaboratori stretti di Mark Zuckerberg, che Instagram lo ha comprato nel 2012 per un miliardo di dollari. Soprattutto da quando lo scorso anno se ne sono andati Chris Cox, che dopo Sheryl Sandberg era probabilmente il manager più potente della compagnia e Chris Daniels, che dirigeva l' altra corazzata della multinazionale, WhatsApp.

     

    ADAM MOSSERI ADAM MOSSERI

    Anni turbolenti gli ultimi per tutto l' universo di Facebook: Kevin Systrom e Mike Krieger, che Instagram lo hanno fondato nel 2010, erano entrati in rotta di collisione con Zuckerberg già da qualche tempo finché hanno preferito gettare la spugna. Fra progetti di criptovalute mondiali, Libra in Svizzera ha appena avuto semaforo verde per entrare in circolazione, e la volontà di creare di fatto una sola chat unificata e interscambiabile fra Facebook, Instagram e WhatsApp, non era più tempo di solisti ma di dirigenti fidati.

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    Mosseri lo incontriamo in una tavola rotonda video, in occasione della presentazione di una serie di misure prese contro la disinformazione sul tema del coronavirus.

    «I live, sia su Facebook che su Instagram sono raddoppiati in Italia e lo stesso vale anche per i messaggi che sono cresciuti in maniera esponenziale», esordisce il manager trentasettenne. «Stiamo cercando di mantenere i nostri social network dei luoghi sicuri, rimuovendo contenuti problematici o la disinformazione. Non ho dati esatti da condividere, ma stiamo lavorando con l' Organizzazione mondiale della sanità per individuare messaggi e pubblicità fuorvianti.

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    A volte si tratta anche solo di consigli strampalati, come il bere acqua calda o qualche altra sostanza per combattere il rischio del contagio, e spesso non c' è una motivazione commerciale dietro. Ma da qualsiasi parte vengano, anche si trattasse di personalità di primo piano della politica, abbiamo deciso di censurarli ».

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    Mosseri si allinea quindi alla strategia di Facebook che sta facendo la stessa cosa, oltre ad aver fornito dopo Google e prima di Apple, i dati sulla mobilità e le interazioni dei suoi utenti in forma anonima a diversi istituti di ricerca per studiare la diffusione del virus. Uno di questi, il laboratorio Data Science and Complexity guidato da Walter Quattrociocchi alla Ca' Foscari di Venezia, in questi giorni grazie a quelle informazioni è arrivato a delineare gli impatti economici che sta avendo la chiusura del nostro Paese con effetti molto più gravi su tutte le zone periferiche attorno ai grandi centri. «Il problema non è tanto Milano o Roma, quanto le aree circostanti che vivono degli interscambi continui con le città», spiega Quattrociocchi che è anche membro della task force di esperti voluta dal ministro dell' Innovazione Paola Pisano.

     

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    La sensazione generale però, è che la Silicon Valley si sia accorta tardi della pericolosità della pandemia e solo quando è davvero sbarcata negli Stati Uniti. Riflessi lenti, come in fondo è successo ad altre parti della società, iniziando dalla politica. Con una differenza: tutti i grandi nomi dell' hi-tech, da Facebook a Google, fino a Microsoft e Ibm, hanno investito miliardi di dollari in intelligenza artificiale e nell' analisi di dati medici compresi quelli legati alle epidemie.

     

    ADAM MOSSERI 1 ADAM MOSSERI 1

    Da loro forse sarebbe potuta arrivare una risposta fin da quando il coronavirus dalla Cina è passato in Corea del Sud dimostrando l' alto livello di contagio. Dieci giorni fa l' azienda fondata da Steve Jobs e il più grande motore di ricerca al mondo hanno svelato la loro collaborazione, detengono il quasi monopolio dei sistemi operativi per smartphone, per il rilascio di nuove versioni più compatibili con le app per il tracciamento della prossimità che anche l' Italia sta mettendo in campo. Il tutto a due mesi e mezzo di distanza dall' esplosione dell' emergenza.

     

    ADAM MOSSERI E I BULLI SU INSTAGRAM ADAM MOSSERI E I BULLI SU INSTAGRAM

    «A me sembra invece che la reazione sia stata molto rapida», ribatte Mosseri. «Non è immediato implementare nuove opzioni e servizi all' interno di una piattaforma globale e noi ci siamo concentrati soprattutto su quel che avremmo potuto mettere in campo con rapidità per chi è chiuso a casa e per chi sta perdendo il lavoro. Anche il lavorare con i centri di ricerca e gli istituti nazionali e internazionali nel campo della sanità va in questa direzione. Una parte del problema sta proprio nel capire come il virus si propaga esattamente.

     

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    Allo stesso modo, prenda le varie app che diversi Paesi stanno adottando sulla tracciabilità dei contatti in modo da poter eseguire i test in maniera mirata. Tecnicamente costruire soluzioni simili richiede al massimo un paio di settimane. Ma ovviamente ci sono poi questioni legate alla gestione, alla sicurezza della privacy, al dove si conservano i dati e così i tempi di allungano. Insomma, la parte meramente tecnologica è solo un tassello di un puzzle più complesso».

     

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    Bisogna quindi guardare al bicchiere mezzo pieno e pensare che se questa volta molti ingranaggi si sono mossi nell' arco delle settimane e dei mesi, quel che si sta costruendo adesso servirà anche in futuro. La prossima epidemia, o anche le fasi successive del Covid 19, ci troveranno molto meno impreparati. «Se tutto questo fosse successo nel 2005, prima dell' avvento dei social network, ci saremmo dovuti accontentare di mail e sms», conclude Mosseri. «Le videochat erano all' inizio e le connessioni al Web molto più lente. Sarebbe stato molto diverso ed è una fortuna che tutti questi strumenti sono invece ora disponibili». In particolare per chi li ha creati e chi li gestisce, vien da dire. E Adam Mosseri fa parte di questa ristretta cerchia.

     

    Se molti ingranaggi si sono mossi nell' arco di settimane la prossima epidemia, o le fasi post virus, ci troveranno meno impreparati, nel 2005 ci saremmo accontentati degli sms.

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